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DANZA BUTOH: Kazuo Ohno, Il fiore Ottuagenario – di SARA PULICI – Milano Arte Expo

Creato il 29 maggio 2013 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo
DANZA BUTOH, Kazuo Ohno, Zen - foto gallery Shibuya Koichi Watanabe

DANZA BUTOH, Kazuo Ohno, Zen – foto gallery Shibuya Koichi Watanabe

DANZA BUTOH – Kazuo Ohno - di SARA PULICI. Rubrica di Milano Arte Expo a cura di Sara Pulici, danzatrice laureata in Filosofia con indirizzo Antropologico con una tesi sul butoh dal titolo “Divorare le tenebre, la danza butoh come esperienza di sconfinamento”. Relatrice nel 2007 al convegno sul maestro Kazuo Ohno organizzato dall’Università di Bologna. Da oggi, su questo magazine, appassionati e non potranno scoprire e approfondire accuratamente la storia della danza butoh e le sue evoluzioni. Grazie alla collaborazione con Sara Pulici potremo entrare nel merito di una danza, di un linguaggio molto importante quanto carico di significati. In un assurdo tentativo di sintesi potremmo dire che le radici della danza butoh affondano nella potenza di domande come “cosa significa esistere”, “cos’è corpo”, “cos’è mente”. Ma la sintesi non è possibile ed è molto più affascinante introdurci in un mondo che è danza quanto pensiero, corpo quanto filosofia, pelle quanto spiritualità, senso quanto raggiungimento della bellezza. Le radici della danza butoh – nella forma di pratica e mezzo di trasmissione di una poetica artistica – risalgono all’antichità, mentre la forma dello spettacolo e l’impatto con gli spettatori appartengono alla rivoluzione della danza e del teatro giapponesi. > 

Anticamente denominato Buyo, riuniva in sé le due principali espressioni di movimento codificate in danza: la danza Mai, che non lascia il corpo libero nell’articolazione e l’Odori, che persegue la libertà del corpo. Fine di entrambi, comunque, l’unificazione mente e corpo. Per questo sorse la parola Buyo (Bu=Mai e Yo=Odori).

Questa nuova parola venne coniata nel periodo Meiji (1868-1911) durante il quale si costruiva l’unità del Paese e della sua cultura, inoltre sorgeva l’esigenza di difendere la tradizione di fronte all’arrivo dell’impetuosa civiltà occidentale. La nuova parola è impregnata anche da un altro tipo di pensiero, si fonda sulla radice comune delle due danze che vedeva “l’edificazione di quest’arte come una via per la ricerca della liberazione”. E sotteso e manifesto al tempo stesso, nell’evoluzione in forma spettacolo con pubblico, dal ’68 in poi, vi è che la danza butoh sia una rivoluzione, una protesta anche, verso l’estetica occidentale, ritenuta per certi versi autrice di Hiroshima.

Kazuo Ohno, Imagining la Argentina - courtesy Ohno Dance Studio Archives

Kazuo Ohno, Imagining la Argentina – courtesy Ohno Dance Studio Archives

Il corpo, nel corpo, cos’è corpo. La danza buoth lo muove e lo fa segno e trasmissione dove la necessità diventa evidenza e ricerca; ricerca che in ogni pratica tradizionale giapponese ha sempre avuto l’intenzione di porsi là dove il domandare umano si ripiega su se stesso.

Inizialmente le performance non avvenivano solo nei luoghi ad esse deputati ma in luoghi occasionali e per le strade, vere improvvisazioni per mostrare le possibilità recondite e l’inaspettato coinvolgimento che la danza poteva generare.

Solo dopo molti anni, uno dei due fondatori della danza butô, Ôno Kazuo ed il Maestro di teatro Nô, Hideo Kanze, si esibirono insieme in una performance chiamata Mu, nel giungo 1998, nel Giorno Internazionale della Danza, a Tokyo.

Nella sua auto diffusione e “successo” è stata anche fortemente contrastata e criticata. Persino il figlio di uno dei duo fondatori, Ôno Yoshito, venne espulso dall’Ajada, l’Associazione Giapponese di Danza Moderna.

