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Di bimbi ed altri animali domestici

Creato il 24 dicembre 2012 da Alby87

Il bambino è forse la vittima prediletta della modernità, nel senso che quando si voglia distruggere un essere umano, come hanno compreso le varie lobby mediatiche del nostro tempo, bisogna sfruttare il momento in cui è bambino.

La fase dell’infanzia rappresenta il momento della debolezza dell’uomo. Di norma nella storia la debolezza è sempre stata valutata meno della forza, e dunque il debole e l’incapace hanno sempre ricevuto cura e attenzioni, ma non stima e autorità. Il nostro tempo è abbastanza un’eccezione: oggi nessuno si sente empatico con la forza e con il potere, è un fatto culturale. Oggi il metodo migliore per ottenere una vita decente, seppur priva di ambizioni, grandi scopi o sogni di gloria, è ritenuto essere invocare soccorso e pietà; ostentare la propria debolezza è dunque uno strumento di (micro)potere. Ed è l’unico strumento che possieda il bambino, ragion per cui l’uomo moderno si identifica in questi molto di più che negli altri adulti: si sente debole, impotente, vittima in balia di forze maggiori, esattamente come il bambino. E non si limita dunque a dare attenzioni e cure al bambino con lo scopo di farne un adulto, ma ne sacralizza la figura, con cui si identifica, astraendola dal tempo e dalla crescita, facendone un angelo, un essere ultraterreno, una piccola divinità.

I bambini son sopra di tutto, lo sentiamo dire continuamente, è una retorica così usata da esser diventata banale e a mio avviso anche alquanto nauseante. Quando vogliamo screditare qualcuno, specialmente le minoranze sessuali, diciamo che rappresentano una minaccia per i bambini, che possono contaminarli e strapparli all’innocenza; esattamente come quando vogliamo screditare gli stranieri dicendo che stuprano le nostre donne (nostre perché sono di nostra pertinenza e proprietà).

Quello che si fa al bambino oggi è su per giù quello che si faceva alla donna nel medioevo: la si santificava, la si elogiava fino a farne un’ideale di bontà, bellezza e purezza, se ne faceva un’immagine sacra, la vergine Maria. Ma come notava Jung, ad una tale elevazione della donna “spirituale” corrispondeva per compensazione e conseguenza un abbassamento della donna “fisica” e reale. Una donna fisica non ha sogni più alti e puri di un uomo, e come un uomo non vuol vedersi dedicati templi in cui diventare una bella statuina vergine, preferisce scopare. E allo stesso modo oggi il bambino non vuole essere preservato come un puttino alato nell’eterno splendore dell’ “innocenza” (che non è poi così innocente), ma vuole diventare grande.

Ma perché i bambini dovrebbero venire prima di tutto o essere considerati migliori? Perché questo sgradito privilegio di santità è loro concesso? Non dovrebbe venire prima un adulto di un bambino, uno che è già stato bambino e si è guadagnato ciò che ha, che lavora, che studia, che rende il mondo migliore (parliamo di un adulto per bene, ovviamente, così come parliamo di un bambino che non decapita le lucertole)? Pare di no, pare che intorno ai bambini ci sia una sorta di alone di candore. Ovviamente a conferir loro quest’aura di santità altro non è che la cosiddetta “innocenza”. Si tratta di quella incapacità immatura di capire il senso del male, che secondo il sentire comune in un qualche modo “purifica” e rende estranei al male stesso, e che, sempre secondo la retorica comune, non è posseduta dai bambini. L’innocenza è la peculiarità del bambino, che in virtù di essa è visto non come un uomo in fieri, ma come una sorta di essere alieno, di piccolo magico peluche con suoi particolari poteri e doti. Come nella canzone di Povia: i bambini fanno ooh; mica come gli adulti, gli adulti non fanno ooh, i bambini sono diversi e migliori in virtù dell’innocenza, ovvero dell’inconsapevolezza.

Ma è giusto dire che chi è innocente è estraneo ai mali del mondo? Ed è vero che il bambino è tanto innocente?

La verità è che i bambini quanto a consapevolezza non sono nulla di speciale o di diverso da un animale, la differenza sta nel loro essere futuri adulti.

È vero che le particolari proporzioni del volto dei bambini, e i loro comportamenti, e le espressioni per cui sono biologicamente programmati tendono naturalmente a suscitare il senso di “tenerezza” e la voglia di fornire loro cure e attenzioni, ma questo può farlo benissimo, e in effetti lo fa, anche un cagnolino. Se i bambini non avessero in sé questa potenzialità di diventare adulti, se non portassero il seme della pienezza dell’umano, non basterebbe il loro esser dolci e carini a farli salire nella nostra considerazione al di sopra di un barboncino. La tanto decantata innocenza è una caratteristica non umana, ma animale. E i bambini se non fossero destinati a crescere sarebbero a tutti gli effetti animali e non-persone; non a caso chi non può avere figli spesso trova consolazione nell’acquist

bimbo-cane

o di un cane, che alla fin fine ci somiglia. Il cane è un bambino che non cresce mai, e se parliamo di innocenza è anzi seriamente avvantaggiato rispetto al bambino; l’animale domestico è un angioletto, una creatura pura, così pura che all’occorrenza possiamo anche castrarla e preservarla così, astratta e incontaminata, per sempre, mentre sul bambino incombe inevitabile l’ombra dell’età adulta con la sua corruzione, col suo frutto proibito.

