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Descrivere e scrivere un combattimento

Creato il 01 aprile 2014 da Mcnab75

Conan

Una costante di molti miei ebook, anche se meno rispetto al passato, è il lato action.
Vale a dire: ci sono dei combattimenti, a volte anche delle battaglie campali. Oggi però ci occuperemo solo della prima faccenda (i combattimenti).
Un pregio che mi riconoscono anche i detrattori è quello di essere bravo a descrivere scene di questo tipo. E, no, non è una cosa semplice da fare. Conosco più di una persona che non legge thriller, libri d’avventura, fantasy sword & sorcery (etc etc) perché le parti di azione risultano spesso legnose e incomprensibili.
Non sto parlando soltanto di scrittori dilettanti o alle prime armi, bensì anche di veterani. Il buon R.A. Salvatore, per esempio, che del fantasy-action ha fatto un marchio di fabbrica, secondo me non è poi così bravo a sceneggiare i combattimenti, anche se essi occupano parti fondamentali dei suoi romanzi.
Ci sono delle regolette, più o meno raffinate dalla mia esperienza personale, che possono essere utili, nel descrivere scene di questo genere. Vediamo quali sono e ragioniamoci su.

Ovviamente si può anche esagerare, purché sia una cosa voluta.

Ovviamente si può anche esagerare, purché sia una cosa voluta.

  • Quasi sempre i combattimenti sono veloci e fluidi. Occorre che la scrittura trasmetta parte di questo dinamismo al lettore. Optate quindi per periodi secchi, con poche parti superflue. Non aprite un’infinità di parentesi e di sottotesti. Se c’è qualcosa da spiegare, fatelo alla fine della scena, o in un momento di pausa della medesima.
  • Abbiate un’idea iniziale di come il combattimento deve svolgersi. Non improvvisate troppo, rischiereste di prendere degli svarioni incredibili.
  • Ricordate le capacità specifiche dei personaggi coinvolti nello scontro. Se avete descritto Mario come un impiegato mingherlino dalla vita sedentaria, non potete trasformarlo di punto in bianco in Bruce Lee. La rabbia e l’adrenalina fanno molto, ma contro avversari ben addestrati è paradossale che vinca un profano, solo sfruttando la forza della disperazione.
  • Combattere corpo a corpo fa un male cane. Pugni e calci spaccano ossa, mucose, causano traumi cranici e altre piacevolezze. Se avete pretese di realismo, non descrivete uno scontro di questo genere seguendo gli stereotipi hollywoodiani.
  • Variante importantissima al punto precedente: se il vostro romanzo/racconto ha un aspetto di fiction preponderante rispetto al realismo, osate spingervi oltre. Se per esempio scrivete di supereroi, considerate che essi hanno di solito più resistenza, più forza, più capacità di incassare colpi. Quindi potete esagerare. Senza però travalicare la sottile linea che vi farebbe sconfinare nel ridicolo.
  • Usate i cinque sensi. I combattimenti non sono solo fatti di cazzottoni e calci. C’è sangue (odore e sapore), c’è sudore, ci sono i rumori delle ossa che si rompono e altri piccoli dettagli che possono perfezionare la scrittura della scena. Che siano però aggiunte secche e decise, per non violare quanto detto nel punto uno.
  • Fate uno studio preliminare dello stile combattimento del vostro personaggio, se questi ne ha uno. La mia Libby, supereroina di Due Minuti a Mezzanotte, è una maestra di Krav Maga. Mi sono studiato per bene quest’arte marziale, prima di lanciarla in azione. In tal modo ho evitato sciocchezze da dilettanti. Che poi, visto che non dovete prendere la cintura nera, vi bastano le giuste ricerche su Wikipedia, e consultare qualche video su YouTube.
Elisabetta, la mia personale trainer di Krav Maga.

Elisabetta, la mia personale trainer di Krav Maga.

Se poi ci sono di mezzo armi da fuoco, la lista di consigli va inevitabilmente ad allungarsi. Visto che questo è un articolo di blog, e non un manuale, mi limito a pochi altri suggerimenti.

  • In uno scontro a fuoco c’è poco tempo per pensare. Quando una pistola fa fuoco, il bersaglio non può elaborare chissà quali strategie per schivare il colpo e per organizzare un contrattacco. Lo farà semmai nel momento successivo, se è ancora vivo.
  • Armi e munizioni hanno dei nomi e dei calibri. So che molti non amano il citazionismo di marche e modelli di fucili, pistole etc, ma io l’ho sempre trovato un bel modo per evitare la ripetizioni di termini generici (appunto: fucile, pistola e via discorrendo). Il consiglio è di usare i termini tecnici, purché abbiate almeno un’infarinatura di base. Scrivere “Beretta” al posto di “pistola” rende meglio, se sapete com’è fatta una Beretta. In ogni caso consiglio di non abusare nell’iper-elencazione di loghi, marche, calibri etc.
  • Proiettili e cartucce fanno un male boia, e procurano danni estesi. Pensateci, prima di far sopravvivere un tizio che si è beccato una raffica di fucile d’assalto alle gambe. Probabilmente avrà le ossa spappolate e un’emorragia letale. Anche in questo caso, Hollywood è una cattiva maestra.
  • Fatevi una piccola cultura in materia. Odio i fanatici delle armi, che vi sanno citare quale cazzo di fucile utilizzava l’esercito francese in Niger, nel XIX secolo. Però, se avete intenzione di scrivere un romanzo/racconto in cui ci sono dei combattimenti rilevanti per la narrazione medesima, fate qualche ricerca in merito. Eviterete l’intervento del solito maniaco delle armi, pronto a gettarvi in pasto alle belve perché avete scambiato una semiautomatica per un revolver (cosa che mi è capitata di leggere, e in effetti sì, suonava piuttosto male).
Fluidità della scena.

Fluidità della scena.

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(A.G. – Follow me on Twitter)


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