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Deepwater Horizon. Quattro anni dopo il disastro Bp torna nel Golfo del Messico

Creato il 16 marzo 2014 da Giacomo Dolzani @giacomodolzani

deepwater_horizondi Giacomo Dolzani

A meno di quattro anni dall’incidente della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, gestita dal colosso inglese Bp, il governo degli Stati Uniti ha concesso nuovamente il permesso all’azienda di riprendere l’attività di estrazione del greggio nelle acque del Golfo del Messico.
La mattina del 20 aprile 2010 infatti, l’eruzione di un geyser sul fondale causò una risalita di metano fino in superficie, causando un’esplosione ed il successivo incendio, spento solo 36 ore più tardi anche a causa delle avverse condizioni meteorologiche che complicarono ulteriormente la situazione.
La Deepwater Horizon era impiegata nell’estrazione di greggio in acque profonde dal pozzo di Macondo, posto 1500 metri al di sotto della superficie, e le operazioni per il completamento dell’impianto erano quasi terminate quando si verificò l’incidente; la valvola che, in caso di necessità, avrebbe dovuto bloccare il flusso di greggio dal sottosuolo non funzionò correttamente, il petrolio cominciò quindi a riversarsi nelle acque del golfo.
Dopo le prime operazioni finalizzate a soccorrere gli impiegati di Bp e Transocean, compagnia svizzera proprietaria della piattaforma, l’attenzione si volse unicamente a come interrompere il flusso di greggio che stava uscendo dal giacimento con una portata di circa 10 milioni di litri al giorno.
Poco più di due settimane dopo, il 7 maggio, Bp provò a bloccare la fuoriuscita con una cupola di cemento armato di 100 tonnellate posta sopra l’imboccatura del pozzo (progetto “Top Kill”) ma il tentativo fallì; per provare almeno ad arginare i danni si tentò di dirigere il flusso di materiale su una nave cisterna tramite la posa in opera di un imbuto che avrebbe convogliato il greggio sull’imbarcazione, ma il petrolio recuperato era comunque meno della metà di quello disperso nell’ambiente e ormai l’entità del danno si poteva vedere dallo spazio: i satelliti della Nasa mostravano infatti la marea nera che si dirigeva inesorabilmente verso le coste degli Stati Uniti e in particolare in direzione di quelle della Louisiana.
Ad oltre un mese di distanza, il 15 luglio, con la posa di una nuova cupola Bp dichiarò di aver tappato la falla, benché la compagnia non fosse in grado di dire per quanto la struttura avrebbe resistito; l’azienda ha quindi annunciato che i propri tecnici stavano lavorando ad una soluzione definitiva, denominata “Atatic Kill”, che avrebbe risolto il problema una volta per tutte: questa fu messa in atto il 3 agosto 2010 e completata il 19 settembre dello stesso anno con la trivellazione di due pozzi che avrebbero consentito di tappare quello già esistente con fango e cemento per poi convogliare il petrolio verso un altro bacino.
Le conseguenze ambientali, economiche e sulla salute umana seguite al disastro sono state enormi e gravissime; le stime di Bp parlano di circa 5 milioni di barili, ossia quasi 900milioni di litri di greggio riversatisi in mare, i quali hanno praticamente dato il colpo di grazia qualsiasi attività legata alla pesca ed al turismo e causato l’inquinamento di circa un quinto delle spiagge degli Stati Uniti che si affacciano sul Golfo del Messico; a questo si deve poi aggiungere l’aumento di tumori nella popolazione umana e nella fauna acquatica, pesantemente danneggiata dall’ingestione di grandi quantità di petrolio.
Dopo la condanna al pagamento di una multa di 4,5 miliardi di dollari ed il divieto di portare avanti qualsiasi attività nell’area, in seguito a 4 anni di controverse battaglie legali con il Governo Usa, Hulliburton ed altre aziende, le accuse di distruzione di prove e di inadempienza agli obblighi di risanamento del territorio, l’Epa (Environmental Protection Agency), l’agenzia governativa americana per la protezione dell’ambiente, ha concesso nuovamente, “sotto rigide condizioni di etica e sicurezza”, il permesso a Bp di estrarre petrolio nell’area.
Il gioioso comunicato della compagnia annuncia che “consideriamo giusta e responsabile la decisione dell’Epa”; nonostante la marea nera non sarà quindi più impedito a quello che è uno dei più grandi investitori nel settore energetico statunitense di trivellare i fondali del Golfo del Messico e ratificare contratti milionari.

da Notizie Geopolitiche



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