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Dicembre 2015: COP 21 – Conference Of the Parties, Parigi 2015 – Parte 2

Creato il 05 gennaio 2016 da Postik @postikitalia

di Mauro Rubino

Dicono che è stato un successo. Dicono che questa conferenza ha segnato una svolta. Io resto scettico.

Ricapitoliamo: Tutti gli stati che aderiscono all’ONU e all’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) si sono incontrati a Parigi dal 30 novembre al 11 dicembre per concordare meccanismo di riduzione delle emissioni di CO2. Era la 21ima volta che si incontravano.

Le nazioni hanno scritto un accordo (il Paris agreement) che dovrebbe vincolare gli stati a mantenere l’aumento della temperatura globale sotto 2 °C. C’è (addirittura!) un riferimento a sforzarsi di mantenere l’aumento di temperatura entro 1.5 °C. EUREKA!

Per il momento, io resto scettico. Perché? Ecco i motivi:

  1. l’accordo non è stato ancora ratificato. Sarà aperto alla ratifica dei vari stati dal 22 aprile 2016 al 21 aprile 2017 nelle mani del segretario generale dell’ONU;
  2. i controlli dell’abbassamento delle emissioni saranno effettuati per la prima volta nel 2020;
  3. ogni stato decide di quanto ridurre le proprie emissioni (in inglese si parla di “Intended Nationally Determined Contributions“);

ma soprattutto

  1. non c’è scritto da nessuna parte COME gli stati faranno a ridurre le proprie emissioni!

Perdonatemi, ma con l’esperienza che abbiamo alle spalle, un po’ di sano scetticismo mi sembra il minimo. Già con il Protocollo di Kyoto si era cercato di trovare un accordo vincolante. Alcuni tra gli stati più importanti in termini di emissioni (come Stati Uniti ed Australia) non lo ratificarono. A Copenhagen nel 2009 si incominciò a parlare di limite massimo di aumento della temperatura di 2 °C. A parte che questo numero serve più che altro a determinare un tetto massimo di emissioni, dato che ci saranno conseguenze “pericolose” con un aumento di temperatura anche inferiore ai 2 °C, non sembra che le nazioni siano, fino a qusto momento, sulla strada giusta per raggiungere l’obiettivo dichiarato. Il 2015 è cominciato con l’inverno più caldo ed è finito come l’anno più caldo da quando si misura la temperatura dell’atmosfera. In California si è avuto uno dei più lunghi periodi di siccità mai registrati negli Stati Uniti. Il ciclone tropicale Patricia si è trasformato in un uragano, con venti fino a 320 km all’ora, e la penisola araba è stata colpita da due cicloni consecutivi, un evento mai accaduto nella regione.

Abbiamo già emesso due terzi del totale di CO2 che assicurerebbe almeno il 66 % di probabilità di limitare l’aumento di temperatura a 2 °C. Il raggiungimento degli obiettivi dichiarati si basa sull’assunzione che le tecnologie in grado di rimuovere CO2 dall’atmosfera (in inglese Geosequestration technologies) saranno in grado di fornire un contributo significativo nei prossimi decenni. Tuttavia, non c’è nessuna certezza che gli impianti pilota sviluppati fino ad ora potranno essere estesi su larga scala a breve.

Nonostante il mio scetticismo, ci sono anche segnali che danno speranza. Per esempio, nel 2015 per la prima volta le emissioni globali sono cresciute dello 0.6 %, mentre erano cresciute del 2.4 % nella decade precedente. Quello che rende il fenomeno unico è il fatto che l’economia mondiale è cresciuta. In precedenza, un simile stallo delle emissioni si era avuto soltanto durante gli anni della crisi finanziaria-economica. Per la prima volta, quindi, assistiamo ad uno scoppiamento (in inglese decoupling) del tasso di emissioni di CO2 e del tasso di crescita economica. Pare che il motivo principale dello stallo delle emissioni sia un aumento delle fonti rinnovabili in Cina, con conseguente diminuzione dell’uso del carbone. Quindi, se il 2015 è stato un anno pieno di estremi climatici, il 2016 potrebbe essere l’anno in cui la società decide di invertire la rotta.

Speriamo. Io, intanto, resto scettico.

Mauro Rubino

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Vignetta Joep Bertrams by CagleCartoons.com


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