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Demetra Dossi – Pigchic. La moda, l’amore, la sfiga

Creato il 19 agosto 2011 da Margheritadolcevita @MargheritaDolcevita

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Se Margherita Dolcevita e Demetra Dossi si incontrassero (è assai poco probabile, ma noi ce ne sbattiamo della statistica, e quando dico “noi” intendo “io”, giacché non potrei mai parlare per qualcun altro) quest’ultima, da buona giovane milanese very fashion, vomiterebbe tutto il sushi seduta stante e prenderebbe la prima, cioè la sottoscritta, a randellate invocando qualche sacro dio della moda, forse dio…r? (questa non fa ridere nemmeno me e deve avere all’incirca l’età di mio nonno in carriola)

Il solito, inutile, cappello introduttivo per spiegare che io e l’autrice apparteniamo a due mondi leggermente diversi, abbiamo interessi leggermente diversi, io non ho mai letto il suo blog (è una collega, ma molto più di successo!),  o meglio, l’ho guardato solo ultimamente, ma mi perdonerà, l’ho abbandonato quasi subito perchè ho visto solo foto di vestiti e di tizie famose (che non conosco) e non è che la cosa mi entusiasmi particolarmente, dicevo, un oceano ci divide, tanto che uno sprovveduto avventore giustamente potrebbe chiedersi: ma perché mai Margherita Dolcevita ha comprato e letto il libro di Demetra Dossi? E’ un’ottima domanda. La risposta è molto semplice: io compro qualsiasi libro femminile, chick-lit, etc etc in circolazione. E’ più forte di me. Io vedo del rosa sulla copertina, vedo un gatto, leggo la parola Pig e bum, basta, il libro deve essere mio (gli sconti su Amazon hanno fatto la loro parte).

Ecco, nonostante questo gap il romanzo non mi è dispiaciuto. Mi fa sempre impressione leggere qualcosa di una più giovane di me, nella fattispecie l’autrice ha 4 anni meno di me, probabilmente sono io che non mi rassegno ad invecchiare. Però, considerando che è un romanzo d’esordio, considerando che l’autrice l’ha scritto a 20/21 anni, considerando che io sto alla moda come Capezzone sta all’integrità morale, considerando che alla fin fine essere notate per il proprio blog e per questo iniziare una brillante carriera di scrittrici è un po’ il sogno di tutte (anche se poi non si saprebbe cosa cazzo scrivere, che è un po’ il caso della sottoscritta, quando tempo fa le proposero di scrivere un racconto, che poi infatti non ha scritto), considerando tutto questo, è un romanzo carino, fresco, senza inutili fronzoli, si legge volentieri, è ben scritto, oh ma che volete di più da un’esordiente di 20 anni? (parlo come se fossi sua zia) Insomma probabilmente non farà la storia della letteratura, sicuramente non è “Jane Eyre” o “Orgoglio e pregiudizio”, ma non penso che queste fossero le intenzioni dell’autrice. Prendetelo per quello che è e non rimarrete delusi.

Una precisazione. Quando dico che io e la moda siamo universi che viaggiano in parallelo senza incontrarsi mai (ci incontreremo all’infinito, prima o poi, o eventualmente al Roxy Bar) lo dico sul serio. Sicuramente il fatto di portare una taglia che ha tante x quante quelle di un film porno che farebbe arrossire Cicciolina non aiuta. Però io la moda non la capisco. Non capisco questa frenesia per certi capi, per certi accessori, io so cos’è una Birkin (una borsa da vecchia per cui spenderei 10€, ma solo se c’è colorata), conosco Jimmy Choo e Oscar de la Renta perchè sono onnipresenti nei romanzi che leggo, però ecco io non capisco. Io sono la prima che adora le borse (per quelle c’è la taglia unica, yay!) però già spendere più di 20€ per una borsa mi fa sentire male, in fondo è un contenitore da portarsi appresso, una specie di borsa della spesa più elegante. Così come non spenderei mai più 50/60€ per un paio di scarpe, cazzo devo pestare dove ci pestano tutti, non è che io viaggio su un sentiero privilegiato. Ma non è neanche solo questione di soldi, semplicemente non capisco, non capisco quelle che si azzuffano durante i saldi, quelle che dilapidano patrimoni interi in abbigliamento per poi piangere miseria, non capisco quelle che si mettono in lista d’attesa per una borsa (!!!), oh se non capisco non capisco, non ci posso mica fare niente.

Firmato: una che si veste perennemente in tuta stropicciata (il ferro da stiro ce l’ho ma non so dov’è, anzi sì so dov’è ma può tranquillamente restarci, affanculo), a cui fa schifo il sushi, che non è mai andata dall’estetista in vita sua,  che ha visto la parrucchiera, l’ultima volta, il 21 dicembre 2009 che l’ha tagliata e pettinata come il cadetto Marco Poggi. Mi sembrava giusto delineare un quadro più dettagliato della mia persona per dare un senso alla recensione.



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