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Dio esiste e vive a Bruxelles

Creato il 02 febbraio 2016 da Eva Gatti @avadesordre

Dioesisteeviveabruxelles Dio è uno sciattone annoiato che vive a Bruxelles, è totalmente disinteressato alla famiglia, moglie e figlia che vivono con lui, dato che il primogenito, J.C., da tempo se n'è andato di casa. Per passare il tempo aggiorna regolarmente le regole della sfiga che affliggono il genere umano che si diverte a dileggiare. Un giorno Ea, stanca dei soprusi paterni si vendica mandando a tutte le persone un sms con la data di morte poi sull'esempio del fratello fugge di casa per scrivere il suo nuovo Nuovo Testamento.


Dio esiste e vive a Bruxelles è la prima frase pronunciata nel film e ai distributori italiani dev'essere parsa subito molto meno ingombrante del titolo originale Le tout nouveau testament.
Il film è esilarante e surreale: Bruxelles sarà anche la città più brutta del mondo, secondo il regista, ma resta sempre la capitale della patria del surrealismo e quando l'Assassino si abbraccia con la sua immagine allo specchio tutta la tradizione artistica surrealista erompe dallo schermo.
Le trovate di Jaco van Dormael sono geniali e procedono per accumulo: dal varco spaziotempo nel cestello della lavatrice, unica uscita dall'appartamento sigillato di Dio, alle reazioni più imprevedibili del genere umano nel conoscere la propria data di morte: se dovete ancora vedere la pellicola non uscite prima che siano terminati i titoli di coda perché Kevin, il giovane che filma i suoi esperimenti di dimostrare che effettivamente gli restano ancora 62 anni di vita regala l'ultima risata del film.
Film che fa ridere a crepapelle ma che sa anche essere poetico (il sogno di Aurelie) toccante e commovente nel narrare le storie dei sei apostoli che Ea si è scelta e il suo nuovo testamento 2.0 non è un corollario di regole di vita ma il racconto delle vite dei suoi apostoli raccolte da Victor, evangelista barbone che ha decisamente qualche problema con la grammatica. Alle fragilità dei suoi apostoli Ea risponde con l'ascolto e regala il coraggio di essere sè stessi seguendo la propria musica interiore (a proposito anche la sound track è notevole).
Al suo quinto lungometraggio il regista belga sembra ispirarsi al mondo di Jean-Pierre Jeunet nel raccontare in maniera molto colorata con uno stile pop-up le vicende dei suoi bizzarri protagonisti.
Forse il film si perde un po' nella conclusione, nonostante il colpo di scena inatteso ma si perdona qualsiasi cosa a un film di rara comicità talmente intelligente che a circa tre mesi dall'uscita in sala non ha suscitato nessuna polemica nonostante giochi con la figura di dio.


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