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Dell'AIDS non si parla più, né delle vie di contagio sessuali: ci pensiamo noi

Creato il 01 dicembre 2015 da Redatagli
Dell'AIDS non si parla più, né delle vie di contagio sessuali: ci pensiamo noi

Oggi 1° dicembre si celebra come ogni anno la Giornata Mondiale per la Lotta contro l’HIV. Ai tempi del boom dei morti per AIDS era un po’ più sentita; ai giorni nostri resta nel dimenticatoio, ed è ricordata al massimo dai professionisti che con i malati di HIV ci lavorano ancora.
Si, "ci lavorano". Oggi, domani, tra una settimana. I malati sono ancora molti ed è proprio sulla malattia, sul virus che si lavora.
Di prevenzione, molto poca.

Negli ultimi anni i contagi hanno un andamento costante, ma questo non è un dato confortante: il numero dei nuovi malati si aggira attorno alle 3.500 unità all’anno. Un dato molto allarmante è costituto dalle infezioni di ragazzi minorenni: non si hanno dati certi, ma in alcune Regioni Italia iniziano ad esserci alcuni casi.
Guardando ai dati certi, vediamo come lo stereotipo del malato di HIV viene disconfermato: chi ha contratto il virus non è necessariamente omosessuale e tossicodipendente.
Le nuove infezioni riguardano principalmente eterosessuali e persone che non hanno problemi con sostanze stupefacenti o psicotrope.
La diagnosi avviene molto tempo dopo l’infezione, quindi le prime cure non sono tempestive.

Negli anni '90 nelle scuole venivano fornite informazioni a riguardo: all’epoca di AIDS si moriva. Piccola specificazione: si moriva di AIDS, non di HIV: l’ HIV è il virus da immonodeficienza, l’AIDS è la sindrome da immunodeficienza acquisita, cioè è lo stadio avanzato del virus che ormai si è mangiato le difese immunitarie dell’organismo.
Questo vuol dire che una semplice influenza può uccidere chi è portatore della sindrome.
Oggi sono poche le persone che muoiono di AIDS perchè le terapie antiretrovirali impediscono al virus di progredire. Il fatto che non si muoia più però non deve far abbassare l'attenzione su questa infezione: chi ha l’HIV è sottoposto costantemente a esami per monitorare il virus, deve assumere con regolarità la terapia antiretrovirale e sopportare le sue tantissime controindicazioni (vertigini, vomito, eruzioni cutanee, dissenteria, emicranie, lipodistrofia)). E poi non dimentichiamo: chi ha l’infezione dovrà evitare di porre in essere alcuni comportamenti per evitare di contagiare altre persone. Insomma l’infezione cambia definitivamente la vita: non esiste ancora l’antidoto per l’HIV.

Ma come avviene l’infezione? Il virus si trasmette attraverso i liquidi biologici infetti (sangue, sperma, secrezioni vaginali, latte materno) che devono trovare una porta di accesso nell’organismo della persona sana.
Quindi: no saliva, sudore, punture d’insetto, morsi. Questo vuol dire che con una persona malata si può mangiare, giocare, lavorare, fare il bagno/doccia, dormire, abbracciare, baciare senza alcun rischio.
Per togliere ogni dubbio vediamo quali sono i comportamenti a rischio secondo l’autorevole voce della Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS (LILA), e pazienza se di queste cose non parla nessuno per una sorta di assurdo puritanesimo in ragione del quale "certe cose si fanno ma non si dicono":

PER VIA EMATICA - Le trasfusioni di sangue infetto e lo scambio di siringhe possono trasmettere l’HIV.
Dal 1988 il sangue per le trasfusioni viene sottoposto a screening, dunque non si rischia il contagio.
Attenzione anche a tatuaggi e piercing: il materiale deve essere rigorosamente sterile, non solo per evitare l’HIV ma anche altre infezioni.

PER VIA VERTICALE - La madre può trasmettere il virus HIV al figlio durante la gravidanza, al momento del parto o durante l'allattamento.
Se la madre si sottopone regolarmente a terapia antiretrovirale, partorisce con parto cesareo ed evita l’allattamento al seno, la possibilità di contagio si riduce all’1%.
Pur ereditando gli anticorpi della madre, il neonato diventerà sieronegativo nei primi sei mesi di vita.

IL RAPPORTO DI PENETRAZIONE VAGINALE - Tutti lo dovrebbero sapere, è a rischio, quindi è necessario usare il preservativo dall’inizio alla fine del rapporto.

IL RAPPORTO DI PENETRAZIONE ANALE - Comportamento molto a rischio perché la mucosa anale è poco lubrificata, delicata e soggetta a lesioni, quindi maggiormente soggetta a microtraumi, come ad esempio piccoli tagli.
Anche in questo caso usare il preservativo dall'inizio del rapporto, meglio se abbinato ad un lubrificante.

LA FELLATIO (stimolazione orale dell’organo genitale maschile) - Chi la pratica rischia di contrarre l’HIV se la sua bocca viene in contatto con lo sperma dell’altro.
Vi è un dibattito aperto nella comunità scientifica tra chi considera il liquido pre-spermatico capace di trasmettere l'HIV e chi sostiene invece che la possibilità è solo teorica poiché la quantità di virus presente nel liquido pre-spermatico è ridotta. 
Quindi è più sicuro praticare la fellatio con il preservativo, nel caso non lo si utilizzi è necessario evitare lo sperma in bocca. 
Nessun rischio per chi riceve la fellatio.

IL CUNNILINGUS (stimolazione orale dell'organo genitale femminile) - Le secrezioni vaginali possono contenere il virus: non esistono dati accertati, ma esiste una possibilità solamente teorica di infezione.
Praticare il cunnilingus non è da incoscienti, a meno che la persona non abbia evidenti sanguinamenti in bocca (ad es. l’estrazione di un dente), ma anche in quel caso non è detto che avvenga il contagio.

L’ANILINGUS o RIMMING (stimolazione orale dell'ano) - Non è una pratica a rischio l’HIV, ma sicuramente lo è per altri tipi di infezione. Per proteggersi è consigliabile l'uso della diga interdentale o uno strato di lattice.

IL FISTING (penetrazione vaginale o anale col pugno/mano) - È una pratica a rischio di lesioni attraverso le quali potrebbe passare il virus, quindi considerata a rischio.

LA C.D. "PIOGGIA DORATA" (farsi urinare addosso) - Non è un comportamento a rischio. Su lesioni, bocca e ano può esporre al rischio di altre infezioni.

Dite la verità: quante volte avete trovato una casistica dettagliata e specifica di pratiche sessuali in relazione alla possibilità di contagio? Secondo me, pochine. Al tabù del sesso (sì, amici: perfino nella nostra società il sesso è un tabù) si aggiungono i tabù della malattia e il tabù della morte. Il risultato è che non se ne parla, e ci si culla nell'ignoranza confidando che "tanto capita ad altri".
Ma non bisogna andare in panico: anche perché il virus, per sua natura, necessita di un particolare ambiente per riprodursi. Lontano delle cellule che può infettare non riesce a riprodursi e muore.
Le microlesioni non provocano infezione perché troppo poco è il sangue e troppo poco è il virus.
Il concetto fondamentale è uno: prevenzione, informazione, cultura. Non è necessario fare attenzione alle persone, ma ai comportamenti che mettiamo in atto: quelli sono a rischio, le persone no.

Eleonora Ferraro

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