La proposta del butô si interroga sulla costrizione del presente. Di istante in istante ad occhi aperti mette in scena l’ineluttabile: una mano, un uomo, una donna, una storia, la vita. Un gesto solo. E la scintilla che di questo è cosciente. Da danzatrice e coreografa che ha avuto la fortuna e l’onore, nel 1997 al Teatro Comunale di Ferrara, di studiare sia con Kazuo Ohono che con suo figlio Yoshito, è con immenso piacere che annuncio che la rubrica inizia proprio con un Focus su Kazuo Ohono.

Federicapaola Capecchi (coreografa)

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Kazuo Ohno, Imagining la Argentina - credit Emidio Luisi_0

Kazuo Ohno, Imagining la Argentina – credit Emidio Luisi_0

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Kazuo Ohno: Il fiore Ottuagenario - di SARA PULICI

Quando Kazuo Ohno diventa indiscutibilmente conosciuto a livello internazionale ha  già superato i settant’anni ed è al suo ritorno sulle scene dopo un’assenza di un decennio. Insieme a Tatsumi Hijikata, che si occupa della coreografia,  incanta il pubblico di tutto il mondo con la performance: “Omaggio ad Argentina”.

Ma chi è quell’anziano uomo giapponese in abiti femminili e trucco che commuove le platee?

Kazuo Ōno nasce nel 1906 sull’isola di Hokkaido e dopo essersi diplomato e aver fatto l’insegnante per un anno in una scuola elementare si trasferisce a Tokyo; lì si iscrive all’Istituto Superiore di Atletica Leggera e dopo aver conseguito il diploma, comincia ad insegnare educazione fisica in una scuola femminile cristiana di Yokohama. Vi insegna per quattro anni e anche sotto la spinta del preside, nel 1930 si converte al cristianesimo e diviene di fede battista.

Nel 1933 Ōno comincia a studiare danza contemporanea e durante questo periodo ha la possibilità di vedere gli spettacoli di personaggi dell’avanguardia europea che in quegli anni cominciano a fare delle tournée in Giappone tra gli altri ha la possibilità di assistere ad uno spettacolo di Harald Kreutzberg, che con la sua danza espressionista era sbarcato in Giappone per una serie di spettacoli. La danza di Kreutzberg ha grande presa su Ōno ed è allora che Ōno comincia a pensare seriamente alla danza.

Nel 1936 Ōno entra a far parte della scuola del danzatore Takaya Eguchi (allievo di Mary Wigman), del quale ben presto diviene anche assistente. Poi nel 1938 è chiamato alle armi e diventa ufficiale in Cina.

Nel 1944 al ritorno dal fronte cinese viene direttamente inviato in Nuova Guinea, dove viene catturato e mandato in un campo di prigionia tenuto dagli australiani. E’ qui che Ōno ricomincia a danzare, nonostante la vita dura del campo. Quando dopo la resa torna in patria, ricomincia sia il suo lavoro di insegnante di educazione fisica, sia il lavoro di danza con Eguchi.

Dopo la fine della guerra anche il giovane Hijikata che ha vent’anni meno di Ōno si trasferisce a Tokyo  portando con sé un sacco di riso per Eguchi e sperando che questi lo prenda a studiare nella sua scuola. Purtroppo Eguchi in quel periodo è molto occupato dal lavoro con Ōno, così Hijikata per il momento non riesce a entrare nella scuola.

Kazuo Ohno, in performance - Ohno Dance Studio Archives

Kazuo Ohno, in performance – Ohno Dance Studio Archives

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La prima vera performance di Kazuo Ōno avviene solo nel 1949 quando ha già 43 anni, ha lasciato Eguchi e si esibisce con la compagnia di Mitsuko Ando.  Lo spettacolo ha molto successo e Hijikata che è nel pubblico viene talmente impressionato dalla danza di Ōno che decide di studiare con Ando. Così 1954, nello spettacolo di Ando Karasu (Il Corvo), Ōno e Hijikata si esibiscono per la prima volta insieme.

