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Di discriminazioni letterarie e di leggere un po' quel cavolo che ci pare.

Creato il 23 giugno 2014 da Lalettricerampante
Non sono mai stata una fervente femminista. Mi rendo conto che questo mio esordio forse farà storcere un po' il naso, ma è quello che effettivamente sento. Nel senso che è ovvio che ci debbano essere gli stessi diritti tra uomini e donne. Tra tutti gli esseri umani, indipendentemente dal sesso, insomma. Ed è ovvio che una donna non dovrebbe mai essere discriminata perché fisicamente più debole rispetto a un uomo, o perché un giorno potrà rimanere incinta o lo è rimasta in passato. Non penso nemmeno che sia il caso che io specifichi queste cose. Però, ecco, ad esempio, alla recente proposta di legge in Parlamento per l'introduzione delle quote rosa io avrei votato no. Non perché non voglia lo stesso numero di uomini e di donne in Parlamento, ma perché se viene imposto da una legge, secondo me, non vale poi molto. Uno dovrebbe entrare in Parlamento per i suoi meriti (sì, lo so, fa ridere anche me questa frase), non in base agli organi genitali di cui madre natura l'ha dotato. Se serve una legge perché questo succeda, beh, per me rimane un grande fallimento nella parità di diritti.

Di discriminazioni letterarie e di leggere un po' quel cavolo che ci pare.

Illustrazione di Adolfo Serra

Ok, mi sa che è ora che smetta di divagare e spieghi cosa vorrei provare a scrivere in questo post, che mi sta frullando in mente da quando ho letto sul blog Le mele del Silenzio di Andrea (blog che vi consiglio caldamente di seguire, che il ragazzo legge davvero dei bei libri) il suo pensiero in riferimento all'articolo comparso qualche giorno fa su la 27ora del Corriere, e in particolare ai commenti che ne sono seguiti. L'articolo in questione, che, diciamolo subito, mi è parso molto frettoloso e superficiale, denunciava una qualche discriminazione nei confronti delle scrittrici da parte dei lettori uomini che tendono a preferire romanzi scritti da persone del loro stesso sesso. Parla di suoi amici lettori che pensano che le donne scrivano solo romanzi stucchevoli e melensi, di premi letterari che premiano sempre e solo uomini (chi ha vinto il Pulitzer quest'anno? Donna Tartt. E due anni fa? Jennifer Egan. E il Bancarella l'anno scorso? La Premol... vabbè, forse questa non vale per confutare la tesi), e di classifiche di vendita in cui i libri scritti da uomini sono più venduti di quelli scritti da donne, e questo è sicuramente colpa degli uomini.
La cosa buffa è che proprio qualche giorno prima che uscisse l'articolo (che, ammetto, inizialmente avevo un po' ignorato) e che Andrea pubblicasse il suo post, ho guardato le mie letture degli ultimi mesi e mi sono resa conto che si trattava prevalentemente di romanzi scritti da uomini. Ho letto anche autrici eh, ma in misura minore. Non chiedetemi perché, perché non ne ho proprio idea. Anche perché io leggo un libro in base a se questo mi ispira o meno, indipendentemente da chi ne sia l'autore. E, onestamente, credo che faccia così la stragrande maggioranza di lettori appassionati. Leggo ciò che immagino mi possa piacere, che l'abbia scritto un uomo, una donna, un cane, un gatto o una giraffa onestamente non mi cambia di nulla (ok, se sapete di un libro scritto da una giraffa vi prego di farmelo sapere, che sarei proprio curiosa).Qualche autrice donna che ho scoperto di recente e di cui sono follemente innamorata c'è, ovviamente. La Munro, scoperta grazie al Nobel qualche mese fa ed entrata di diritto nella mia top 5 di scrittori preferiti, o Miriam Toews o Elena Ferrante.
Però, sì, lo devo ammettere, credo di leggere principalmente uomini. Il fatto è che non riesco nemmeno a capire cosa ci possa essere di male, in questo. Né perché si debba per forza cercare di fare una questione di discriminazione anche nei gusti letterari di ognuno. Le scrittrici brave ci sono, proprio come ci sono gli scrittori bravi. Le scrittrici mediocri ci sono, e idem gli scrittori mediocri. Se sono nello stesso numero, onestamente non lo so. 
Per scrivere un post come quello comparso sul Corriere, a cui  si sapeva che inevitabilmente sarebbe seguiti commenti spiacevoli e sessisti, perché di gente spiacevole e sessista è purtroppo pieno il mondo, secondo me, bisognava innanzitutto aver chiaro di quali libri si volesse parlare. Se di letteratura o se di semplice intrattenimento. Perché onestamente, anche fosse vero che tutti gli uomini non leggono autrici donne, non mi sentirei di biasimarli di fronte all'ultima trilogia porno o all'ultimo pasto da Tiffany giunto in libreria (sto aspettando che esca un "In bagno da Tiffany", quello sì che lo comprerei). Nemmeno io, donna, riesco a leggerli certi libri. E anche volendo, non si può negare (perché bisognerebbe farlo, poi?) che siano indirizzati principalmente a un pubblico femminile. Se i lettori uomini non li leggono, non penso sia per discriminazione ma perché semplicemente quello che viene raccontato li annoia. Che ci sia una sensibilità diversa, tra uomo e donna, è inutile negarlo. Così come c'è anche tra ogni donna, ogni uomo, tra tutti.

Di discriminazioni letterarie e di leggere un po' quel cavolo che ci pare.

Illustrazione di Miles Hyman

Certo, è sbagliato che si identifichi tutta la letteratura femminile con i romanzi rosa da supermercato. Con il puro intrattenimento, se torniamo alla distinzione che facevo prima. Perché è ovvio che Alice Munro o Jennifer Egan o Agota Kristoff o Aimee Bender o la nostra cara Elena Ferrante non abbiano assolutamente nulla a che fare con E. L. James o con la Kinsella (così come Fabio Volo e Moccia non hanno assolutamente nulla a che fare con Murakami, Auster e Roth). E se qualcuno pensa che la letteratura femminile sia quella, beh, più che discriminatorio mi sembra semplicemente poco informato, poco propenso ad andare oltre a quello che gli viene sbattuto davanti (ok, lo ammetto, stavo per scrivere imbecille, ma mi sono trattenuta).
Quello che più mi irrita, in un articolo del genere, è il cercare necessariamente di accusare, di cercare discriminazioni anche dove, onestamente, non ce ne sono. O almeno, non ce ne sono dal punto di vista dei lettori, secondo me. Leggo quello che più mi piace, quello con cui ho più affinità... e non per niente la maggior parte dei commentatori del post dice che non guarda chi sia l'autore del libro che sta comprando.
Discorso diverso sarebbe invece se parlassimo di una qualche discriminazione da parte degli editori, che preferiscono pubblicare libri scritti da uomini anziché libri scritti da donne. O che dedicano più spazio ai romanzi di scrittori invece che a quelli di scrittrici. Succede? Non lo so, onestamente. Non ho le basi, né le fonti per poterlo dire.
Forse sono ingenua, sono io che non vedo il problema e, più che altro, che trovo del tutto indifferente se il nome in copertina sia maschile o femminile. Ma sinceramente accusare gli uomini di leggere solo gli scrittori uomini, di avere pregiudizi, basandosi su dati di classifica (ma poi, se io compro un libro e poi dopo lo legge anche il mio ragazzo o mio fratello, come viene conteggiato?) e amici per cui Jane Austen e Liala sono la stessa cosa, mi sembra una grande boiata.

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