Magazine Motori

David Purley: un pilota ed il suo coraggio

Da Carlo69 @F1Raceit

Oggi sarebbe stato il compleanno di David Purley, un pilota coraggioso di altri tempi.

I piloti sono persone che hanno scelto di vivere sul filo della velocità accompagnati passo passo da sogni, fortuna, sfortuna e morte. Ogni secondo è allontanarsi dagli avversari o allontanarsi sempre più dalla vittoria. Piloti che vengono considerati da alcuni solo come muli da somma che trainano le macchine o come pezzi di carne che servono per mettere in mostra la macchina. Piloti che per qualcuno sono invece gli unici veri protagonisti dello sport. Piloti che vengono ricordati perché sono diventati campioni del mondo. Piloti che vengono ricordati per i duelli e le imprese portate in pista. Piloti che vengono ricordati perché si sono seduti sopra all’auto o la moto più importante del loro sport o semplicemente piloti. Soprattutto persone che hanno vissuto ogni momento della loro vita, non solo quello dello sport, vivendola fino all’ultimo istante.

David_Purley
Oggi parlo di uno di loro: David Purley. Nato il 26 gennaio del 1945 a Bognor Regis, nel West Sussex, suo padre Charles era proprietario della Longford Enginering Company, più nota come Lec Refrigeration. Una fabbrica di frigoriferi che diverrà un colosso del settore. David – che sin da giovane ama avventura e forti emozioni – nel 1961 si arruola dapprima nell’esercito, ove combatte nello Yemen del Sud, e poi come paracadutista d’élite. L’amico Derek Bell gli consiglia di provare a correre. In un abitacolo potrà testare tutti i limiti che vorrà. Dopo alcune (disastrose, secondo la stampa dell’epoca) esperienze a ruote coperte con Ac Cobra e Chevron, nel 1970 debutta in F3 con una Brabham, sponsorizzato (è una costante della sua carriera) dalla ditta di famiglia. Il 31 maggio c’è il 39. Grand Prix des Frontiéres sul circuito stradale di Chimay, in Belgio. Chimay, famosa per l’abbazia trappista e per la birra prodotta dagli stessi frati, si trova a pochi chilometri dal confine francese. Il tracciato è lungo sette chilometri, formato da lunghi rettilinei, curvoni veloci e tornanti lenti e molto infidi. Questo stradale altro non è che la versione ridotta di grandissimi circuiti come Spa e Nurburgring. Qui un pilota doveva dimostrare di avere precisione, coraggio e velocità per riuscire a vincere. Tre edizioni di fila del GP – 1970, 1971, 1972 – sono dell’ex parà. La prima volta vince con la Brabham BT28 tenendosi dietro lo “scassamacchine” James Hunt (sarà campione del mondo in F1 nel 1976) e il beniamino del pubblico belga Claude Bourgoigne, che con la Lotus del Team Johnson Wax sarà secondo l’anno successivo: primo Purley e terzo lo statunitense Randy Lewis. Nel 1972 Purley fa ancora sua la gara davanti ai francesi Rousselot ed Ethuine.

Ma per queste vittorie lo ricordano solo gli amanti delle statistiche. Gli episodi per i quali David è ancora oggi ricordato (invero da pochi) sono il Gran Premio d’Olanda (Zandvoort) del 1973 e il Gran Premio d’Inghilterra (Silverstone) del 1977. Procediamo, però per ordine di carriera.
Nel 1972 Purley debutta in Formula 1. Con una March 721 corre il Rothmans Trophy a Brands Hatch. Tredicesimo al via, in gara si ritira al 70° giro per problemi al motore. Con una Connew PC1-002 si iscrive al John Player Challenge Trophy, sempre a Brands Hatch, ma non riuscirà neanche a prendere parte alla gara. La vettura è troppo scarsa.

David_Purley (3)
Nel 1973 il Lec Racing Team si presenta al via con una delle tante March 731. La factory di Bicester (all’epoca di proprietà di Max Mosley, Alan Rees e Robin Herd) vende o noleggia monoposto chiavi in mano a chiunque possa permetterselo. Si iscrive al Gran Premio di Montecarlo. C’è anche James Hunt, pure lui debuttante nella massima formula. Purley si qualifica in ultima fila e si ritira per guasto al motore al 31° giro.

Arriva il Gran Premio d’Olanda. Roger Williamson è iscritto dalla squadra ufficiale March. David corre su una vettura analoga, coi colori Lec. Durante la gara Williamson finisce contro le barriere ad altissima velocità, probabilmente a causa di una foratura. La monoposto si ribalta e prende fuoco. Il primo a prestare soccorso è proprio David Purley. Ferma la sua auto e tenta in tutti i modi di salvare Williamson. Due commissari rimangono immobili e guardare la scena, terrorizzati dalle fiamme. La gara non viene interrotta e quindi lo spostamento d’aria causato dalle vetture in movimento non fa che alimentare il fuoco. Un gruppo di spettatori che vorrebbe scendere a bordo pista per aiutare Purley. Viene bloccato dalla polizia. Quando le fiamme si fan troppo alte, Purley viene portato via di peso dal personale di sicurezza. Una tragedia, riverberata dalla diretta tv in Eurovisione. Il pilota britannico fu decorato con la George Medal e ricevette anche il Siffert Trophy, Ma uno come Purley delle onorificenze non sa che farsene. Lui voleva solo salvare la vita del suo compatriota. “Che conoscevo appena”, preciserà anni dopo alla Bbc, facendo così ancor più capire che si trattava di un beau geste davvero disinteressato.

