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Da Danielevecchiotti @danivecchiotti

Andre Beaulieu, Vintage VinylNegli anni ’80, per il bambino che ero, i dischi erano il regalo di compleanno, di Natale, magari l’eccezionale premio in cambio di qualche performance scolastica particolarmente buona. Potevo insomma scegliere due/tre 33 giri ogni dodici mesi e, per tutti gli altri miei desiderata, limitarmi a sperare che qualche amico più fortunato me ne facesse una copia (sulla stessa audiocassetta continuamente riciclata) o passare pomeriggi interi a ruotare la manopolina della radio in attesa di trovare i brani e registrarli, seppur con una mozzatura all’inizio e una alla fine, quando cioè lo speaker entrava con la voce apposta per sporcare i brani.

Negli anni ’90, diventato adulto e conquistata una mia indipendenza economica, ho compensato le frustrazioni adolescenziali spendendo cifre da capogiro in compact disc senza negarmi più nulla e dando un forte contributo al rallentamento della crisi della discografia internazionale.

Nel primo decennio del 2000 sono stato anch’io un’entusiasta di Napster, di Emule e della pirateria digitale; ho riempito decine di hard disk con le discografie complete di chiunque, finendo poi, frastornato da quelle infinite possibilità gratuite, con l’ascoltare sempre la solita musica (il più delle volte corrispondente con quella contenuta negli album acquistati in precedenza).

Oggi compro tutto su iTunes, ben contento di pagare per qualcosa che potrei con tranquillità avere anche senza spendere un centesimo, perché incapace di liberarmi di quel retropensiero per cui tutto ciò che non mi è costato nulla è automaticamente privo di valore.

E, da feticista del padellone di vinile nero, mi fa piacere vedere che sempre più novità discografiche vengono stampate anche su trentatré giri a beneficio dei puristi del suono analogico, al punto che spesso – quando si tratta di artisti a me particolarmente cari di cui posseggo magari l’intera produzione su supporto fisico – una voce interiore mi spingerebbe a restare coerente alla mia identità di collezionista-conservatore e spendere un bel po’ più di denaro per portarmi a casa la limited edition.
Se non cedo alla tentazione è solo perché poi finisce sempre che qualcosa mi suona stonato, quando vedo girare sul piatto un successo del momento. E’ come se il tempo si mescolasse facendomi perdere le coordinate della mia biografia. Perché ascoltare un album di adesso con la tecnologia di venti o trent’anni fa mi sembra una violenza fatta alla naturale evoluzione del tutto. Il passato è bello quando rimane se stesso, appiccicato a doppia mandata ai ricordi e ad una nostalgica, sana sensazione di perdita; altrimenti si tratta solo di ottuso incaponimento, ostinata negazione dello scorrere delle epoche. Idoli rock/pop di oggi suonati su un supporto di ieri hanno la stessa mancanza di credibilità di una signora agée che continui a vestire la taglia di quando era ragazzina.
Su vinile si può ascoltare il sound degli anni ’60 e ’70, mica Lady Gaga. Avere un’anima vintage e non saper rinunciare al piacere di conservazione dei ricordi significa, se proprio si vuole rivivere quell’emozione  di allora come fosse nuova, acquistare su ebay o, meglio, su una bancarella dell’usato la prima edizione di un disco concepito per quel supporto, non certo spendere cifre da capogiro per una ristampa in vinile 180 grammi, fasulla e tarocca tanto quanto lo è un download pirata, perché ingannevole e fuori tempo massimo.

(Andre Beaulieu, Vintage Vinyl)

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