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DOPPIO MARLOWE di Frank Spada

Creato il 22 giugno 2011 da Paolo Franchini

DOPPIO MARLOWE di Frank SpadaDi Frank Spada si conosce poco, ma questo poco è abbastanza. È un poco che racconta molto, infatti, un poco che dimostra quanti bravi scrittori ci siano in Italia nonostante uno pseudonimo ne celi la vera identità. Perché Frank Spada è italiano, desidero ribadirlo, ma si è cucito addosso un nom de plume di quelli che – di certo – sono in grado di lasciare il segno.

«Doppio Marlowe» (Robin edizioni, pagg.192, euro 13,00) è il terzo lavoro in noir dell’autore di Udine che, dopo «Marlowe ti amo» e «Dimmi chi sei, Marlowe» torna a far muovere il suo eroe di carta e inchiostro in quegli anni cinquanta che profumano di America e di guai lontano un miglio.

Servono un paio di pagine per riuscire a guardare con gli occhi del detective di Spada e per sentire con le sue orecchie, questo va detto, perché la scrittura che ci coinvolge è tanto particolare quanto elegante ed valida; sono due pagine che passano in fretta, comunque, come i giri a vuoto di un LP che fruscia di polvere e di magia sotto il graffio vitale della puntina. In attesa che la musica inizi a trascinarci con sé.

Frank Spada ci fa suonare, insomma, per renderci parte integrante della storia che ha deciso di raccontarci, come attori e comparse di un film di tanti anni fa, mentre una dark lady ci strizza l’occhio e una nave salpa. E mentre i complotti, che ci animano insieme al jazz più raffinato, ci costringono a slacciare la cravatta e qualche bottone prima di buttar giù un bourbon di quelli davvero tosti.

Tosti come Frank Spada, ovviamente.

Il romanzo in breve

Il tempo che non muore è quello che ritorna? Pare di sì, se Marlowe questa volta indaga il mistero del passato racchiuso in una busta, dopo aver presenziato al funerale di un suo amico, il poliziotto Neffie O’Dougharty, morto per un incidente casuale quanto la fortuna che ruota attorno ad un tesoro e che il detective scoprirà per salvare la sua vita.

California e dintorni, come sempre in compagnia della sua Olds, del “compare” appiccicato addosso e del jazz che ritma i suoi imprevedibili pensieri.


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