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“Dieci Donne” di Marcela Serrano. Dieci voci: unica protagonista la donna

Creato il 24 agosto 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario
Esce oggi in tutte le librerie l'attesissimo nuovo libro di Marcela Serrano, Dieci donne

“Dieci Donne” di Marcela Serrano. Dieci voci: unica protagonista la donnaTitolo: Dieci donne
Autore: Marcela Serrano
Titolo originale: Diez Mujeres
Traduzione di: Michela Finassi Parolo e Tiziana Gibilisco
Casa editrice: Giangiacomo Feltrinelli Editore
Data pubblicazione: 24/08/2011
Pagine: 284
Prezzo: € 18,00
Nove donne più una. Nove donne sono convocate dalla psicoterapeuta che hanno in comune per raccontare la loro storia e le ragioni per le quali sono andate in terapia. Sono donne diversissime fra loro: dall’attrice ormai anziana che da giovane ha fatto la vita spensierata della cicala e ora si trova a dover affrontare una difficile solitudine, a quella con un passato problematico che ha saputo, con anni di lavoro su stessa, riconquistarsi una normalità apparentemente banale e insignificante. Sono diversissime per origini, professioni, età, estrazione sociale, in tutto, ma in questi coraggiosi monologhi, tra le righe, scopriamo che per quanto diverse le loro esperienze si richiamano, e che la vera protagonista del romanzo è la femminilità.

