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Dicono

Da Marcofre

Dicono che sono preciso. E cupo.

Quelle poche persone che hanno letto i miei racconti hanno espresso questo tipo di giudizio.

Dicono anche (non quelli che li hanno letti: in generale) che la precisione dell’occhio sia una questione di carattere.

Siccome si desidera capire, non ci si affida alla prima parola, ma si cerca quella giusta. Magari non si trova: succede, capita. Ma la prima spesso non è quella più efficace.

Prima ho scritto “capire”, ma in realtà il verso giusto è “comprendere”. Vale a dire abbracciare.

Che cosa?

Ecco che forse arriviamo alla “cupezza”.
Diciamo la verità: certa Hollywood e certa televisione hanno fatto un grande lavoro. Tanto di cappello. Ma d’altra parte lì ci sono solo dei professionisti. Sono pagati profumatamente per ottenere esattamente quei risultati.

Buona parte di noi non è in grado di guardare alla realtà, ma preferisce lo schermo. Dove le cose magari vanno male, però poi… L’amore trionfa. Bla bla bla bla. Gli uccellini cinguettano e via discorrendo.
Cormac McCarthy ha detto che si scrive perché c’è stata una tragedia. Non è però per il gusto di infliggersi martellate sulle dita che allora si scrive. Ma per celebrare quelle erbacce che sono protagoniste della tragedia. Che provano a sopravvivere. Vivere no, è un lusso. Ma anche nella sopravvivenza ci vuole una determinazione, un coraggio…

Ma questi sono dettagli. Il punto è: si riesce a essere efficaci?

La comprensione infatti nasce quando l’efficacia nella scrittura è al massimo livello.

Dicono. E sono portato a crederci…


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