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Doppio urlo

Da Olivierifrancesco

DOPPIO URLO

DOPPIO URLO
Do p p i o    u r l o d i F r a n c e s c o   O l i v i e r i   e   S t e f a n o   V a l b o n e s i

                                                                             Tutti i diritti riservati Che l'umana scienza del perbenismo si incolli al culo delle prostitute massmediatiche che il saltimbanco dell'eterna giovinezza, circondato dall'estasi dell'amore siliconato si sfondi nel ventre della fame incessante di una generazione spompata che le gambe allagate di sangue terroristico mietano sputi incollati al potere che troppo sulle vostre facce da servi culi a coltelli e zanne che succhiano cervelli volano sulle macerie di giovani vecchi bombardano le quattr'ossa di quattro giorni rimasti da vivere trascinarci che avete rubato la terra ai figli la sborra feconda a genitali per sempre castrati da voi déi invidiosi.
che l'esalazione delle eterne promesse si spalmano come sterco sulle bocche di santi mistificatori che il bianco vestito cattolico gronda cervelli parabolici vangeli scontati al mercato del sesso cherubino.
A te che rolli canne nel cesso di motel avulsi dal contesto spaziale a te che premi la clitoride contro il femminismo derubato a te che spargi gengive piene d'arsenico rimorso per denti-ingranaggi a te che ti spacchi i polmoni a gridare dietro gli uomini puttane che ti comprano all'ingrosso neon che balenano su teschi a rate su vite a prestito spot di colori vuoti tette iperboliche e sensosesso gonfio di plastica e soldi a te precipita l'urlo che gli assassini perdano le loro armi che i loro proiettili scalino nel buco del culo nelle gabbie che hanno preparato per noi che si spaccano i denti occhi sull'acciaio al quale vorrebbero impiccarci.
non chiedeteci il delirio della morte indietro non intubateci nel vostro qualunquismo similparafavolesco non addobbateci di palle e cannoni ricolmi di giudici corrotti non amateci nel prossimo motel a ore.
Celebriamo la vita dell'inculare a sangue le stelle della giovinezza celebriamo l'odio che salpa sulle corde di un tubo catodico celebriamo l'innesto di popolini morti e sepolti celebriamo la catarsi di vetro nella bocca spaccadenti di cellule staminali preservate da goldoni ricolmi di sorrisi ecclesiastici.
sia lo sfascio del tempo dalle colonne catto-fascio-benpensanti col pizzo in testa a lingue fin troppo ben educate sia il fremito che apre le case quotidiane di vite incastrate tra un mutuo e l'esaltazione orgasmica di una lavatrice-frigorifero a ventiquattro rate mensili sia il tracollo a ritmo di sax acid jazz e saliva che sgrondano dai baci di amanti nascosti oltre il guardrail oltre i bar le strade vuote di una città che sembra un museo
Siamo carne di stelle pensieri in forma di cazzi e sguardi che abbiamo voglia di pestare i piedi di aprire le ossa dagli abbracci soffocanti dei padri usati come mare di melma e brodo indigesto siamo corpi amalgamati nel centro di un grande dito medio a voi innalzato siamo vomito di parole circoncise da religioni scimmiottesche siamo prigionieri liberi del tempo per spararvi in gola la rabbia rossa accorata alle sbarre della vostre prigioni d'oro siamo uccelli e cazzi e mazzi e libellule che spaccano le teste del perbenismo benpensante
Sparate al cuore sparate al cervello sparate al pancreas sparate alle braccia sparate alle ossa screpolate sparate al dio della verità sparate al gusto della gioia sparate al sorriso sparate ai baci rarefatti sparate ai cani randagi sparate alla libertà sparate ai pensieri reali sparate al fumo sparate alle droghe sparate al nostro camminare sparate alle mani alzate sparate alla luna sparate alla figa di moda sparate al bovino che fuma antibiotici per non morire sparate a tutti noi sparate che già avete sparato sparate ancora sparate perché ci vorrete spariti dalle vie dal cielo stipati nei cartoni buttati defluiti negli scoli gettati nei cumuli d'immondizia voi morti che avete sparato per volere altrui avete avuto figli non morti ci amerete voi solo quando saremo morti appesi come voi al chiodo sudicio di un quadretto in bianco e nero punto sparato che interrompe l'omonimo neutro di un corridoio anonimo in una casa vuota.
