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Disoccupati vite in parallelo: la storia di monica

Da Gioacchina @disoccupingegna

Quasi cinque anni fa, camminavo per le strade di Siena portandomi dietro il mio primo pesantissimo pc. Avevo una di quelle maglie lasche, che scivolano dalla spalla un pò; avevo i capelli lunghi, fin sotto la scapola: ero bella. Bella, bella.Perché avevo il mondo avanti.

Di lì a pochi giorni mi sarei laureata, come sognavo fin da bambina. Di lì a pochi giorni avrei avuto la lode, la protezione del mio prof., un pranzo di laurea e un vestito fantastico.

Tutti, ma proprio tutti, erano sicuri che, nel giro di mesi, avrei avuto il mondo ai miei piedi.

(poi scoprii che, ai piedi, avevo le verruche)

In Italia, non si fa che ripetere, che noi giovani siamo disoccupati, disoccupatissimi, anzi. Io, invece, disoccupata non lo sono mai stata: semplicemente perché non sono mai stata occupata.

Dai 24 ai (miei attuali) 30 anni sono stata tutto, pluristagista, inoccupata, rassegnata, depressa, ma disoccupata, in quanto precedentemente occupata, mai.

Ho vissuto molte vite, qualcuno potrebbe dire. Certo, rispondo io ma, in questi 5 anni, ne ho sprecate anche altrettante, abbattuta dalla mancanza di lavoro, dai rifiuti asettici di molte mail e schiantata a terra da una telefonata che non è mai arrivata.Le mie giornate nel corso dei mesi e degli anni, hanno avuto l’andamento irregolare e zoppo dell’alternanza tra euforia e apatia, tipici della depressione.

Ho passato intere giornate al pc, con un elenco delle 200 migliori aziende, a cui mandare il mio CV, compilando form, scrivendo competenze, caricando file su file. Ho perso la vista e la memoria a ricordare username e password; ho controllato ossessivamente la casella di posta, arrivando ad aggiornarla anche 10-15 volte al giorno, nella speranza che arrivasse quella mail.

E poi, ancora, sono saltata dalla sedia davanti a quel numero sconosciuto che interrompeva i miei pensieri con un trillo: sono loro! sono loro!

Invece era pubblicità. Call center. Corsi di formazione. Bottega Verde.

Ho anche passato giorni interi sul mio letto, a fissare il soffitto.

O piegata in due dal bruciore di stomaco, mentre i miei, a bordo del letto dell’ospedale, mi guardavano preoccupati dicendo:- Tu, tu devi imparare e sfogarti, a non tenerti tutto dentro.

Grazie mille, lor signori.

Avrei mille e mille volte voluto gridare, di rabbia, di gioia e di dolore. Ma il mio grido, di qualsiasi natura fosse stato, si sarebbe sperso tra i milioni di rumori di questa mia nazione distratta e terribilmente immobile.

Dopo essermi drogata di siti internet, candidature e form, ho provato un certo senso di nausea davanti a qualsiasi schermo, alla prospettiva di inviare cv e alla trafila.

Quindi ho smesso. Semplicemente.

E ho anche smesso di pensare con la stessa logica e filosofia di vita che ci ha portato all’esaurimento. Non voglio essere un criceto in una ruota, forse al criceto sta bene, a me no. E siccome la precarietà è una realtà assodata, ho deciso di resistere facendo delle mie debolezze, la mancanza di lavoro e di stabilità, una forza per scardinare poco a poco questo sistema. Non ho un lavoro? Perfetto, ho una testa, una dignità, un cervello e tanta energia da regalare, magari, a un altro paese, dato che il mio mi considera così invisibile da non essere degna di attenzioni e, in più di cinque anni, non ha trovato (o forse non vuole trovare) la forza e la quadra per mettere in piedi una riforma vera e moderna del mercato del lavoro. Così, mi ritengo esente ed esentata, dal donargli ancora la mia energia, la mia (silente) produttività, e anche i miei figli (quando ne avrò).

Perché non c’è nessuna nazione al mondo per la quale valga la pena impazzire, morire ed ammalarsi se non ti rispetta e ti protegge.

Oggi, dopo 5 anni, ho trovato la stessa “serenità” di quella bella ragazza che portava a correggere l’ultimo capitolo della sua tesi. Quella che credeva di avere il mondo lì davanti a sé: sono passati 5 anni, lei, la ragazza, non c’è più, ma il mondo davanti, quello, sì, c’è ancora.

Nota di Gioacchina: Innanzitutto grazie a Monica per la sua storia, grazie davvero! Chiunque di voi, come Monica può raccontare la sua storia di DISOCCUPATI VITE IN PARALLELO, inviatele a [email protected]



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