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Diaz –Don’t Clean Up This Blood

Creato il 19 aprile 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale
di Simona Zecchi
Dopo anni di silenzio condito solo da qualche informazione giudiziaria tra l’omicidio Giuliani, le responsabilità dei manifestanti, e i poliziotti coinvolti nella “macelleria messicana”, esce il film sugli eventi che più hanno insanguinato il G8 2001. Il blitz alla Scuola Diaz e i soprusi alla caserma Bolzaneto avvenuti la notte del 21 luglio che ha prodotto 93 vittime. Una visione per stomaci forti ma necessaria

Diaz –Don’t Clean Up This Blood Il cinema che scava nella memoria e tra le coscienze, dopo anni di silenzio interrotto da una serie di produzioni commerciali e alcune dimostrazioni d’autore, torna finalmente dirompente: film politici (come Romanzo di una Strage di Marco Tullio Giordana, uscito nelle sale da pochi giorni) o a prova di attualità come in Acab –All Cops are bastard, di cui vi abbiamo parlato qui a Notte Criminale.
 Generi diversi tra loro ma che scandagliano nei fatti torbidi di cronaca e di storia e la cui parola FINE ancora non appare dopo i titoli di coda infinita qual è quella della cronaca giudiziaria. 
Diaz – Non pulite quel sangue, per la regia di Daniele Vicari e la produzione di Domenico Procacci – Fandango - già premiato al Festival di Berlino (erroneamente tradotto in Italia all’infinito - non pulire - e invece no la frase è un’esortazione corale a non rimuovere quella “macelleria” dalle coscienze, quel cumulo di sangue sparso). 
E “macelleria messicana” è stata l’espressione precisa usata dal vice questore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma Michelangelo Fournier tra i 28 poliziotti imputati (su 400 circa che hanno fatto irruzione nelle scuole Diaz, Pertini e Pascoli di Genova mentre era in corso il G8), che in parte ammise le violenze ma che cercò di sminuire le responsabilità personali dei suoi uomini su ciò che è accaduto. 
Diaz –Don’t Clean Up This Blood Fournier allora guidava il VII gruppo i cui uomini, insieme a Digos e agenti della mobile, irruppero nella Diaz mentre i carabinieri cinturavano l’edificio. Fournier, dichiarerà ai PM nel corso delle prime indagini: “Intorno alla ragazza per terra c'erano dei grumi che sul momento mi sembrarono materia cerebrale. Ho ordinato per radio ai miei uomini di uscire subito dalla scuola e di chiamare le ambulanze" (Fonte La Repubblica 13-06-2007). 
Questa scena nel film viene letteralmente trasposta da Vicari, con l’interpretazione asciutta ma efficace nel linguaggio del corpo e degli sguardi di Claudio Santamaria, che riesce a trasmettere l’orrore da lui percepito al momento del suo arrivo, quando i suoi uomini avevano già usato quasi tutta la forza nel tonfa su ragazzi, anziani, giornalisti e passanti decisi a restare a dormire quella notte. 
Ma Fournier/Santamaria non è il buono e probabilmente non lo è stato nemmeno nelle intenzioni del regista Vicari. Fournier/Santamaria è solo chi aveva forse più lucidità di tutti e un briciolo di coscienza per comprendere che la rabbia che si era anteposta alla missione (quale poi ancora non è chiaro nonostante siano passati 11 anni) aveva preso la mano e accecato gli occhi dei suoi uomini. 
Diaz –Don’t Clean Up This Blood Certo del personaggio si registrano anche le intuizioni da lui avute, nel ricevere gli ordini, sulle reali intenzioni del vertice che, come anche gli atti giudiziari hanno registrato, ha preparato quel blitz sin nei particolari, alla ricerca di ‘feroci’ manifestanti (i Black Bloc su tutti, il cui ruolo però nel film non è descritto a pieno). 
Il film è un susseguirsi sapiente di flashback narrativi, a seconda dei punti di vista dei protagonisti: il giornalista italiano della Gazzetta di Bologna/ Elio Germano, lo stesso vice-questore, l’anarchica tedesca Alma, testimone reale che non ha voluto comparisse il suo vero nome, interpretata dalla bravissima Jennifer Ulrich: l’anarchica decide di occuparsi dei dispersi insieme a un italiano e le torture da lei subite vengono raccontate con l’effetto di tanti pugni allo stomaco. 
Torture dimostrate ma non punite perché il reato in Italia non è contemplato nel nostro codice penale. E’ un movimento, quello delle scene, capace di catturare il ruolo di tutti senza fare di ogni erba un fascio lasciando incollati al video non per il gusto della violenza ma per il diretto rapporto che la memoria di quei giorni scatena e fa riflettere. 
Diaz –Don’t Clean Up This Blood  Oltre ai flash back narrativi, le immagini si incastrano e alternano con i filmati del tempo quelli riportati dai manifestanti stessi attraverso videocamere e telefonini, anche lì altro punto di vista il cui filtro personale però viene reso oggettivo dalle violenze che scorrono da entrambe le parti durante la manifestazione; allo stesso modo le violenze di una sola parte presso la Scuola Diaz nella “zona rossa” sono rese oggettive e obiettive perché uniche. 