Siamo i morti che vi cullano gli incubi siamo i morti che vi scopano i vostri culi piatti siamo i morti che gareggiano a chi ve lo succhia meglio siamo i morti che leccano le vostre paure siamo i morti che strisciano nelle vostre budella siamo i morti che nelle lamiere vi regalano cancro gonorrea epatite aids siamo i morti che vi strappano gli occhi siamo i morti che leggono i telegiornali siamo i morti crocefissi appesi alla vostra indifferenza siamo i morti vestiti a festa che cantano le leggi dottrinali candelabri esorcizzati si infilano nell'ano per sciogliere i conflitti dell'universo lampade di steroidi che ammazzano bambini vecchi del parco drogati siamo morti siamo morti siamo morti siamo morti e per questo vivi. vivi come gli spettri che infestano gli orli delle vostre serie tv vivi come i tarli che vi bucano il legno negli armadi e assediano i corredi vostri per le belle occasioni della vita di una vita passata in coda a una banca alla posta all'ospedale al supermercato a barattare pianti grida e i giorni superstiti per otto ore al giorno di schiavitù uno stipendio da mezza pompa di una vecchia bavosa ai bordi del mondo soldi che fate brillare come oro sulle facce deformi dei nostri teschi
Che le menti deformi del capitalismo si snocciolino succose ricette anticrisi da profeti ignoranti che l'illusione si accalca allo spettacolo al vincente che prende fa pompini a mazzette e tangenti taglia il crack col biberon della mammella salvifica che il controllo delle utopie si annienta nel baratro della carneficina animalesca orgiastica chimera di un posto di lavoro assuefatto dalle pillole pubblicitarie che la vendita della carne è il vero macello della putrida mente immanente che dio bestemmia il proprio ateismo in nome della guerra crociata che il controllo delle masse si sperimenta sulla pelle della corruzione nella ricchezza igienica che lava i culi di manager ruspanti
Crisi, Crisi, Crisi urliamo la crisi pisciamo la crisi mangiamo la crisi scopiamo la crisi crisi di caramelle assuefatte di totem da statistiche iperboliche crisi da sondaggi mediatici crisi di fiumi sorridenti che esondano nel catrame dell'alienazione crisi di merci sparpagliate sul nastro divino della concorrenza crisi di debiti venduti comprati venduti comprati venduti comprati venduti la borsa perde la borsa vince la borsa succhia il tempo con filigrana tagliente arma dell'economica nazione manipolo nel buco nero del culo Italia elettroshock a base di soldi elettroshock frullati di odio multinazionale
Ode al buco nero ricolmo di vuoto ode al nano rifatto sorriso al cianuro malta terremotata ode all'odio che accarezza la vulva della distruzione perenne ode al dio sparafuoco che sommerge le bocche affamate ode al senzatetto cane randagio infilzato nel cordone ombelicale dell'alcool ode al tabacco che incespica nel parlare quotidiano odea a sorella cocaina incravattata su via Roma tra il palazzo del presidente il centro sociale barricato di spermatozoi maturi invadenti incazzati drogati di centri commerciali e tecnologia appesa ai fili spinati dei cervelli come sacre sindoni ode alla religione più forte che sfonda pensieri a colpi di machete e crocefissi resuscitati ode alla figa buca da cesso colma di creme solari e saponette vibranti ode alla libertà derubata che digrigna i denti sull'autostrada deragliata
E corriamo come bavosi sul consumismo e corriamo come il guru televisivo faccia da voto fottuto corpo di cazzo moscio sbatte puttane col potere immerso di merda e corriamo sulla torre di Pisa urlanti come un Giotto narcotizzato e corriamo sui binari dei suicidi per stanare l'urlo che smuove la rabbia e corriamo tra marionette con pizzo e tutù tra leccaculo dell'arrivismo e corriamo spalmando una siringa nella vena bluastra ebbra elogia del fancazzismo idolatrante sminuente assuefatto di fucili leviatani e corriamo per non morire sulla morte sempreverde e corriamo sulla pancia dell'abbondanza e corriamo sui sorrisi del colera africano e corriamo sulle bombe intelligenti assetate di acqua potabile acqua di sangue imperante acqua salata per poveri acerbi corpi da macello e corriamo sul mare nero generazione che beve petrolio schizzando in faccia pompini di plutonio e diossina
e poi il respiro aperto che la malattia esala dallo sgrondo cavato per le nostre budella la malattia fatta nebbia che intride il respiro sugli spicci di pensieri aperti che l’anima esalta - se ce l’abbiamo un’anima e non quella pagina a quadretti incasellata dove ci mettete la casacca, due pugni di stronzate che pesano solo perché troppi culi hanno bocca per sfiatarne il nome a mitraglia - se ce l’abbiamo un’anima   e non il ripetuto quadrante d’ore uguali levate a nere sentinelle di versi e sensi che così è! dove ci facciamo mettere la casacca e due montate a croce da chi prima di noi, solo perché è prima, dato rimontato monta e dietro al premio di produzione, dietro a ogni bigotta scheda di valutazione, dietro a ogni inchino e piegare schiena al baroncino, dietro a ogni curva dopo pioggia e dentro prato fango che sale, larve in trabocco falene che di notte scoppiano contro fuoco ma credono alla luce.
