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Decalogo del manager politico di professione

Creato il 17 aprile 2013 da Cultura Salentina

17 aprile 2013 di Pierluigi Camboa

o per cosiddetta vocazione

“Il bandito Giuliano Mesina un giorno disse che sarebbe diventato completamente onesto quando la società sarebbe diventata realmente giusta”

Pasquale Urso: Acquaforte

Pasquale Urso: Acquaforte

Viviamo in una società in crisi e sostanzialmente a pezzi; ma questo sembra non interessare a tanti manager, soprattutto ai super-tecnici “prestati” alla politica, i quali, richiamandosi a Sir Winston Churchill, continuano a dichiarare a destra e a manca  (e, fatto ancor più grave, ne sono convinti) di aver ottenuto grandi successi, passando da insuccesso in insuccesso, senza mai perdere l’entusiasmo (con la sola eccezione, forse, di qualche lacrimuccia abilmente secreta nei momenti topici).

Viviamo in una società in crisi e sostanzialmente a pezzi ed esiste, perciò, la necessità assoluta di renderla più giusta e a misura d’uomo… Ma con quali strumenti? Bene, qualcuno da tempo ricorre alle serie, serissime, ma fosche, profezie di qualche interessante (o interessato?) vate (o guru) del III millennio dal volto ascetico, che preconizza (per pochi eletti, scelti, magari, tra i simpatizzanti di qualche noto movimento) l’imminente avvento di una nuova splendida era per l’umanità, ridotta a un solo miliardo di abitanti sull’intero pianeta, dopo una catastrofica, ma a suo dire salvifica, III Guerra Mondiale. Mamma mia! Posso toccar ferro a modo mio?…

Noi, per fortuna, non la pensiamo come lui e preferiamo ricorrere a riflessioni semiserie, espresse con il sorriso sulle labbra e senza reconditi fini di tornaconti personali, sia pur abilmente truccati e mascherati; perciò, partendo da queste premesse, abbiamo confezionato un’assiomatica elencazione di semiseri principi da diffondere come patrimonio fondamentale di tutti gli aspiranti imprenditori, leader e/o manager e/o politici e/o capitribù di qualsiasi etnia, latitudine, ceppo linguistico e credo religioso (se dovessi aver omesso qualche ulteriore importante carattere distintivo vi prego di scusarmi: si tratta dei primi evidenti segni di involuzione presenile, dato che l’8 aprile 2013 ho raggiunto la veneranda età di 60 anni)… Tuttavia, nello stesso momento in cui le riflessioni si generavano dal nulla (tale è il contenuto della mia teca cranica) in modo naturale, maturava, in me, la convinzione che tali prodotti del mio (spesso insulso e incomprensibile, ma a volte, però, persino “sublime”) pensiero avessero improvvisamente cambiato abito, dismettendo l’abusato “semi-” per tramutarsi mirabilmente in riflessioni solo ed esclusivamente “serie”… E quei famosi… “semi”?… Bene, quelli gli avremmo affidati al vento perché andassero a germogliare, diffondendo il nostro salutare “verbo”, fin nelle terre più remote del pianeta…

Bando alle ciance, il fatto che il sottostante decalogo manageriale rappresenti un’elencazione solo per metà seria (questo, infatti, è il significato di “semiseria”) è documentato dall’aggettivo “di sostegno”; infatti, per quanto attiene la terminologia ascrivibile a… Camboa, esistono due varianti: “cambogicus”, che è la variante nobile e seria e “cambogianus”, che è, invece, quella scherzosa, autoironica, insomma semiseria…

Ma poi, in fondo, crediamo che sia solo il lettore a dover giudicare il valore e l’importanza di tali pensieri e allora snoccioliamolo, finalmente, questo benedetto elenco!

