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Decreti e Italicum, ora è alto il "rischio trappole" - Tutti i trabocchetti delle prossime due settimane

Creato il 09 febbraio 2014 da Tafanus

Scadenza il 28 febbraio per quattro provvedimenti chiave - Al Senato la maggioranza è appesa a tre voti, dopo la fuga di Casini e la diaspora dei centristi (di Claudia Fusani - l'Unità)
Se fosse un gioco, e non lo è, lo potremmo chiamare Trappole & Trabocchetti (al governo).Nel tabellone di gioco sono raffigurati i giorni di quel che resta del mese di febbraio, l’emiciclo del Senato e quello della Camera. L’obiettivo è traghettare a marzo legislatura e governo in ogni sua declinazione possibile - rimpasto, Letta bis, Renzi uno - cercando di fargli evitare tutte le caselle cerchiate di rossocon la scritta «Crisi/pericolo» disseminate qua e là lungo il calendario dei giorni.
Fuor di metafora, la situazione politica nei prossimi giorni è un intreccio diabolico tra decreti legge in scadenza (quattro entro fine febbraio), riposizionamento delle singole forze politiche in funzione di quella che sarà la nuova legge elettorale e, di conseguenza, una
frammentazione di voti che rende il voto, soprattutto di palazzo Madama, consistente come quello di una lotteria. Cioè appeso più al caso che a variabili prevedibili. Una palude piena di insidie.
Le scadenze dei decreti al Senato - tra il 21 e il 28 febbraio - su cui il governo Letta misurerà la sua stabilità, incrociano infatti il voto in prima lettura alla Camera della nuova legge elettorale. Martedì pomeriggio cominciano alla Camera le votazioni sull’Italicum. Che è arrivato in aula con la tagliola in Commissione (ostaggio dei Cinque stelle) che ha impedito anche l’adozione dei cinque punti già concordati tra Pd, Ncd e Fi: lo sbarramento per il premio di maggioranza salito dal 35 al 37 per cento; l’abbassamento della soglia per i partiti in coalizione (dal 5 al 4,5%); multicandidature; norma salva Lega (entrano in Parlamento i partiti che raggiungono il 9% in almeno tre regioni); delega al governo di 45 giorni.
Sull’Italicum pesano però circa 300 emendamenti. Qualcuno particolarmente insidioso, come la norma salva-Sel (entra in Parlamento anche il miglior perdente di ogni coalizione), decisiva soprattutto per il centrosinistra (Renzi teme giustamente una scissione a sinistra). E l’emendamento sul conflitto di interessi presentato da M5S e Sel. Che farà il Pd, sapendo che Forza Italia non lo può certo votare?

Fusani

Il risiko del Senato

Così, mentre la prossima settimana l’Italicum avvierà il suo periglioso viaggio a Montecitorio, sarà possibile intravedere il posizionamento dei piccoli partiti dell’ex centro che hanno iniziato da giorni una inevitabile polverizzazione, con relativo posizionamento a destra o a sinistra.
Ed è chiaro che sil tavolo della trattativa per ottenere qualcosa di più o di meno sulla legge elettorale saranno proprio i decreti in scadenza soprattutto al Senato. Dove la maggioranza è appesa, attualmente, al netto della doppia scissione dei centristi (Scelta Civica e Popolari,
e ora anche Casini e Popolari) a soli tre voti. La torta dei voti di palazzo Madama può contare su 161 voti certi (la maggioranza è 158, compresi i senatori a vita), cioè la somma di Pd (108), Ncd (31), Psi/Maie/Autonomie (12), Scelta civica (12), due senatori a vita (Renzo Piano e Carlo Azeglio Ciampi; gli altri due, Cattaneo e Rubbia sono nelgruppo Autonomie). Sono passati alle opposizioni infatti Casini e De Poli (Udc) mentre i 10 Popolari di Mario Mauro (che ieri hanno presentato il simbolo) sono ancora tra quelli che son sospesi. In questo momento posizione
altamente strategica e redditizia. Incerti anche i 4 senatori cacciati da Grillo e soci.
Centosessantuno voti è stato il numero incubo del governo Prodi. E lo sarà anche nei prossimi giorni quando andranno in aula i primi quattro decreti (di un gruppo di otto) in scadenza entro febbraio, e la cui bocciatura equivarrebbe a un voto di sfiducia. Entro venerdì 21 devono
essere convertiti «Destinazione Italia» e «Svuotacarceri». Il primo contiene le norme per il rilancio economico del paese e per attrarre capitali stranieri. È ancora in aula alla Camera che da martedì, come abbiamo visto, avrà a che fare con la legge elettorale (con i tempi contingentati, cioè massimo 22 ore). Lo «Svuota-carceri» ha già mostrato la sua vulnerabilità nell’approvazione alla Camera (dove però la maggioranza ha numeri sicuri) e al Senato potrebbe aggregare alleanze trasversali e alternative. Che già potrebbero mostrarsi, sempre a
Palazzo Madama, sul decreto che taglia il finanziamento pubblico ai partiti in maniera graduale entro il 2017 ed è in
scadenza il 26 febbraio. Su questo testo nella maggioranza ha alzato la testa Ncd («tagliamo subito tutto adesso») che ha mandato così i suoi segnali a Letta e al Pd. Gli otto senatori di Scelta civica presenteranno il conto al governo e al Pd sull’ex salva-Roma (da convertire entro
il 28 febbraio).
Un tabellone di gioco molto impegnativo. Sempre che la salita al Colle del premier Letta, annunciata per i prossimi giorni (nuova squadra e Impegno 2014) e la direzione del Pd del 20 non facciano saltare tutto prima. In un senso o nell’altro.
(Claudia Fusani - l'Unità)


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