È tutto qui il circo vostro e il prezzo del biglietto è già furto all’apripista, e luci sulla pista, che ci sorbiamo quanto siamo bravi, quanto siete grandi, quanto leccare ci piace un uomo della strada o un giorno con a pezzi la schiena – e il cuore – dopo ore al lavoro, ma di lavoro manco un’ora – quelli che leccano l’uomo della strada – e non hanno altro che miliardi, troie e cicisbei a elio e doping. E tu, io, voi, NOI, lusingati e presi fino al culo, vogliamo solo essere loro. E luci sulla pista, che ci sorbiamo le medaglie in petto, i cori alti di chi si crede dio e non sa lo specchio che lo fulmina bimbo in lagna,  di chi si ama e spaccia per amore che si ama, e fa di cazzo e fica egoismo e chiodo dove appende l’universo, e dell’egoismo cazzo e fica dell’universo al chiodo come un insetto sotto vetro da museo, con mucchi di persone che spillano sangue per usuraia esposizione. E luci sulla pista, che ci sorbiamo merde di pecore urlanti che si masturbano fra loro e si credono duci, cleopatre e popoli da storia, che si lavano gli intestini e parlano alla pancia, e con idee da bile coprono intorno, come pioggia acida che scava e svuota e ammazza gente negli applausi di sintetico orgasmo e dare alla testa. E ci sorbiamo dio, l’alletto del cervello e della pancia senza freni, che fa carezze saporose, che fa venire in testa e deliri a sventaglio in forma d’alta legge, che dietro le parole adorne non c’è che l’oratore acceso e il ventaglio di ditaseghelini squadernato. e davanti soprusi e filze d’arroganza in tornaconto, e sangue a carcasse livide, a carogne spezzate e necrofili agghindati. 
E tutto va – finché la barca va – giù per un pozzo che anneri ogni virgola che batte lo scroscio che stinge i cervelli sono intrisi di gelo che sbatte e ci inarca i pensieri sotto il troppo vecchio diluvio di parole senza contro, da ingollare quanto prima negli anni – modelli di servi che quanto più si spezzano schiena senza affanni tanto più tornano a scolo idioti senza ombrelli. E schivare il rovescio dei pregiudizi sarà un affronto alla famiglia ai suoi girodeliriotondi ereditandi al buon pensare falso e arrogante – ma potente – come una madonna che piange alla casa e alla grana, il lavoro e la grana, sesso e bollette la casa e i quattrini, in giro per bere sotto i neon di un altro locale ancora, il lavoro e la grana, sesso e bollette la casa e i quattrini, in giro per bere a parlare di nulla in mezzo ai morti il lavoro e la grana, sesso e bollette la casa e i quattrini, in giro per bere gli stessi lampioni, le stesse strade, luci e motorini, medesime facce che non ti sanno il lavoro e la grana, sesso e bollette la casa e i quattrini, in giro per bere gli stessi cazzo di accenti e gremite le stesse piazze di stessi appuntamenti, il lavoro e la grana, sesso e bollette la casa e i quattrini, in giro per bere a tratti li vedi, i muri che girano intorno, il teatro uguale che allestisce il tuo giorno il lavoro e la grana, sesso e bollette la casa e i quattrini, in giro per bere. A sgranare il nostro rosario degli ebeti giorni, A sgranare le perle dei porci, ci sarà mai l’urlo che dichiara la fine? E noi saremo affronto al timore incusso, ai culi e alla sezione aurea in siringhe ipodermiche che la cultura tralatizia iniettaci, agli aghi negli occhi di troie stese e cogliomini da sogno, che ti fanno godere ti servono ti incensano sanno ogni cosa, fanno ogni cosa specchio perfetto di nostra solitaria sgrillettata. Noi saremo affronto al giro osceno delle parole, svuote carcasse di pesci che illercia teste  di chi ha imparato a tacere, di chi si è fatto diventare vecchio, a inabissare il capo contro una spranga un grido uno stemma, di chi paventa l’ombra e teme angoli e luci a sera, perché gli hanno inciso che all’anima tua ci pensa un funzionario di un dio, perché la notte è del sonno, obbligati a chiuderci a letto e cacarci sotto, pregare che passi la crisi, che non mi licenzino, che non mi derubino, che non mi violentino, che qualcuno mi voglia bene davvero, che non mi gettino bombe come facciamo noi, perché