Qualche anno dopo, mentre Kazuo Ōno sta preparando insieme a suo figlio Yoshito lo spettacolo Il Vecchio e il Mare, Hijikata comincia a fargli regolarmente visita offrendo consigli e suggerimenti riguardo allo spettacolo. Affascinato da Hijikata, dal suo modo di affrontare i temi della sofferenza e della morte Ōno modifica radicalmente la rotta della sua carriera, andando a integrarsi con i giovani danzatori del gruppo Dance Experience. Nello stesso anno Hijikata dirige e partecipa a Kinjiki insieme a Yoshito e l’anno seguente coreografa specificatamente per Ōno Divinu No Shi (Divine), tratto da Notre-Dame des fleurs di Jean Genet.

Ōno ricorda:

DANZA MILANO
“I did not know Genet’s work…but Hijikata told me “You will be Divine, you will be a transvestite”. And without having read Genet, without understanding him, I became Divine. I often wonder if I could have done it had I understood…but I had a premonition of another world. This performance was my encounter with Genet, my encounter with Hijikata, my encounter with myself”.[1]

Divine segna l’inizio della lunga collaborazione tra i due, che lavorando insieme creano ciò che successivamente verrà chiamato Ankoku Butō, ma che all’epoca è conosciuto come Dance Experience.

La collaborazione con Hijikata cambia radicalmente l’approccio che Ōno ha con la danza: fino ad allora Ōno si è interessato alla danza espressionista e moderna, dopo l’incontro con Hijikata comincia a vivere la danza in modo diverso, approcciando tematiche quali la morte, la sofferenza, la decadenza.

Tra il 1960 e il 1963 si forma anche la seconda generazione di giovani danzatori butō, al seguito di Hijikata e Ōno. Nel 1965, Ōno e Hijikata compaiono sulle scene con il duo Bara iro dansu (Danza Rosa). Akira Kasai, che partecipa alla performance, ricorda:

…abbiamo venduto a tutti gli spettatori una serie di dolci che avevano la forma delle labbra, degli occhi oppure del sesso. Li abbiamo messi in una scatola e li abbiamo venduti a mille yen. Così non solo il danzatore diventa un corpo morto ma diventa addirittura un dolce che gli spettatori sceglievano di mangiare[2].

Kazuo Ohno, Milano Arte Expo Danza

Kazuo Ohno, Milano Arte Expo Danza

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Ōno continua ad esibirsi fino al 1967, dopo quell’ anno si ritira dalle scene e ne rimane assente per dieci anni. La fine della collaborazione tra Hijikata ed Ōno è una mutua scelta, entrambi sentono di aver dato il meglio in quella collaborazione e non c’è per il momento possibilità di andare oltre.

Nonostante questo, Ōno non abbandona la danza e incomincia a lavorare con il regista cinematografico Nagano Chiaki; insieme lavorarono per la realizzazione della Trilogia del Sig. O. in cui sequenze poetiche e scene surreali si susseguono senza una struttura narrativa vera e propria.

Ma ad un certo punto, inaspettatamente, un’immagine del passato richiama Ōno sulla scena dopo questo lunghissimo periodo di pausa, prende vita: Omaggio ad Argentina.

La cosa curiosa è che, come racconta in più occasioni il figlio Yoshito, fino al 1977 nessuno ha mai sentito menzionare La Argentina da Kazuo Ōno. Yoshito Ōno racconta che un giorno, in cui Ōno era andato alla Galleria di Tokyo per un’esposizione, tornò a casa tutto eccitato. Guardando uno dei quadri gli era tornata alla mente una danzatrice spagnola vista molto tempo prima al Teatro Imperiale di Tokyo. Questa danzatrice si chiamava Antonia Mercè, conosciuta con il nome di La Argentina.  Nella danza di questa ballerina spagnola, Ōno vede un’esperienza di generazione della vita: la Argentina incarna la danza, l’arte, la letteratura,la musica, l’amore e la sofferenza; è così che Ōno decise di dedicare il suo ritorno sulle scene alla memoria di questa danzatrice ed è un grande successo internazionale.

