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Disabilità, tra limiti e possibilità

Da Psychomer
by Claudia D'Incognito on febbraio 15, 2012

Definire la disabilità non è compito semplice data la natura multifattoriale dell’argomento. Le prime classificazioni proposte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ponevano l’accento sugli effetti della malattia, seguendo la tradizionale sequenza eziologia – patologia − manifestazione clinica. Questa logica descrittiva è risultata via via poco esaustiva, poiché non comprensiva delle conseguenze a livello personale e sociale che la condizione di disabilità può causare.

Attualmente si tenta di spiegare la disabilità sottolineando non tanto la diagnosi e la cura della patologia, quanto le conseguenze sulla persona e sul suo contesto di vita. Il rovesciamento dei termini  parlando in positivo di funzioni, strutture, attività e partecipazione  è un importante passo verso la valorizzazione della persona.

La legge quadro 104/1992, ad esempio, descrive la disabilità grave come una “condizione di riduzione dell’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella relazionale”. La condizione di disabilità grave, quindi, è spesso correlata a quadri clinici eterogenei che vedono la compromissione dell’area sensoriale, motoria e cognitiva legata a molteplici eziologie che possono essere di natura genetica, traumatica (perinatale o postnatale), morbosa e di natura congenita o acquisita.

Solitamente, le persone affette da disabilità gravi sono caratterizzate da ridotte capacità sensoriali, limitata mobilità, scarse capacità comunicative e problemi comportamentali. Questo quadro clinico può portare ad una condizione di passività e dipendenza dall’ambiente, riducendo le possibilità di partecipazione attiva alla vita sociale, di scelta e peggiorando sensibilmente la qualità di vita della persona.

Ma questa è soltanto la situazione di partenza, che non deve scoraggiare. Tanto si può e si deve fare! Gli operatori che si occupano di disabilità hanno il compito di individuare delle strategie e dei supporti in grado di ridimensionare gli effetti invalidanti della condizione di svantaggio, al fine di valorizzare le capacità residue dell’individuo e di permettere la sua partecipazione attiva alla vita sociale e la sua autodeterminazione.

La progettazione dell’intervento riabilitativo deve partire da un’attenta valutazione del repertorio di abilità che la persona possiede e puntare all’apprendimento di nuove autonomie, di forme di controllo sul contesto ambientale, offrendo una modalità per superare la condizione di passività, deprivazione sensoriale ed isolamento sociale che li caratterizza. Per tutte queste ragioni, ogni sforzo richiesto merita di essere oltrepassato perché finalizzato alla promozione del benessere di persone speciali, a loro modo.


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