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Dentro la favola crudele

Creato il 27 novembre 2011 da Albertocapece

Dentro la favola crudeleFino a qualche mese l’importante era non fare nulla, la nave era senza timoniere, con il comandante impegnato in cambusa con le marinaie imbarcate per la bisogna. Oggi l’imperativo è fare presto, non fare bene. Vengono rispolverate le vecchie ricette ed è chiamato a pagare chi ha sempre pagato. La necessità ha commissariato l’intelligenza, la pressione di lobby opache cerca di far entrare nei provvedimenti cose che non hanno nulla a che fare né con il bilancio dello Stato, né con la crescita, molto con il portafoglio degli azionisti, del padronato e alla fine delle banche in sofferenza.

Dio solo sa cosa c’entri lo sfascio dell’articolo 18 con la situazione finanziaria, se non come contropartita iniqua a un’eventuale  mini patrimoniale: un nobile patto peraltro già delineato un mese e mezzo fa da Della Valle cui non manca di certo la coda di sciarpa . Ma a parte questo, a parte le persone entusiaste dell’emergenza che annulla la necessità intellettuale e morale delle scelte, a parte la paura che paralizza, a parte la fascinazione del potere che ha già creato un nuovo culto in grisaglia, non so davvero se al timone ci sia un capitano di lungo corso o qualcuno che ha semplicemente letto Conrad.

Cosa stia pensando il governo non lo so, cosa si agiti nei partiti nemmeno, ma Monti ha già commesso un terribile errore volonterosamente nascosto dai media, all’incontro di Strasburgo, schierandosi con la Merkel e non con Sarkozy che chiedeva gli eurobond e la Bce come prestatore di ultima istanza. Eppure sono cose che l’Italia si dovrebbe augurare e non vorrei che tutto questo sia nato da un goffo tentativo di barcamenarsi non comprendendo che unicamente con un fronte comune dei paesi in crisi si può mettere un freno non solo al disastro, ma all’ingiustizia che ne nasce. Sta di fatto che  il cancelliere tedesco è stato molto agevolato nel far valere le sue tesi e i suoi dinieghi, ma ha anche spinto il presidente francese a tener fuori l’Italia dalle trattative per trovare una soluzione ai pasticci combinati in questi due anni.

Però ora Monti dice che bisogna fare presto per non perdere il treno franco tedesco, quando lui per primo non ha afferrato l’occasione di avere una qualche voce in capitolo. Cosa che non si ottiene schierandosi con i vasi di ferro quando si è vasi di coccio. A parte che non esiste alcun convoglio franco tedesco, ma due tesi: quella dell’Europa debole che vuole conservare il mercato unico con la moneta unica, incarnato dalla Francia e quello della Germania che vuole conservare assolutamente il mercato unico, ma è disposta a pochi sacrifici per l’euro. E oggi non sappiamo più per quale tesi propenda il governo.

Siccome non posso credere che Monti non abbia ben chiara la situazione, mi viene un atroce sospetto: che il professore voglia prima regolare i conti che il liberismo, nel quale fermamente crede, non è ancora riuscito a saldare in Italia, tenendoci sulla corda per riuscirci. Su questa strada lo sospingono a forza le potenti lobby di potere economico e finanziario ormai avvinte come un Laocoonte ai serpenti di mare a cui Monti da uomo Fiat non è estraneo (fu Agnelli a volerlo nel Cda dell’azienda torinese e Monti si sdebitò come commissario europeo alla concorrenza, permettendo aiuti di stato alla Fiat per  un totale di 0ltre 480 miliardi). Ma probabilmente anche una di quelle sindromi faustiane, non rare a una certa età, che consistono nel realizzare ciò che si è sempre praticato nella  teoria.  Una teoria peraltro al tramonto e già falsificata dalla realtà in mille casi per ciò che concerne la parte liberista e di mercato, inconsistente per un richiamo astratto alla socialità che un puro flatus vocis. Certo un bel contrasto con il recentissimo passato nel quale si voleva teorizzare tutta la pratica volgare dell’affarismo più sguaiato e immorale. Ma se la discontinuità è solo questa, un diverso stile di laissez faire, non siamo che dentro un’altra crudelissima favola.


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