RECENSIONE 
Mi ha fatto piacere vedervi chiacchierare in giardino così animatamente, come se vi conosceste da una vita. Ho pensato ad Anna Karenina: tutte le donne felici si somigliano, ogni donna infelice è infelice a modo suo.
Natasha è la psicoterapeuta che riunisce le sue nove pazienti più care per un incontro nel quale racconteranno la loro storia, che non è mai una storia facile. Sono donne di tutte le età, di differenti estrazioni sociali, e diverso credo politico e religioso. Le loro esperienze sono diversissime, ma tutte si sono trovate ad affrontare la sofferenza ed ora la condividono con le altre per moltiplicare per nove, anzi per dieci, il loro coraggio e la loro forza: la forza di essere donna. 
La prima a raccontare è Francisca: la sua è la storia commuovente di una donna che non ha mai conosciuto l’affetto di una madre, e non perché fosse orfana, bensì perché sua madre, pur essendo presente, glielo ha sempre rifiutato. Naturalmente questo ha compromesso qualsiasi suo rapporto affettivo. 
I ragazzi non mi interessavano un granché, forse covavo una timidezza inconsapevole, però mi sentivo poco attratta da loro, rispetto alle mie compagne ero più freddina. Non ero una preda facile. O forse era molto più semplice: gli uomini mi piacevano un sacco e avrei voluto civettare con loro, ma ero talmente insicura di me stessa avevo così tanta paura di non essere amata, che facevo marcia indietro fingendomi distante e fredda per proteggermi.
Per questo motivo Francisca è terrorizzata all'idea di non riuscire ad essere per le proprie figlie una buona madre
La seconda a parlare è Mané, una donna anziana che un tempo mentre ancora faceva l'attrice era stata bellissima. Ora conduce una vita ai limiti della povertà e rimpiange tutto della sua giovinezza sfiorita. La sua unica consolazione è sapere di avere amato e di essere stata amata, anche se solo per un breve lasso di tempo. 
Una mia amica, un’attrice famosa ai suoi tempi, usa il pannolone. E puzza. Quando la vedo penso che preferirei morire, invece a mano a mano che passano gli anni ti aggrappi a ogni giornata e non la molli, per niente al mondo. Il corpo deve svuotarsi dei liquidi e dei solidi, e lo sfintere regge sempre meno. Oggi dico “piuttosto morta che usare il pannolone”, ma quando succederà sarò pronta a usarlo e continuerò a voler vivere, perché non so. Perché si vive? 
Juana parla della sua famiglia tutta al femminile (sia lei che sua madre sono ragazze madri) che deve portare avanti da sola con il suo lavoro di cerettista: sua madre è paralizzata da un’ischemia e sua figlia adolescente Susy ha un disturbo bipolare. Inoltre Juana soffre di un deficit di attenzione: cambia repentinamente argomento quando racconta qualcosa e spesso si distrae non riuscendo a portare a termine ciò che stava facendo. Quando sua figlia si è ammalata, il tempo è diventato fondamentale e la concentrazione ancora di più. Juana con le sue divagazioni racconta la storia di altre due donne: Lourdes, un’immigrata clandestina peruviana, che fa le pulizie al salone di bellezza nel quale lavora e la ricca cliente Maria del Mar, che ha vissuto a Washington durante la dittatura di Pinochet ed ora è giunta al suo terzo matrimonio. Il libro si arricchisce quindi di altre storie di donne, non solo dieci.  
Così adesso la mia vita non è più vita. Com’è possibile? Chiederete voi. Com’è possibile me lo chiedo anch’io. Ci sono ancora il giorno e la notte, il freddo e il caldo, il cuore batte, i reni lavorano, i polmoni respirano, le gambe sono capaci di camminare. Ma l’allegria? Dov’è finita l’allegria? Ormai la risata di Susy non la ricordo nemmeno più. 
Simona ha studiato psicologia ed ha dedicato più di mezza vita a lottare per la parità dei diritti delle donne. Ha 61 anni ed ha subito un’educazione troppo rigida e sessista, rimanendo legata al senso d’ingiustizia che le donne hanno dovuto sempre subire. È riuscita a dire Basta! ad un marito egoista e viziato dal suo privilegio di essere uomo, pur amandolo profondamente.  
Mai più:
“Simona, prendi tu il vino per stasera, io non ce la faccio, è cominciato il primo tempo”.
“Dio Santo, Simona, sta giocando la mia squadra preferita, com’è possibile che tu non riesca a far star zitte le bambine?”
“Senti, Simona, stacca pure il telefono, tanto non succederà niente mentre guardo la partita.”
“E questa la chiami casa? Con il frigo vuoto… Com’è possibile che un uomo non riesca a ricevere un minimo d’attenzione nemmeno in casa sua?”
“Spegni quella luce, Simona, per piacere, non si può guardare la tele con la luce accesa, vai a leggere da un’altra parte.” 
Layla è una giornalista di origine palestinese di 42 anni. Va a Gaza per trovare la sua famiglia d’origine e viene violentata da tre militari ebrei. Lo stupro le porta anche un figlio, Ahmed, e l’alcolismo.
Il problema era come affrontare la maternità rimanendo sobria. O meglio, come accettare di essere stata violentata da tre soldati in guerra con il mio paese d’origine. E che il risultato di quel gesto atroce fosse un figlio. Senza alcol il film scorreva, scorreva ininterrottamente. Le immagini si ripetevano. Impossibile premere delete. Il dolore fisico, la rabbia, l’umiliazione. Tutto interminabilmente all’infinito. E gli occhietti verdi del mio povero bambino, il mio bambino triste, a ricordarmi l’orrore.
Luisa ha 67 anni, ed è di origini contadine, proviene dal Sud del paese. Sposa Carlos, di cui è innamoratissima, che la porta nella capitale. Carlos è un militante di sinistra così l’11 Settembre del 1973 viene arrestato dal regime di Pinochet. Da quel giorno Luisa attende il ritorno del suo Carlos, un desaparecido, con una forza d’animo impressionante, tenendosi dentro tutto per paura che per Carlos ci possano essere ripercussioni.  
Sapete qual è la cosa peggiore che può capitare a un essere umano? Scomparire. Morire è molto meglio che scomparire. 
Guadalupe, detta Lupa, o anche Lu è una diciannovenne lesbica, alla ricerca della propria identità. Anche il suo racconto tocca la storia di altre donne, popolando il libro sempre più di presenze femminili. 
Grazie a Dio la scienza ha ormai chiarito che non si è omosessuali per scelta: omosessuali si nasce. Questo ha cambiato le cose. Nessuno è “colpevole”, non i genitori, non l’educazione, né lo stesso interessato. Non è una questione di volontà, come un tempo si credeva. È come nascere con gli occhi azzurri. Sono così. Vuoi nasconderli per tutta la vita dietro un paio d’occhiali o di lenti a contatto? I tuoi occhi sono i tuoi occhi È un peccato che tu debba pagare per averli. Questo è davvero ingiusto. 
Andrea è una giornalista televisiva di successo. Ha 43 anni e si rifugia nel deserto di Atacama per staccare un po’ dalla vita. 
Sono travolta dalla mia vita attuale, dalla continua tensione, dall’audience, dall’eccellente livello che devo mantenere per evitare che mi scavalchino, dal successo, dal denaro, da una casa troppo grande, un autentico impero che devo gestire, persino dalle dimensioni del mio armadio.
[…] Per adesso rimango nella mia torre di cristallo, con la luce e il sole davanti, in attesa che la vita dica quel che 
deve dire. L’importante è che, quando lei – la vita – verrà a cercarmi, in qualunque posto io sia, non mi trovi sconfitta. 
Ana Rosa, 31 anni, proviene da una famiglia cattolica religiosissima, al limite del fanatismo. A 8 anni viene violentata dal nonno, mentre la madre finge di non capire o non vedere, avendo subito la stessa umiliazione. La sorella Alicia, che è stata risparmiata, ha ora una vita tranquilla, è sposata ed ha dei figli. 
Ho sempre avuto la sensazione che Dio non si avvicinasse a me come faceva con il resto della gente, o quantomeno con il resto della mia famiglia, e allora me ne chiedevo la ragione, e la ragione mi rimandava a me stessa: c’era qualcosa di sporco in me, che spaventava Dio e anche se Lui era abituato alle cose brutte che ci sono quaggiù, con me teneva le distanze, non credo neanche che provasse curiosità nei miei confronti. Certe volte penso che il santo a cui è stato affidato il mio caso in paradiso si sia messo in sciopero e mi abbia lasciata perdere. 
Quando Ana Rosa ha 15 anni, i suoi genitori muoiono in un incidente stradale e da allora le cose cambiano fra lei e il nonno. Gli eventi che hanno sconvolto la sua esistenza, lasciano la ragazza terrorizzata dalla possibilità di una nuova perdita improvvisa ed anche piena di responsabilità nei confronti della sua famiglia
L’ultimo racconto è la storia di Natasha, la psicoterapeuta, un’ebrea bielorussa. Subito dopo la seconda guerra mondiale, Natasha si trasferisce con la famiglia in Argentina, va a studiare medicina a Parigi, poi ancora in Argentina e in Cile. La sua, è una vita senza radici, è una vera ebrea errante, così come la sua sorellastra Hanna, la cui ricerca ossessiona buona parte della sua vita. La storia di Natasha è l’unica a non essere raccontata in prima persona: essa viene narrata da un’undicesima donna, la sua assistente, che non ha nome e ci fornisce pochissimi indizi su di sé.  
Dieci donne affronta dieci, cento tematiche diverse ed importantissime non solo della realtà tipicamente sudamericana (come i desaparecidos), ma universali: ci parla di donne che si potrebbero trovare in un punto qualunque del globo, che hanno età, estrazione sociale e culture diverse. Ritroviamo la femminilità a 360°, dalla bambina di otto anni all’anziana che si aggrappa alla vita con le unghie e con i denti, dalla contadina semi-analfabeta alla diva del telegiornale; dalla donna che non può restare senza un uomo a quella che lo considera solo come un oggetto simbolico, un’icona
Sono dieci racconti, o meglio, dieci monologhi, privi di dialoghi, scritti ciascuno con uno stile differente, che dipende dall’età, dall’estrazione sociale, dalla cultura e dal carattere della protagonista, ma in ciascuno di essi si può trovare qualcosa che accomuna chi racconta a tutte le altre donne nell’universo. 