a qualcuno conviene, che non mi venga un tumore, che passi quello sbaglio di uomo che ci ha posto come cineseria senza mente, e succhiata come ultima gomma di sottomarca; che passi quell’ombra incrinata di padre, che ci ha teso a reggimento le maschere ipomposecrite di figli, che passi quell’ombra piegata di madre, che ci ha teso a casa e vanità l’adesivo di dea dipinta di ocra. Che passi il mondo, come un ladro che non trova la preda, come un mostro invincibile, rimasto a pancia vuota, che sparisce solo perché muore non per lotta, ma per vecchiaia. Perché c’è sempre un lupo che ti fa fuori là fuori, c’è sempre un lupo e un cacciatore, scappa dal lupo, nasconditi dal lupo, ringrazia il cacciatore, piegati al cacciatore un lupo e un cacciatore e attenti al bosco! E noi coglioni incappucciati, che vediamo sentieri e siamo code di lupo torniamo a casa e sbraniamo figli, Contenti di non aver mai saputo un cazzo, ma gonfi al bar, nella nostra gabbia di lavoro di quanto siamo nulla e stiamo bene e come va? Va bene, va maluccio, così così, non ci lamentiamo. Non ci lamentiamo. Non ci lamentiamo. Ma saremo affronto alle deiezioni del tempo, a questi porci che incantano con bocca piena di pancia e quattro idee a pappagallo, e i resti delle loro persone date alla muffa in delega a dio, ai soldi, al sesso, a qualcun altro che ha detto due cose, anche lui delegato. Da un potere che è favola soverchia, catena tenente ordine - ordine di lager, di prese in giro, di sentimenti spezzati e gente che non ne vuole sapere nulla di te, di arena che tanto ti devi fare le ossa, no? - Faremo affronto ai begli abiti da vite anoressiche e alle carogne nude e marce fino al midollo, Faremo affronto, noi piccole macchie e spray di vernice, crepe sui muretti dove ti puoi sedere e guardare oltre, perché non moriremo irrisolti senza aver davvero cercato perché c’era un problema, quel garbuglio, quella fatica di anni, perché non siamo padroni del nostro unico tempo.
Affitto da pagare al Risorgimento dell’Unità unità della colla che si infiamma nei dialetti sparafuoco nelle paure del nordista che piscia sul sudista che piscia sul libicotunisinomarocchinoafricano immigrato di merda che sbarca sulle coste lampedusiane. Cazzo vuole questo nero targato guerra? Cazzo vuole questo uomo donna bambino affamato? Il celodurismo è il simbolo di una morta stella alpina la trota il politico del futuro che parla come i puffi.
Lavora Lavora Lavora Bamboccione Lavora Lavora Lavora Bamboccione Lavora Lavora Lavora Hai mille euro se ti impegni Lavora Lavora Lavora Bamboccione Per tre mesi Lavora Lavora Lavora Bamboccione Comunista di merda Bamboccione Mille euro al mese Lavora Bamboccione Mille euro al mese Per tre mesi Hai mille euro se ti impegni Impegnati Bamboccione Comunista di merda Per tre mesi Lavora Lavora Lavora E ringrazia E Ringrazia E Ringrazia Lavora Lavora Lavora E ringrazia E ringrazia E ringrazia Lavora Lavora Lavora Bamboccione Tre mesi E ringrazia Mille euro al mese Se ti impegni Comunista di merda Premio di produzione Lavora E ringrazia Prega Lavora E ringrazia Prega Lavora E ringrazia Prega Lavora E ringrazia
La repubblica italiana è fondata sulla disoccupazione La repubblica italiana è fondata sul bunga bunga La repubblica italiana è una democratura La repubblica italiana è basta che non Ruby Siamo denudati sul lenzuolo cadaverico giapponese Nucleare si Nucleare no Referendum si Referendum no E’ questione di faglia E’ questione di figlia E’ questione di fogna Fogna ricolma di topi da parlamento Fogna di esseri mercenari Amanti della guerra del fotto e scappo Dio s’incula gli atei e Fidel Castro continua a fare il dittatore con le figurine Siete morti della Pasqua Santa Siete i resuscitati della Pasqua dell’uovo in culo Quello che Colombo ha partorito sulle caravelle Adecco Adesso job rapido adesso Risorsa umana colloquio che si spreme il curriculum Sulla mutanda sporca del co.co.co Del chi.chi.chi Del che.che.che Un grande fanculo si erge a voi Un grande fanculo si erge a voi Un grande immenso fanculo si erge a voi.
