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Donatella Piatti: la rabbia e l’islamofobia

Creato il 27 agosto 2014 da Istanbulavrupa

Donatella Piatti: la rabbia e l’islamofobiaDonatella Piatti c’ha lasciati.

Donatella Piatti, bolognese che per anni ha vissuto in Turchia conducendo diversi programmi di cucina, ha deciso di lasciare Istanbul perché spaventata da quella crescente islamizzazione/estremizzazione di cui, a suo dire, sarebbe vittima il Paese. E fin qui nulla di nuovo, poiché già qualche mese fa aveva espresso timori analoghi in un articolo per la Gazzetta di Istanbul. I turchi si starebbero organizzando per conquistare l’Europa, da bravi terroristi islamici, e per riuscirci si riproducono facendo sempre più figli. Perché i turchi non sono “fessi” come “noi europei”. Già, la sindrome del Fesso.

Questa volta, però, la nostra è andata oltre, e nella rubrica di Beppe Servegnini per il CorSera ha dato un eccellente esempio di come non vi sia argine al Cretino lamentando nell’ordine: estremismo, terrorismo islamico, preoccupazione perché nello stesso quartiere ci sono 2 o 3 moschee (anche il piano regolatore è islamizzato, sì), fastidio per i muezzin che “urlano” e lo fanno addirittura in arabo (siamo alla crociata linguistica). Ce n’è per tutti, pure per l’aumento dei prezzi degli alcolici (ma questo è un evergreen dello spauracchio dell’islamizzazione, e di chi non sa che restrizioni sulla vendita degli alcolici dopo una certa ora sono tutt’ora vigenti in contesti ben più “europei”).

La Piatti se la canta e se la suona: lei può dire tranquillamente che i turchi non sono “fessi” come “noi europei”, loro si riproducono, FANNO FIGLI, però nessuno può tacciarla di razzismo o intolleranza religiosa per queste frasi, perché lei diceva “Bismillah” e “Inshallah” prima ancora che noi conoscessimo il significato di queste parole con le canzoni di Sting e dei Queen (ma che discorso è? Ho visto italiani comprare nei negozi cinesi, eppure continuano a ritenerli “esseri culturalmente inferiori”…).

Il Boğazkere – superbo rosso dell’Anatolia – è diventato un lusso per pochi, le sue cavolate in merito di storia e attualità turca, invece, un tedio per molti: il governo turco- per la signora Piatti- dice alle donne come vestirsi, che costume portare, ai loro mariti quando e come picchiarle, come comportarsi in pubblico. A sentire la Piatti, mi tornano in mente le immagini girate a Raqqa da VICE, salvo poi ricordare che quella è la capitale dello Stato Islamico dell’ISIS, e che lì la legge vigente è dichiaratamente quella della shar’ia, non la Turchia e Istanbul. Anche perché poi non si capisce bene cosa ci sia di terroristico nel costruire moschee in uno Stato in cui la maggior parte degli abitanti è di fede musulmana, cosa ci sia di aberrante nei muezzin e nella loro chiamata alla preghiera (certo, ad Istanbul non è affascinante come in Anatolia), e soprattutto perché delle opinioni date a caso da qualche politico (vedi Arinç sul ridere “sguaiato” di alcune donne), dovrebbero poi condizionare concretamente le scelte dei cittadini, laddove non vi sono leggi che impongano particolari norme di comportamento. I toni da Oriana Fallaci degli ultimi anni usati dalla Piatti, appaiono francamente immotivati, esagerati. Ma perché tutto questo rancore verso un luogo che è stato casa sua per 36 anni? Perché darne un’immagine tanto negativa ai lettori italiani sulla versione web di una delle testate più popolari?


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