L’allontanamento di Ōno e Hijikata per quasi dieci anni permette loro di rincontrarsi fruttuosamente e la loro rinnovata collaborazione porta ad una serie ininterrotta di successi. Nella tournée del 1980 oltre che Omaggio ad Argentina, Ōno presenta anche Ozen (Il tavolo), incentrato sul piccolo tavolo che i giapponesi usano in tutte le cerimonie che celebrano i passaggi importanti della vita (la nascita, il matrimonio ecc.) Nel 1981 Hijikata coreografa per lui un altro spettacolo: Watashi No Okasan (Mia Madre), dedicato alla figura della madre, che ebbe sempre una grande influenza su di lui. Risale al 1985 l’ultimo lavoro di Ōno con Hijikata: Shikai (Mar Morto), che si ispira a un viaggio di Ōno in Palestina. In quel luogo Ōno, nel vedere la quantità di animali che vivono in quelle montagne di sale, racconta:

danza moderna
Innumerevoli animali saltellavano eseguendo una danza senza fine. Un coro muto echeggiava in cielo e in terra. Nascita, morte, vita sembravano la stessa cosa, la stessa cosa l’amore e il dolore. Quanto tempo è passato dalla mia esperienza nell’utero materno? Gli animali e il feto. Nella grande placidità del Mar Morto e dei monti circostanti mi sono apparsi i segni viventi della morte.[3]

Hijikata viene a mancare l’anno successivo.

Nonostante l’avanzare dell’età e la morte di Hijikata, Kazuo Ōno continua la sua prolifica carriera di danzatore, in lui la danza e la vita sembrano fondersi in un’unità inscindibile che lo rendono un danzatore instancabile ed incredibilmente prolifico. Così nel 1987 Ōno è di nuovo sul palco insieme al figlio Yoshito con lo spettacolo intitolato Suiren (Le Ninfee), ispirato al quadro di Monet e un anno dopo con Mushi biraki. Maldrole no Yume (I canti di Maldoror).

Nel 1990 Ōno e Yoshito si presentano al pubblico con Ka Cho Fu Getsu (Fiori Uccelli Vento Luna). Nel 1991 Ōno realizza il film Tamashii no fukei – Ōno Kazuo no sekai (Paesaggio dell’anima – Il mondo di Ōno Kazuo) con il regista Katsumi Hirano. Del 1992 sono invece le performance Hakuren (Il fiore di loto) e Oguri Hangar e la principessa Tenute-Hime. Ancora una nuova creazione risale al 1995 Tendo Chido (La strada nel cielo, la strada sulla terra).

Nei lavori più recenti, successivi alla morte di Hijikata, l’atmosfera degli spettacoli di Ōno è andata sempre più verso una vivacità e una solarità estranee agli spettacoli delle origini del butō. Una direzione che molti hanno criticato perché troppo sbilanciata verso un mondo di luce e di bellezza, che lascia poco spazio alla contrapposizione vita-morte degli inizi. Nario Goda, commentando i riallestimenti di Omaggio ad Argentina e Divine del 1986 dice:

Ōno non era più un danzatore, ma un cristiano. Mentre prima aveva espresso una sorta di bellezza della morte e della vita – un contrasto essenziale per i danzatori butō – recentemente la sua danza è piuttosto “santa”. E questa santità è un aspetto del cristianesimo. La sua danza è diventata l’estasi del cristiano e non l’estasi del danzatore, del danzatore butō.[4]

La ricerca di Ōno che si è mai arrestata grazie anche al periodo di separazione con Hijikata si era già da tempo allontanata dalle sperimentazione degli inizi per prendere direzioni più personali: nel corpo ottuagenario di Ōno fiorisce lentamente una nuova vulnerabile bellezza, incarnazione  della continuità tra la vita e la morte.