In realtà l’innocenza non è il bene, ma la stoltezza, la mancanza del discernimento, che poiché non conosce giustizia ed errore può con pari efficacia servire il bene e il male. O forse più efficacemente il male … Non per nulla due classici dell’horror sono il mostro ritardato ed infantile, e il bambino diabolico, ovvero i casi in cui la crescita è stata alterata e l’innocenza è messa al servizio del male. No, il bene non è nell’innocenza, ma nella libera e consapevole scelta di un comportamento specifico, e la perdita dell’innocenza dovrebbe essere ordinariamente considerata un progresso, in questo senso. L’adulto è lo scopo, l’adulto è meglio del bambino, perché se, e dico SE è cresciuto come si deve, ha in sé TUTTO quello che era il bambino, e in più tutto quello che il bambino non aveva: intelligenza, esperienza, sessualità, maturità emotiva. Tutelare il bambino è contemporaneamente e necessariamente tutelare anche un adulto, non esiste e non può esistere contraddizione. Sarebbe dunque intrinsecamente stupido mettere in contrasto il benessere del bambino e quello del genitore o dell’operaio o dell’omosessuale o di qualche altra categoria, visto che un giorno il bambino sarà un adulto e forse un genitore, o un omosessuale, o un’operaio o quel che si vuole.

E noi adulti coscienziosi, incapaci di renderci conto di questa essenziale verità, e cioè che l’inconsapevolezza “innocente” è semplicemente una fase che DEVE essere superata o si trasforma in patologia sociale, in alcuni casi ne facciamo addirittura un vanto. E così io, adulto, sono inconsapevole e ne sono fiero perché sono puro come un bambino, e quindi posso entrare nel Regno dei Cieli. Mentre in realtà dovrei vergognarmene, perché non perdoniamo ad un adulto ciò che perdoneremmo al bambino; e come un bambino con troppo potere e troppa passione nelle mani, se sono immaturo in realtà faccio anche errori mostruosi, che possono rovinare la vita mia e degli altri.

In più, per rispondere alla mia seconda domanda che mi ponevo più sopra, e cioè se sia vero che i bambini sono innocenti, tutto questo apparato di pensiero oltre a essere orrido è anche profondamente lontano dai fatti. Se i bambini fossero davvero inconsapevoli, avremmo ben ragione di aver terrore di loro. In realtà, invece di ripararci dietro ad un doppio errore per vincere il terrore (i bambini sono inconsapevoli, e l’inconsapevolezza è una cosa buona), potremmo più semplicemente rifugiarci nella verità: i bambini non sono completamente privi della consapevolezza. Freud tentò di dimostrarlo, ma non riuscì a sradicare l’idea del bambino “innocente”… così il bambino di Freud divenne solo un bambino innocente ma con tratti adulti, e quindi ancora più terrificante. I genitori di oggi, invece di imparare da Freud che i bambini non sono innocenti, hanno visto in essi ulteriori fantomatiche innocenze da “proteggere”.

Proteggere da cosa? Da tutto, a questo punto; da qualsiasi forma di consapevolezza. La sessualità ad esempio è una delle prime minacce, per cui il bambino che si masturba è “perverso”, Aldo Busi che a otto anni cerca i rapporti con gli adulti è “perverso”, la ragazzina puttanella di 14 anni invece merita un atteggiamento “protettivo”… vi lascio indovinare protettivo da cosa. Si, avete indovinato: dal sesso. Ma ovviamente non è tutto qui… il sesso è la minaccia principale all’innocenza, ma ce ne sono comunque molte altre. La rappresentazione della violenza, della morte, della sofferenza. Devono essere tutte attentamente evitate. I grandi educatori nostrani, come i bravi genitori cattolici del MOIGE, sanno bene come eliminare tutte queste mostruosità (salvo l’assoluta inadeguatezza dei loro interventi), perché devono salvaguardarne una ben più grande: l’orripilante, terrificante, abominevole mostruosità dell’inconsapevolezza, in ossequio alla quale le semplici verità della vita, belle (come il sesso) o brutte (come la morte) che siano devono essere eliminate.