Volete scoparci come manichini extracomunitari? Volete bombardarci come libici estenuati? Volete tagliarci, infilzarci, stuprarci, imprigionarci? Volete il nostro culo per sbandierarlo al primo comma del potere? Prego allora, avanti, accomodatevi E camminiamo nell’incastro di santi nazisti che masticano pace E saltiamo come drogati sulle strade a battere un buco da quattro soldi E regaliamo il registro delle conversazioni sputtanate al primo che passa Carne di vitello macrobiotica Carne umana al solfato di sodio Sciopero di atti nefasti lavati con lo spazzolino ombrello Rispondiamo nell’etere alle domande di speranza mononucleotica Traduciamo le stelle sull’asfalto netturbino Come santi plebei mistificatori Diamo la buonanotte alla morte cantandole la ninna nanna Dal carcere del mondo Dal centro del monolocale dove ci buchiamo Eroina che diluisce la cattiveria in bicchieri di gioia stroboscopica Cocaina dalle narici pesanti che permuta il nostro cervello
Intoniamo sempre la canzone del Bella ciao Sgangherati pezzi di macelleria Ci masturbiamo di parole per sopravvivere al successo Nel cesso di un’osteria ubriaca di tristezza condivisa Imbrattiamo le idee di Che Guevara e Peace and Love Agonizzando sul marciapiede del perbenismo ladro Ci addormentiamo sul soldo come banchieri senza corda al collo Eterni ricercatori del sogno utopico dell’uguaglianza Anneghiamo nelle piscine di merda rarefatta Quadri cubisti abbandonati a sé stessi Non parliamo che con silenzi ricolmi di urli Repressi nelle budella della paura
Mi piace Non mi piace Mi piace Non mi piace Sei amico Non sei amico Segnala Non segnala Condividi Non condividi Taggo Non taggo Linkami Non linkarmi www non www e tu? E io? E tu cazzo? E io cazzo?
Cazzo siamo nel virtuale facebucchiano Cazzo determiniamo sul carro dell’allegoria di un internet corposo Piatto enorme da mangiare vuoto di nulla scorticato Non siamo pali della luce Siamo pali nella luce Siamo pali nella testa aperta Siamo figli di puttana che slabbrano le vostre convinzioni Siamo cortometraggi viventi che saziano l’appetito uccidendo la morte Siamo stalinisti preti dei del consumismo che si incula Nella cassaforte della multinazionale Siamo kantiani freudiani marxisti fascisti del fate bene fratelli Siamo azione cattolica che spompina dogmi con l’ingoio Siamo forza nuova che svastica l’uccello sotto la ghigliottina Siamo Napoleone e pinco pallo che spremono i coglioni Siamo psiconano che caga le leggi nel cesso d’annunziano Siamo massa di plebei che sbavano alla mostra dell’apparenza Siamo televisivi telegenici che leccano le fiche minorenni Siamo mostri della natura che raccoglie l’esodo della giustizia Siamo fango che stilla dal culo del mondo e intride l’aria Siamo i vizzi maggiordomi che bramano un padrone, buoni servi che cercano il loro medioevo, il feudo dove potersi piegare e crepare, servi delle gleba a testa alta. Siamo l’attesa del regionale, degli idioti a bocca aperta che aspettano di leccare spruzzi di parole dall’alto gli fai la voce grossa e scappa come cane sassaiolato, ma se non siamo sassi o terra bruciata, se siamo almeno come le foreste che abbattiamo, i vitelli in gabbia e i cumuli di morti sotto le macerie, se siamo come chi deve fare la spesa al supermercato con soli venti euro se siamo come chi raccoglie in silenzio rotto i cocci di un sogno umifrantoliato, allora saremo contro e infurio, allora saremo affronto e urlo.
Denudati del sacro vivere dionisiaco Accerchiati dal mutante individualismo Levrieri senza corsa nelle gambe Spariamo parole d’acciaio Bombaroli di pensieri urlanti
Lo conosciamo bene

il vostro finto progresso
il vostro comandamento
Ama il consumo come te stesso
e se voi lo avete osservato
fino ad assolvere chi ci ha sparato
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
voi non potrete fermare il tempo
gli fate solo perdere tempo.

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