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Dimestichezze per me, bottino di viaggio

Da Germogliare
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La Mite mi abbraccia nei miei pensieri, dice: “… tristi e solari, perché la vita è così, un tremore di pioggia che aspetta il sole”. Io, contemporaneamente, riorganizzo i bagagli. Oggi ho fatto il bucato a mano, USA, ho visto nell’acqua i residui del sudore venuto fuori dalle camminate per Manhattan, un po’ mi dispiaceva vedere quella polvere di pelle scendere per lo scarico e andarsene per il tubo canadese, avrei dovuto portarlo con me quel restante. Perché ogni pulviscolo era traccia di accaduto, respirato, mangiato. Cambiando l’acqua più volte, continuavo immancabilmente a vederla torbida, come se l’impregnato fosse tanto, penetrato nelle fibre a diventarne tutt’uno. Ma tant’è, quando decido che è ora, so determinare il tempo, e metterlo in cornice, con il dolore dell’abbandono che ne consegue, così con l’amore, se più fa male. E tale il risciacquo, continuo, fino a sentire le fibre di nuovo libere da condizionamenti, solo un po’ sciupate dall’uso, ma questo fa vintage, valore del tempo, sostanza, e moda su di me.  Stesi. Poi al sole, quello lucente, scintillante di trasparenze, che riflette sul verde che solo in Canada ho visto, fino ad oggi. Il vento del nord ogni tanto arriva e dibatte i tessuti, asciugandoli prima, lui sa che ho fretta di tornare, ora, e mi scompiglia i capelli bagnati anche quelli, lo lascio fare, il volto diretto ai raggi è fermo, si modella dolcemente con il calore, come creta con le mani. I colori dei vestiti sembrano rinvigoriti, saranno questi contrasti esterni di luce, i neri, per la maggiore, fanno da fondo ai tagli di bianco, di porpora, di rosso, di grigio, in un quadro di verde foglia (canadese), alzando lo sguardo, il celeste striato di bianco, regge il telaio dall’alto. Ancora qualche giorno e devo chiudere le valigie, e portare odore di pulito a casa, tutto come nuovo, insieme con ciò che nuovo è. Me.

Ho visto su skype i miei figli e mia mamma, poco fa, li ho trovati belli tutti e sereni anche, mamma mi sembra ringiovanita, ha continuato a rassicurarmi per il futuro e poi mi ha detto una cosa che ho trovato molto bella: “Ascolta, quando passi sull’oceano, butta giù Adi che eri e riporta qui quella nuova, da quell’altezza lancia sotto di tutto e torna con questa luce di oggi, che ti dona“. Dici potrebbe bastare per dare valore a questo viaggio? Sì, vero? Invece ho con me tanto tanto di più, e ogni cosa ha il suo nome e il giusto peso. La tua borsetta, quella da sera di tua madre, è con me e la riporterò piena di diamanti, marchiati, impossibili da rubare.

Pensavo di avere preso-appreso tanto in questo viaggio, invece mi sbagliavo, altro è accaduto-accade e non tutto è bello come pensavo… “Pugni di sale bisogna mangiare con la gente, per poterla conoscere”, dice sempre mia madre, o forse, aggiungo io, ci illudiamo che le persone possono cambiare, mentre, invece, sostituiscono solo l’abito e il profumo, ma il sangue resta quello. Quello che, abituato a vivere ai margini, per scelta d’indipendenza dalle regole sociali e perennemente critico verso la cultura che definisce borghese, in quanto lui, legato all’idea dell’uomo libero e selvaggio, oggi, vive nell’agiatezza data dai soldi e non dalla libertà d’azione. Continuando, imperterrito, a raccontare chi era e dimenticandosi, forse, cosa ha perso, così, ipocritamente da moralista, definisce chi si dimena in nome dell’autonomia di pensiero e azione, vedendosi negata la facoltà di una possibile tranquillità finanziaria. E differente da lui va tenuto a distanza, però parla di pace familiare, il tipo. Ma tant’è, i giorni passano, uso quest’acqua pulita per lavare e ridare limpidezza alle superfici. Allora arriva Iraida a regalarmi il pensiero di Itaca. E Isaac, un amico di ventura, con il suo avvertimento: “Quando torni, ci metti veramente poco a far si che tutto ti sembri come prima, evitalo più che puoi, lascia che quello che hai visto e imparato rimanga con te, altrimenti sarà stato tutto inutile. Ok?” Tale sarà, ci proverò.

Itaca, Costantino Kavafis
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

 



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