Eppure se pensiamo davvero a chi sono i grandi, noti per avere davvero interpretato il mondo, anzi, i mondi dell’infanzia, vedrete che nessuno di loro tesse le lodi dell’innocenza. Penso a due su tutti, Antoine de Saint-Exupery e Lewis Carroll.

Se leggete Il Piccolo Principe, vi accorgete subito che il bambino protagonista ha già in sé tutto un mondo adulto, con tutti gli amori, le amicizie, le aspirazioni e le paure degli adulti. Perfino la dedica è un gioco di rimandi fra età adulta e età infantile. Ah, il Piccolo Principe alla fine muore, ma è un libro adattissimo ai bambini lo stesso.

Quanto a Carroll, fu addirittura accusato di essere un pedofilo, accusa cui i suoi amanti rispondono affermando che invece era un grande difensore dei diritti dell’infanzia. Ancora una volta il mito dell’innocenza si fa avanti a proteggere… non so cosa, se non se stesso, dalle minacce della verità. Che Carroll fosse pedofilo non impedirebbe certo che fosse un attivista per i diritti dell’infanzia, né che avesse grande rispetto per le bambine che tanto amava. Sfugge il fatto che probabilmente il fatto stesso che fosse pedofilo lo aiutava a comprendere meglio degli altri il mondo dei bambini e quella particolare forma di consapevolezza in embrione che in esso risiede…

Già, ciò di cui i paladini dell’innocenza ad ogni costo non si rendono conto è che non è certo la passione innocente di Carroll per la compagnia delle bambine a stare alla base della pedofilia, ma è quel feticismo del bambino innocente, sin qui descritto, e questo perché rappresenta la preferenza per l’immaturo, per l’incompleto, per ciò che è ancora in corso d’opera rispetto all’opera compiuta, che nell’attrazione pedofilica viene a sessualizzarsi.

Mentre oggi si fa all’apparenza lotta senza quartiere alla pedofilia, la realtà è che essa viene coltivata accuratamente e inconsapevolmente costruendo un’immagine del bambino falsamente innocente e falsamente desiderabile. È un vecchio adagio della sessuologia spicciola che si desideri sempre ciò che rappresenta per noi la diversità, e l’insistenza sulla diversità del bambino non fa in questo senso che alimentarne la sessualizzazione. L’idea di far sesso con il bambino non dovrebbe essere tanto disgustosa quanto noiosa, non-interessante perché il bambino non ha niente che possa interessare sessualmente all’adulto, che l’adulto già non possieda come figura spirituale. Questo genera il disinteresse che è la morte di ogni interesse sessuale, non il senso del disgusto. Questo è anzi costruito attraverso un senso della purezza che l’atto sessuale contaminerebbe, e quindi attraverso la messa in scena di un tabù. Ma ogni tabù porta con sé l’attrazione ed il morboso …

"Jerry Polemica", alias Marcello Macchia, in un divertente video sul "problema" della crescita...

Ma questi sono solo effetti collaterali, che chi ha creato questa situazione tollera senza difficoltà.  Colui che usa il bambino come un’arma non si interessa mai realmente del suo benessere. E il potere ha ragioni ben precise per gradire la finta glorificazione del bambino, perché è parallela alla glorificazione dell’ “agnello” e infine della “pecora” di cui parlava Nietzsche: chi vuole governare vede sempre il proprio compito semplificato dall’avere a che fare con un popolo di bambini, che potrà facilmente essere comandato con qualche caramella ed un righello, così come le pecore possono essere comandate con un po’ d’erba e un cane da pastore.

Ma c’è anche un aspetto divertente in tutto ciò, e cioè che chi usa con tanta leggerezza il bambino come una mazza da dare in testa ai suoi “nemici” (o meglio ai nemici della propria supremazia) quasi mai si rende conto di aver spianato la strada a chi userà il bambino, o meglio, l’immagine mostruosa e artificiale del bambino che abbiamo analizzato sinora, contro di lui.

Lo scandalo pedofilia in seno alla Chiesa è un classico esempio di come il bambino innocente e indifeso possa essere usato per screditare un’intera categoria o istituzione … e l’equilibrio etico di questi accadimenti è veramente mirabile, visto che la Chiesa è da sempre una delle massime utilizzatrici del “bambino come arma”. La loro scarsa lungimiranza garantirà probabilmente molte e molte sconfitte ancora … i vescovi sono oggi bambini troppo cresciuti, e pensano che elogiare lo stato del bambino garantirà loro il potere. Ciò che non vedono è che il bambino al giorno d’oggi, caricato del peso della “santità”, è probabilmente la figura fisicamente più maltrattata, asservita e vilipesa della storia. E come loro cercano di usare i bambini per i propri scopi, loro, bambini troppo cresciuti, saranno usati per lo scopo di qualche adulto senza troppi scrupoli.

Crudeli equilibri della natura.

Vi lascio infine, con questa piccola nota comica, perché una risata spesso dice più di mille parole …



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