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Depressione, angoscia e scarsa autostima per i giovani vittime di discriminazione

Da Simonetta Frongia

La discriminazione fa male agli adolescenti che possono sviluppare tutta una serie di sintomi che riducono la qualità della vita

Depressione, angoscia e scarsa autostima per i giovani vittime di discriminazioneI giovani vittime di discriminazione non sempre reagiscono bene e, anziché fare spallucce, somatizzano con determinati sintomi: depressione, ansia, angoscia e anche ridotta autostima.
Ecco quanto suggerito da un nuovo studio pubblicato sul Journal of Research on Adolescence.
Sono 601 i ragazzi di età compresa tra i 17 e i 19 anni coinvolti nello studio condotto dai ricercatori dell’Università della California a Los Angeles (UCLA). I partecipanti sono stati invitati a registrare, per più di due settimane, ogni evento discriminatorio o eventuali commenti negativi a loro indirizzati. Allo stesso modo, sono stati invitati a tenere d’occhio e segnalare tutti i sintomi fisici che si presentavano, come mal di testa, mal di stomaco, dolori in genere e altri. Analizzando i dati raccolti, i ricercatori hanno scoperto che più della metà dei ragazzi (quasi il 60%) ha riferito di aver avuto un’esperienza di discriminazione da parte di altri ragazzi e/o coetanei. Il 63% ha dichiarato di aver subìto discriminazioni da parte di adulti. Nel totale, il 12% ha detto di aver subìto almeno una discriminazione ogni giorno. Valutando invece i sintomi accusati si è scoperto che nei ragazzi che avevano segnalato maggiori discriminazioni, sia da parte di altri giovani che da adulti, si presentavano maggiormente dolori vari, ansia, angoscia e mostravano un grado di autostima inferiore alla media.Quello che è apparso evidente ai ricercatori è che la discriminazione può influire molto sui giovani, più di quanto si pensi. «Questi sono gli anni in cui l’identità sociale è probabilmente più saliente tra gli adolescenti che stanno lottando con la definizione di se stessi. Aggiungendovi un livello di discriminazione non è certo una cosa facile da affrontare per loro», ha commentato il professor Andrew J. Fuligni, psichiatra presso il Semel Institute for Neuroscience and Human Behaviour della UCLA.
 
Fonte: http://www3.lastampa.it/benessere/sezioni/lifestyle/articolo/lstp/332922/

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