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De rouille et d'os

Creato il 17 giugno 2012 da Veripaccheri

Di NICKOFTIME

De Rouille et d'Os

Rabbia, tanta rabbia e poi sangue indotto o provocato a seconda dei casi. Non era facile tornare a fare cinema dopo il consenso planetario ricevuto per il penultimo film. D'altronde era successo anche a Matteo Garrone bloccato dalla paura di non essere all'altezza delle aspettative dopo lil successo di "Gomorra". Ed invece, per quelle coincidenze di cui è piena la vita, capita che entrambi, Audiard e Garrone, si ritrovino a competere per la Palma d'Oro al Festival di Cannes con i loro nuovi film. Di Garrone hanno parlato (anche troppo) le cronache nostrane, mentre più nascosta era rimasta l'opera del regista francese, liquidata come contenitore di una grande prova d'attrice, quella di Marion Cottillard, e nulla più. Una lacuna risolta con l'anteprima nazionale del film che riporta alla ribalta l'umanesimo tout court del regista francese e la sua poetica fatta di ferite e guarigioni. In questo caso però, la storia smette di essere al servizio di un solo personaggio, ma facendo un passo indietro e riallacciandosi idealmente ad un film come "Sulle mie labbra", torna a parlare di amour fou con due protagonisti, un uomo ed una donna, che si dividono la scena. In questo senso Audiard non si smentisce, presentandoci ancora una volta due outsiders della vita, Alain pugile in cerca di fortuna, e Stephanie, un'addestratrice di orche alle prese con gli ultimi scampoli di una relazione finita male.
Il loro incontro è casuale, distratto, fatto di una lontananza destinata a finire quando Stephanie, per reagire alle conseguenze di un incidente di lavoro che l'ha privata delle gambe, decide di telefonare ad Alain, che nel frattempo è entrato nel giro dei combattimenti clandestini. Restare insieme non sarà facile.
Affamato di esistenza, il cinema di Audiard la mette in scena con generosità, senza risparmiarci i dettagli più scabrosi, come quelli esposti nelle scene d'amore tra i due amanti con i moncherini di Stephanie esorcizzati dall'appetito sessuale di lui, oppure nell'esaltazione del sangue e della lotta che precede l'inizio di ogni match, con la carica di adrenalina sfogata da Alain ricorredo ad atti autolesionistici come quello di sbattere ripetutamente la testa su un sedile o sbattere i pugni contro qualsiasi cosa gli passi sottomano. Oppure prendendo di petto l'esistenza (ed il male che comporta) con un vitalismo rude ma sincero, che riesce a fare a meno di eventuali gentilezze anche nel rapporto tra padre e figlio, ma che non può rinunciare all'esuberanza del corpo, terminale di violenza e di dolcezza, in ogni caso mezzo attraverso il quale è destinata a passare la condanna o la salvezza degli uomini, come testimonia la tragica sequenza in cui saranno coinvolti Alain e suo figlio. Audiard traduce la materia incandescente di "De roulle et d'os" con una costruzione istintuale che privilegia la spontaneità a discapito degli equilibri interni tenuti in piedi più dalla natura ondivaga dei personaggi, sempre pronti a sconfessare se stessi con decisioni svincolate da qualsiasi conformismo, che dalla coerenza dell'impianto. Ne derivano traiettorie sfuggenti e contrapposte: da quelle rarefatte ed oniriche rappresentate dall'elemento acquatico e marino, collegate al lavoro di Stephanie e in grado di regalare ai due protagonisti un'armonia altrimenti negata dalle rispettive vicissitudini, ad altre più concrete, fatte di corpi e di carne, dove il sentimento si traduce in azioni repentine ed animalesche riferite agli accoppiamenti occasionali dell'uomo, oppure alle sue reazioni incontrollate che rischiano di fargli perdere ciò che più ama. Audiard ha il pregio di approfondire i personaggi, di restituirli dal di dentro, mentre rischia di perdersi in un eccesso di variazioni ed aggiunte. Marion Cotillard fa quello che sa fare mentre Matthias Schenaerts nel ruolo di Alain ha la spudoratezza che ben si addice all'anarchia organizzata del regista francese.

 


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