  • Prima riflessione: l’economia e il management non sono scienze esatte (o esercitate sempre da persone intelligenti); se così fosse, oggi non saremmo in piena recessione.
  • Seconda riflessione: l’economia e il management non sono discipline etiche (o esercitate solo e sempre da persone virtuose); se così fosse, oggi nel mondo non avremmo disuguaglianze.
  • Terza riflessione: la globalizzazione é lo strumento ideale per far aumentare le disuguaglianze già esistenti e per crearne di nuove.
  • Quarta riflessione: credere di non essere diventato ancora manager solo per mera sfortuna, non ti farà diventare mai un “top manager”, ma uno sfigato cronico di chiara fama.
  • Quinta riflessione: credere fermamente di essere un predestinato al top management non ti farà quasi mai diventare un manager, ma ti farà vivere bene, pervaso dall’ottimistica illusione di poterlo diventare da un momento all’altro.
  • Sesta riflessione: il manager che abbia commesso errori gravi e/o numerosi, si troverà dinanzi a un bivio “manicheo”: il fortunato (il manager pubblico) si vedrà rinnovare la fiducia (“perché gli va riconosciuto di aver operato in una situazione di eccezionale complessità e gravità”); il meno fortunato (il manager del privato), sarà invece caldamente invitato a cambiare mestiere.
  • Settima riflessione: il manager trombato dal privato si troverà anche lui di fronte a un bivio “manicheo”: tornare a fare il manager nel settore pubblico (“perché trattasi di persona che ha brillantemente operato nel settore privato in una situazione di eccezionale complessità e gravità”) o diventare, occupazione a mio avviso molto più proficua, giocatore professionista di “tressette a perdere” o di “ciapanò”, giochi nei quali gli errori (di presa) portano alla vittoria… PS: è chiaro che il tizio non dovrà essere informato delle regole, altrimenti farà flop anche qui!
  • Ottava riflessione: per il manager trombato dal privato, che non se la sentisse di tornare a fare il manager nel settore pubblico né di diventare giocatore professionista di “tressette a perdere” o di “ciapanò”, esiste una terza e molto più comoda via, quella della formazione manageriale, ambito nel quale “sparare immense cazzate (pardon…, dire originali frasi ad effetto)” riesce quasi sempre a prendere per il c… (ri-pardon… riesce molto spesso a suscitare l’interesse degli ascoltatori).
  • Nona riflessione: manager è solo colui che è stato chiamato a svolgere quel ruolo e non (anche) chi crede di averne le competenze e le capacità. Tale secondo personaggio è definito invece “povero illuso” o, con tipico termine salentino, “mucculone” (stupido irrecuperabile).
  • Decima riflessione: il manager non ha bisogno di rifugiarsi in bagno per chiedere: “Specchio, mio specchio cortese, chi è il direttore più bravo di tutto il Paese?”. Ci pensano ogni mattina i suoi collaboratori di staff ad infondergli “in bolo endovena” il massiccio convincimento del suo indiscutibile valore, dilatandone a dismisura le dimensioni della sua già manifesta “Sindrome da onnipotenza narcisistica manageriale”.

La principale argomentazione portata a sostegno delle riflessioni cambogiane è data dalla più nota delle dichiarazioni storiche del mitico Vujadin Boskov e dal suo corollario applicativo:

  • Assioma di Boskov: rigore è quando arbitro fischia.
  • Corollario all’assioma di Boskov: manager sei quando il potere (ti) nomina.

Le conclusioni che emergono dalle riflessioni cambogiane sono le seguenti: anche lo stupido, se ben istruito, educato e addestrato, può rivelarsi un buon manager o un buon leader, allo stesso modo di come, al contrario, una persona molto dotata sul piano intellettivo, può non essere in grado di gestire nemmeno l’ordinaria quotidianità.

E, per finire in bellezza, poche righe di “sublime” poesia a rima baciata e ribaciata, abilmente condita con piccoli, preziosi, maccheronici richiami alla splendida lingua del grande Federico del Sagrado Corazòn de Jesùs Garcìa Lorca, in arte Federico Garcia Lorca:

“Larga la hoja, estrecha la estrada,

el doctor Babbarabbà ha desparada,

hoy tambien, la sua enésima minchiada!”.

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