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Dell’amore per le parole e del provare a salvarne qualcuna

Da Lasere

28 ott 2011 @ 16:13

Varie (oltre il tè)

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Dell’amore per le parole e del provare a salvarne qualcuna

Un post extra-tè per segnalarvi un’iniziativa che mi è piaciuta supertanto (!!), e che indirettamente ha molto a che vedere col mio scrivere su questo blog. Chi tra di voi mi segue con una certa assiduità, infatti, si sarà ben reso conto del mio (tentato) (e spesso frustrato) (quanto mai del tutto risolto) amore per la lingua; non quella che abbiamo in bocca, eh, che pure mi è molto cara, bensì quella che si parla, o, va da sé, si scrive.

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Candida Höfer, St. Gallen Library

Amo le parole di un amore che non esito ad ammettere folle, e follemente me le rigiro in mente e in bocca e tra le dita, con un piacere che ha pochi pari. Le cerco con un fare che ha del maniacale, ne indago suoni, etimologie, sfumature di significato, carattere: calzini rivoltati, mi diventano.
E non contenta poi le uso anche (magari a sproposito, beninteso), a costo di rischiare di divenir pesante, o di sembrare persino presuntuosa: poco m’importa, visto che non potrei fare altrimenti.

Con le parole io intrattengo lotte, dei corpo-a-corpo talvolta estenuanti: quando quella “giusta” non arriva, mi sfugge, si mostra in un frantume e poi dissolve, dispettosa: allora resto lì, sul fare dei tasti, esitabonda e indispettita.
Ma quando poi arriva… Ah!, quando arriva! Allora è tutto un fluire di sollievo e appagamento; la dici ad alta voce per saggiarne il suono, verifichi la melodia che intona con quelle vicine, la interroghi, ne metti alla prova coerenza e sincerità, e se davvero è lei, la riconosci. Ci gioco, insomma, e loro con me: mai una volta che mi abbian lasciata vincere :-)

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Candida Höfer, Trinity College Library

Perciò considero con inevitabile sconforto l’impoverimento a cui la lingua italiana sta andando incontro: dai vocabolari scompaiono parole bellissime e preziose per lasciar spazio ad un proliferare di anglicismi, di neologismi senz’ombra d’anima (tra cui spiccano per orribilità lemmi come “celodurìsmo”, “velinìsmo” e compagnia), e il parlare e lo scrivere si fanno sempre più ridotti, angusti tra quelle poche espressioni ormai svuotate dall’abuso che se ne fa.
E’ come avere tra le mani uno scrigno di monete d’oro e usarne solo una manciata delle più consunte e svalutate: peccato imperdonabile, ai miei occhi.

… Siete ancora lì? Ah, ok, menomale. Allora vengo al dunque ;-)

La Società Dante Alighieri, sulla scia dell’iniziativa “Save the Words” della Oxford University e in collaborazione con quattro dei più importanti dizionari italiani, lancia dunque una campagna di adozione di parole, allo scopo di «sensibilizzare il pubblico ad un uso corretto e consapevole della stesse, favorire una conoscenza più ampia del lessico, monitorare l’uso di alcuni termini, e più in generale promuovere la varietà dell’espressione nel mondo della comunicazione globale.»
Andate sul sito, scorrete le parole proposte, scegliete la vostra, o tante: adottandola (o dichiarandovene “sostenitori”, se risultasse già scelta da qualcun altro) vi impegnerete a divenire i custodi della sua sopravvivenza: a pensarla, dirla, scriverla, diffonderla, affinché non muoia. E’ nient’altro che un gioco, certo, un pretesto: ma una lingua la si salva anche così. Il bello di avere una testa è che c’è tanto di quello spazio… riempiamolo di parole!

P.S. In questo post compaiono una parola che ho adottato, e un’altra di cui sono “sostenitrice”. Chi le indovina? ;-)


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