La morte di Williamson si poteva probabilmente evitare: bastava interrompere la gara e fare arrivare il mezzo antincendio in senso contrario a quello di marcia. La scarsa cultura della sicurezza e i rudimentali presidi a quel tempo disponibili fecero il resto.

Rivedendo oggi il video dell’accaduto su Youtube (caricato da tantissime persone) viene voglia di sfondare lo schermo e di aiutare David sia a salvare il pilota ufficiale March da quella fine atroce sia di prendere a calci i commissari, che invece rimangono impietriti sul posto avendo paura di scottarsi.
Nel 1974 fa una breve apparizione di nuovo sul circuito di Brands Hatch durante il Gran Premio di Gran Bretagna con la Token RJ02: non riuscirà a qualificarsi. Per Purley l’importante è correre, in quale categoria non importa. Partecipa quindi all’Europeo di Formula 2 vestendo i colori del team di Bob Harper, un miliardario residente ad Hong Kong. Riesce a conquistare tre secondi posti: a Salisburgo, a Rouen (sotto il diluvio) ed a Pergusa.

Sbarca nella serie Shellsport di Formula 5000 all’alba della stagione 1975. Nel 1976 conquista il torneo grazie a 6 vittorie.

David_Purley (7)
Nel 1977 si mette in proprio. Commissiona a Mike Pilbeam, ex ingegnere del Team Brm, il progetto di una monoposto che verrà costruita dagli operai Lec in un capannone della ditta di famiglia, per il suo ritorno nel mondo della Formula 1. La struttura comprende anche un direttore sportivo, Mike Earle, futuro proprietario della Onyx.

Nella classica Race Of Champions a Brands Hatch Purley sorprende tutti chiudendo sesto. E nella successiva apparizione, durante il Gran Premio del Belgio del 1977, a Zolder, si trova in testa alla bagnatissima corsa per qualche giro, lottando per la prima posizione con la Ferrari del leader iridato Niki Lauda, che alla fine dell’anno vincerà poi il titolo bissando quello del 1975 (ne conquisterà un altro nel 1984 con la McLaren). Questa volta a favorirlo ci sono le mutevoli condizioni meteo, il caos seguente ai cambi gomme e l’abilità del suo piccolo team. E’ in questi momenti che si vedono la qualità dei piloti capaci di approfittare delle condizioni più instabili. Vince Gunnar Nilsson (sarà l’unica gara che lo svedese potrà mettere in bacheca, prima della sua tragica morte per cancro) con la Lotus ufficiale. Purley è tredicesimo.

A fine gara David Purley si lascia andare ad uno dei suoi salaci commenti: “C’era uno con una macchina rossa che mi voleva superare”. Lauda, avvisato, replica all’inglese di essere stato ostacolato e di avere rimediato un testa-coda. Niki dà del coniglio a David. Quest’ultimo gli risponde che un grande campione non avrebbe dovuto avere difficoltà a sorpassare un coniglio, per di più su una mezza macchina come la Lec. Lauda gli mostra il dito medio e a questo punto arriva l’inevitabile frase di congedo: “La prossima volta che mi mostri il dito te lo infilo nel c…”
Il Gran Premio di Silverstone pone fine alla sua carriera di pilota. Durante le pre-qualifiche del venerdì, un principio di incendio nella zona motore-cambio della sua Lec CRP1-Ford viene spento dai commissari con una buona dose di liquido estinguente. L’acceleratore rimane però bloccato (probabilmente a causa del fluido spegnifuoco) mentre affronta in pieno la curva Becketts. Lo schianto che ne consegue venne ricordato come una delle più violente decelerazioni registrate in un incidente automobilistico: da 170 a 0 km/h in settanta centimetri, vicina ai 180 G. Sopravvive, ma con sette costole rotte, fratture multiple a bacino e gambe (una rimarrà più corta di 5 centimetri). I rottami dell’auto vengono esposti nel museo di Donington, di proprietà di Tom Wheatcroft, ex manager di Roger Williamson.

Tornerà brevemente a gareggiare nella Formula Aurora 1979, ma solo per dimostrare – a sé stesso, più che agli altri dei quali poco gli importa – che nemmeno corse ed incidenti possono a lui frapporsi come ostacoli.

Da quel momento, si dedica all’azienda di famiglia e comincia a pilotare aerei acrobatici. Nel 1985, un aereo da lui pilotato precipita sulle scogliere della sua Bognor Regis. Stavolta, vince la nemica di tutti.
La vita di David Purley fu semplicemente quella di un grande uomo, che ha saputo vivere appieno ogni istante della vita. Grande uomo che ha saputo gettarsi nel fuoco per salvare un semplice conoscente, mentre gli altri stavano a guardare, o affrontare da novizio un pilota affermato come Niki Lauda. In una parola, essere un personaggio diverso nel mondo della Formula 1, senza cambiare nulla del suo carattere o barattare con qualcosa le sue idee. Qualcuno si domanda come abbia fatto a sopravvivere, bastano le sue parole per avere la risposta: “A volte sei lì, la sera, d’inverno, e ti chiedi perché esisti. Rispondo da pilota e non da filosofo. Guardo le mie mani e dico: ho rischiato, ho sfiorato la morte, ma sono vivo e ne conosco il perché. Sono stato bravo, ho puntato tutto su di me e ce l’ho fatta”.

contributo di Chiara Zaffarano


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :