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Dopo l’editoriale su SETTE: ma chi sono questi poeti internettiani che peccano di lesa maestà e scrivono a Roberto Cotroneo? Sulla poesia digitale e sui libri in tv. E ancora sull’arte sublime di Vincenzo Guarna.

Creato il 26 aprile 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
The_Funeral_of_Shelley_by_Louis_Edouard_Fournierdi Rina Brundu. Sono anni ormai che non compro quotidiani cartacei: di norma li compro solo se debbo pulire i vetri (sono la morte loro!), un compito che aborro ma che sopporto pensando che il Vetril e l’acqua insaponata sono in fondo l’unico modo per liberarci for-good dell’inchiostro che imbratta quella cellulosa che un tempo fu un qualche albero bellissimo. Giorni fa ho comprato il Corriere della Sera che – lucky me! – si presentava con incorporato il settimanale “Sette” reso “prezioso”, tra gli altri, dall’articolo titolato “Con Internet ci stimiamo un po’ troppo”, catenaccio: “ Siamo sommersi da una marea di poeti improvvisati che si credono grandi. Un distorsione causata ed esasperata dalla rete” a firma Roberto Cotroneo.

Non so chi sia questo autore e non intendo googlarlo per verificarne i claims-to-glory, ricordo solo che in altra occasione ebbi a confutarne il fine cogitare (non intendo neppure ricercare il motivo della prima confutazione su questo stesso sito, time is money!). Com’è come non è, dopo un incipit che cita a mo’ di cammeo la fisica quantistica, materia che ci è molto cara al cuore e che meriterebbe un dato rispetto (così come lo meriterebbe l’Einstein un po’ restìo ai misteri delle particole subatomiche), scrive Cotroneo: “Da un po’ di tempo ricevo molte email, di spam, dove vengo invitato a partecipare a concorsi di poesia via web e più generalmente a premi letterari. Mi sono così incuriosito che sono andato a cercare blog di poesia e di critica letteraria e ho scoperto che oggi in Italia abbiamo circa tre milioni di poeti…. (…)… Tre milioni di poeti sono tanti, anche se i componimenti per la maggior parte sono molto semplici….”.

Mi fermo qui perché almeno tre domande mi si presentano pregnanti e spontanee alla mente: 1) Ma chi è che sollecita poesie e scritti letterari to-remember a Roberto Cotroneo? Che si palesi, si confessi, ci spieghi il motivo di cotanta impudenza. 2) Dove ha vissuto questo signor Cotroneo fino ad oggi? Sono vent’anni che mi occupo di argomenti letterari in Rete e garantisco che la moderna poesia digitale – con tutti i suoi limiti – è stata una delle prime forme artistiche ad approdare online, come è giusto che sia essendo la scrittura digitale la prima figlia del “mood” di cui essa stessa si nutre. 3) Sostiene, il signor Cotroneo, che la poesia digitale si risolva in componimenti tutto sommato “semplici”. Domanda: qual è la definizione di poesia di Roberto Cotroneo e quale “difficoltà” vede questo editorialista del Corriere nel datato e santificato costrutto “M’illumino di immenso”? Uno che cita Einstein dovrebbe essere comunque in grado di “viverlo” con una data serenità intellettuale, così come dovrebbe vivere con una certa tranqullità anche le metafore più complicate della poesia metafisica, o mi sbaglio?

Risparmio quindi al mio annoiato lettore l’usata tiritera retorica (tipica in verità del giornalismo e dei giornalisti d’antan, per inciso gli stessi che hanno vissuto e prosperato all’ombra della casta durante l’ultimo quarto di secolo), con cui continua e si conclude l’editoriale citato nel primo paragrafo e di cui al titolo, risparmio al lettore l’usata confusione tra il modus formalizzante di “fare poesia” dei tempi andati (si veda per tutte l’interessante opposizione Percy Bysshe Shelley (Poeta Laureato della corte di Sua Maestà) vs Mary Shelley (l’autrice di Frankestein nonché sua moglie) e la loro macro-parabola artistica), e le “necessità” di libertà dalla forma (finanche dalle tematiche ben definite) del poetare digitale che nel giusto tempo produrrà i suoi grandi autori e i suoi grandi poeti; risparmio al lettore la solita sconsolante tirata sulla somma che non farebbe il totale e sulla poesia che avrebbe validità solo quando “consacrata” dall’editore noto (almeno questa è la morale che io ho ricavato dalla lettura del breve scritto in questione), come se vivessimo ancora i giorni del Bardo, mentre le necessità e i profondi dolori dell’anima fossero un altro uditorio qualsiasi da modellare e ammaestrare secondo canoni strutturati a monte; risparmio al mio lettore distratto la curiosa equazione “artistica” che si legge tra le righe e suo malgrado assimila il canto dello spirito che è il fare poesia, alle necessità del giornalismo asservito, e più in generale dell’editoria italica tuttora determinata a vivere di marchette televisive e giornalistiche compiacenti e agiografiche sprecate a piene mani per libri che non hanno nè arte né parte.

Last but not least, non so quali siti-dedicati abbia visitato il dottor Cotroneo prima della stesura del suo ultimo pezzo, ma sono pronta a scommettere che non sia stato molto fortunato in questo suo viaggio-ideale, non si spiegherebbe altrimenti l’obsoleta filippica. Per quanto mi riguarda posso dire che la mia esperienza digitale è stata molto diversa, anche se ritengo che i poeti digitali veramente degni di questo nome siano molti di meno dei “tre milioni” indicati da Roberto Cotroneo. In realtà  è stato solo in Rete che ho incontrato alcune tra le anime poetiche che più hanno toccato l’essenza del mio spirito colpevolmente moderno. Ne deriva che non cesserò mai di ringraziare i ricercatori del  CERN, geniali “poeti” del protocollo web – per avermi permesso di ammirare, per esempio, l’arte sublime del calabrese Vincenzo Guarna, un’arte che non vive tra le pagine degli attuali sussidiari scolastici, i quali potrebbero essere le sole fonti “autorevoli” capaci di determinare la beatificazione estetica ricercata dal dottor Cotroneo, ma che non per questo ne risulta minimamente sminuita.

Il resto sono dettagli, scriveva Einstein. Sic.

P.S – Preciso infine che l’articolo meriterebbe altra confutazione anche sulla psicologia spicciola citata e applicata alle cose della creatività nell’web – sebbene supportata dal solito nome e dalla solita teoria straniera di grido (si fa per dire), ma la questione esula dal punto che volevo fare con questo commento. Certamente, prima si passerà (anche sul format cartaceo in via di esalare l’ultimo respiro) ad una nuova modalità di fare giornalismo impegnato, dove questo termine sia sinonimo di know-how tecnico piuttosto che costrutto sartriano snervato, meglio sarà.

……………………

Epigrafe

Scrivete sulla mia tomba: Visse/

per ischerzo”. Il mio/

inferno/

in questa epigrafe. Perché/

i giorni tramarono vicende/

e io in quelle vicende,/

senza convinzione./

Ho sofferto, ho lottato/

senza convinzione: anima/

divisa, inerte/

volontà. E vissi/

per ischerzo e oggi/

nulla/

è veramente mio. Un muro/

sotto la luna, il tedio/

dei ricordi, questo/

vuoto disagio.

Vincenzo Guarna

Featured image, The Funeral of Shelley by Louis Édouard Fournier (1889); pictured in the centre are, from left, Trelawny, Hunt and Byron. In fact, Hunt did not observe the cremation, and Byron left early.

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