E’ solo grazie a questi filmati, infatti, se qualcuno dei responsabili nella realtà ha pagato. Come ad esempio quando nel 2002 tramite alcune foto e riprese viene svelata la reale provenienza delle molotov “trovate” durante il blitz. E’ il vice questore Pasquale Guaglione a riconoscerle rispondendo agli interrogatori. 
L’inchiesta, portata coraggiosamente a termine dal giornalista inglese, Mark Covell, vittima stessa di quella notte, viene ribattezzata “London Investigation”. Nel film il ruolo della stampa ha il volto di Elio Germano, Luca che decide di non rimanere dietro la scrivania della redazione e va a sue spese, perché non inviato ufficiale, a seguire gli eventi dopo che la morte del 23enne Carlo Giuliani aveva catalizzato la massima attenzione della stampa tutta. 
 Diaz –Don’t Clean Up This Blood Poi c’è Nick/Fabrizio Forgione un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell’economista Susan George il cui video compare spesso durante il film a sottolineare i contenuti e le contrapposizioni interni al G8. E infine Etienne e Cecile i due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei giorni che nella notte fatidica si salvano nascondendosi in un bar lì vicino. 
Le loro esistenze si incontrano tutte dando un quadro eterogeneo delle varie categorie coinvolte dove l’unica vincitrice resta la violenza. Il racconto di Vicari non fa ovviamente un excursus approfondito sulle iniziative che erano state indette in quei giorni (tra il 16 e il 21 luglio) come contestazione al vertice in corso dal Genoa Social Forum e per questo il suo leader, Agnoletto, ne ha fatto una critica netta denunciando le mancanze del film. 
Non lo fa perché il focus del film era un altro, dichiarato, e pretendere che tutti gli aspetti siano passati sotto l’ingrandimento del racconto cinematografico è utopico. Un regista sceglie un fatto e ne racconta i risvolti: una libera interpretazione anche se in questo caso per il fatto in sé poiché basato sugli atti giudiziari molto precisa e vicina alla realtà. 
Diaz –Don’t Clean Up This Blood  Il regista ha affermato che la consegna della sceneggiatura all’attuale capo della Polizia Antonio Manganelli è stato un atto di trasparenza, come a voler dire:”non nascondiamo le nostre intenzioni a nessuno”. L’incontro richiesto dal produttore a Manganelli non è tuttavia seguito. 
Resta però almeno curioso se non inquietante l’aneddoto sulla circolare interna emessa dal Ministero il 15 marzo e pubblicata nel sito del Sindacato lo scorso 3 aprile che esprimeva il divieto agli agenti di rilasciare interviste se non preventivamente autorizzate. (Documento dal sito COISP) 
 Il film è stato quasi interamente girato in Romania, a Bucarest, a causa dell’accoglienza ostile che ha incontrato in Italia, come dichiarò tempo fa il produttore Domenico Procacci visto che né Rai né Mediaset con cui Procacci collabora abitualmente hanno dato il loro appoggio. 
 Nel film mancano i nomi dei vertici della Polizia coinvolti: ll capo dell'anticrimine Francesco Gratteri, l'ex comandante del primo reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini, l'ex vicedirettore dell'Ucigos Giovanni Luperi (oggi all'Agenzia per le informazioni e la sicurezza interna), l'ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola (ora vicequestore vicario a Torino) l'ex vicecapo dello Sco Gilberto Caldarozzi, l’allora capo della Polizia Gianni de Gennaro (attuale direttore dell’Asi, l’organismo che coordina i servizi segreti dell’Aisi e dell’Aise) che la sentenza dello scorso giugno aveva condannato a un anno e 4 mesi di reclusione per istigazione alla falsa testimonianza, ribaltando l’assoluzione in primo grado. Poi l’esito finale a Novembre 2011 la cassazione assolve De Gennaro e Mortola “perché il fatto non sussiste” 
 Se è vero che le sentenze non si contestano è vero altresì che si possono giudicare come quanto meno insufficienti a spiegare, a far capire ed elaborare come “la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”, secondo quanto dichiarato da Amnesty International sul massacro alla Diaz e le torture alla caserma Bolzaneto (come anche le note del film che scorrono ricordano) possa essere stata gestita come serie di episodi violenti di “poche mele marce” senza capo ma con titoli di coda ancora una volta non chiari. 
Come non è tuttora chiara la vicenda del carabiniere Mario Placanica inizialmente accusato dell’omicidio Giuliani il cui ruolo se di vittima o carnefice rimane sfocato rendendo l’ingiustizia reale per tutti.

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