Dieci voci narranti, tutte diverse, ma ciascuna che si avvale del meraviglioso stile narrativo di Marcela Serrano: confidenziale, ricco, evocativo, che ci rende partecipi di ogni storia commuovendoci, facendoci soffrire, provare rabbia e talvolta anche gioire con le dieci protagoniste, come se fossero le nostre vicine di casa, le nostre amiche che si raccontano ed espongono la loro anima fragile di donna nel XXI secolo. 


Si potrebbe catalogare ciascuna di queste donne con un’espressione, che potrebbe essere ‘di successo’ per Andrea, ‘alcolista’ per Layla, ‘omosessuale’ per Lupa, e così via, ma dietro ognuna di queste donne (così come per ogni donna) c’è una storia molto più complessa e sfaccettata che la rende diversa da tutte le altre, unica. In realtà, la Serrano avrebbe potuto scrivere, sviluppando le loro storie, dieci romanzi che sarebbero stati tutti ugualmente ricchi ed estremamente coinvolgenti: piccole gemme di narrativa al femminiledieci solitariche, invece, si dimostrano, con la scelta del racconto, un collier preziosissimo su cui sfolgorano dieci diamanti. 
Alla fine, dice fra sé allontanandosi dalla finestra, alla fine tutte noi, in un modo o nell’altro, abbiamo la stessa storia da raccontare.
“Dieci Donne” di Marcela Serrano. Dieci voci: unica protagonista la donna L'AUTRICE: 
Nata a Santiago del Cile nel 1951, Marcela Serrano è una delle voci più importanti della narrativa sudamericana. Con Feltrinelli ha pubblicato Noi che ci vogliamo così bene (1996)che ha vinto in Francia il premio Côté des Femmes, Il tempo di Blanca (1998), L’albergo delle donne tristi (1999), Antigua, vita mia (2000), Nostra Signora della Solitudine (2001), Quel che c’è nel mio cuore (2002), Arrivederci, piccole donne (2004) e I quaderni del pianto (2007). 
Leggere Marcela Serrano è come scrutare negli occhi di tutte le donne del mondo 
– Arturo Perez-Reverte
Marcela Serrano è l’erede di Sheherazade
 – Carlos Fuentes
Prossimi appuntamenti di Marcela Serrano in Italia:

Marcela Serrano racconta La idea fija il 08/09/2011 alle ore 15:00 presso Festivaletteratura - Chiesa di Santa Maria delle Vittorie a Mantova. 

Marcela Serrano presenta Dieci Donne  -il 09/09/2011 alle ore 10:30 presso Festivaletteratura - Palazzo Ducale - Cortile della Cavallerizza a Mantova con la partecipazione di Bianca Pitzorno.

-il 12/09/2011 alle ore 18:30 presso la Feltrinelli Libri e Musica, Piazza Piemonte 2 a Milano.

-il13/09/2011 alle ore 18.00 presso la Feltrinelli Libri e Musica, Piazza Ravegnana 1 Bologna 

-il 14/09/2011, 18:00 la Feltrinelli Libri e Musica, via de' Cerretani, 30/32r Firenze  (Fi) con la partecipazione di: Paola Zannoner


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