Dopo la scomparsa di Hijikata l’unico punto di riferimento per tutto il movimento rimane Ōno che come già aveva fatto negli anni addietro continua ad accogliere  nel suo studio di Yokohama danzatori e curiosi che vengono dai paesi più disparati per prendere lezioni da lui e per carpire il segreto della sua danza. A questo riguardo Ōno è molto chiaro, sostenendo che può venire in aiuto ai suoi allievi mostrandogli come lui stesso lavora sui propri limiti, ad imparare a organizzare i movimenti e a essere più consapevoli nella vita di tutti i giorni, ma sostiene che le cose importanti della danza non possoano essere veramente insegnate da nessuno.

La struttura delle sue lezioni è più o meno fissa, vi è una prima mezz’ora in cui Ōno parla offrendo un’immagine o un’esperienza e per la successiva ora e mezza gli allievi vengono invitati a danzare, sia prendendo spunto dai temi della discussione ma anche scegliendo qualcosa d’altro. Ōno non dà mai indicazioni esplicite sui movimenti del corpo, al contrario si concentra sulle immagini aggiungendo man mano dei particolari.

Le tematiche dei seminari di Ōno ed a lui care sono raccolte nel volume “Workshop Words“, quasi una serie di interventi poetici che ruotano intorno alla natura, alla nascita, alla morte, agli antenati, tutti spunti atti a lavorare non sulla tecnica ma sull’anima e sulla presenza del danzatore.

Kazuo Ōno muore il primo giugno 2010 all’età di 103 anni, dopo che da qualche tempo si era ritirato dalle scene, lascia dietro di sè una ricca eredità di esperienze e suggestioni che influenzano ancora oggi artisti e danzatori e che senza dubbio influenzeranno ancora per molto tempo le direzioni di ricerca della danza contemporanea. Il suo esempio di vita lascia un messaggio ben preciso: le lettere d’amore più belle non si scrivono con il cervello ma con tutto il corpo.

Sara Pulici

 

Citazioni da:

  • Viala, Jean e Masson-Sekine, Nourit, Butoh. Shades of Darkness, Shufunotomo, Tokio, 1988.
  • D’Orazi, Maria Pia, Kazuo Ōno, Palermo, L’Epos, 2001.

[1] Viala, Messon-Sekine, 1988 : pp.24-26.

[2] D’Orazi, 1997 : p.58.

[3] D’Orazi, 1997: p.126.

[4] D’Orazi, 2001: p.64.

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Sara Pulici

Sara Pulici

Sara Pulici

Nata nel 1980 si appassiona molto presto al teatro, e grazie all’interesse per la giocoleria entra in contatto con il giocoliere-danzatore Jean-Daniel Fricker. Si indirizza poi subito verso la Danza Butoh frequentando negli anni diversi laboratori tenuti da vari nutokas, sia in Italia che all’estero. Tra questi, preziosi sono per lei gli incontri con Yoshito Ohno (figlio di Kazuo Ohno) e con Atsushi Takenouchi, Katsura Kan e Sayoko Onishi. Nel 2006 si laurea in Filosofia, indirizzo Antropologico, con una tesi sul butoh dal titolo “Divorare le tenebre, la danza butoh come esperienza di sconfinamento”. È anche relatrice, nel 2007, al convegno organizzato dall’università di Bologna sul Maestro Kazuo Ohno. Nello stesso periodo Sara Pulici si unisce alla compagnia fondata da Jean-Daniel Fricker partecipando a diverse performances e spettacoli. Di lì a breve la compagnia si trasferisce in India (Hampi), esperienza dalla quale scaturisce lo spettacolo “Pières”. Dopo lo scioglimento della compagnia, settembre 2008, si sposta in Svizzera dove attualmente risiede e lavora. Nel 2012 viene selezionata in occasione della rassegna “Botoh Clip” al centro culturale Bertin Poirée di Parigi. Continua la sua ricerca e la preziosa collaborazione con Jean-Daniel Fricker.

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MAE Milano Arte Expo [email protected] ringrazia Sara Pulici per la rubrica dedicata alla Danza Butoh e il testo Kazuo Ohno, Il fiore Ottuagenario.

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