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Diciotto anni dopo

Creato il 10 marzo 2016 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1
Diciotto anni dopo
Qualche passo indietro, e sulla strada una vecchia Morgan. Come a voler dire che il cinema, come la vita, altro non è che un bel viaggio. A volte incredibile che supera l'oceano, altre invece tanto modesto da restare tra le mura domestiche, sempre lo stesso. Cinque anni dopo, una Giulia, e il terzo passo da regista. Tanto basta a dargli un benvenuto cordiale e soddisfatto, nell'olimpo degli autori nostrani. 
Tra vecchi dolori e mostri del passato, e a partire dal sapore amaro per eccellenza, la morte, Edoardo Leo costruisce un esordio registico che già preannuncia quella sottile accuratezza per un cinema garbato e poetico. Gentile e semplice, dunque necessario. Perché la nostra cultura cinematografica e la nostra stessa esistenza, hanno bisogno ancora di gesti semplici ed emozionali, come le storie.
Diciotto anni dopo
Da Roma alla Calabria per assecondare le ultime volontà del padre, insieme in una Morgan tenuta da sempre sotto custodia in attesa di chissà quale evento straordinario. La morte forse lo è, tanto straordinaria quanto maledetta, talvolta il miglior inizio. Da un punto di non ritorno cominciano a risorgere i due protagonisti di questo viaggio a ritroso nel tempo e nella coscienza. Due fratelli che a guardarli ingannano, tanto sembrano simili. Poi però li guardi bene e capisci che ognuno procede a senso opposto, come due bulloni che continui a girare, tutta la notte, tutta la vita.A volte il tempo necessario coincide esattamente con la vita, la vita presa per intero. La macchina da presa si sposta con garbo e occhio paziente, mettendo a fuoco il dettaglio e poi l'immensità del mare.
Diciotto anni dopo
Edoardo Leo riesce a brillare di luce propria nel cielo dell'autorialità, non solo italiana. Perché il cinema "tutto" ha bisogno di ritrovare la bellezza di una storia a metà tra la commedia e il dramma. Un road movie dal sapore intimo, che per guardare meglio fuori deve capire prima com'è fatto dentro. Evoluzione dell'essere, umano e artistico. Diciotto anni dopo è la prova vivente che questo cinema italiano, non è solo destinato a rimpiangere il Neoralismo e la Commedia d'altri tempi. Questo cinema è ancora capace, ha ancora qualcosa da dire e ha persino i mezzi per farlo. Abbiamo bisogno di questo, di un abbraccio fraterno, di una voce che grida e non balbetta, di qualcuno che raccolga i pezzi infranti e tappi i buchi. Di un "va tutto bene", anche quando non va.

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