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Dr. jekyll & mr. hyde

Da Miwako
So cose che non dovrei sapere. Cose che si suppone io non sappia, che mi sfiorano appena, indirettamente, di cui sono venuta a conoscenza in maniera accidentale. Così mi capita di ritrovarmi sola, con queste informazioni disattente e imprecise tra le mani, scomode come un sasso nella scarpa, così piccole da essere solo la debole sfumatura di una verità oggettiva. Ma io che con le sfumature ci coloro mondi interi, non riesco a smettere di pensarci, a quel dettaglio insignificante e vigliacco.Aggravanti, attenuanti. Punti di vista. A volte il la differenza è così sottile che le due cose coincidono.E ora? Che ci faccio? Assolutamente niente, le caccio sotto il tappeto, dove stanno le altre cose che non dovrei sapere, così si fanno compagnia tra di loro.
Conosco Mr. Hyde da molti anni. Le modalità della nostra conoscenza, non mi permettono di essere obiettiva, imparziale, ma credo di sapere chi è. E' una persona intelligente, ironica, sbrigativa, disattenta, individualista, forse un po'crudele, pur senza intenderlo. Mi sono sempre chiesta che volto avesse il  Dottor Jekyll; avendolo intravisto solo in rare occasioni, mi riesce impossibile tracciarne un ritratto, nonostante tutto questo tempo. Ad un certo punto, credo di aver rinunciato all'idea di conoscere il Dottor Jekyll, di essermi quasi scordata della sua esistenza, tanto è predominante in lui la presenza Mr Hyde. E avrei continuato a credere nell'assenza quasi totale di lotte intestine tra i due, se non fossi inciampata in quelle cose che non dovrei sapere.Sono rimasta di stucco, nello scoprire che Hyde è vivo e vegeto dentro Jekyll. Questo cambia tutto. Hyde sa di essere Jekyll. E allora la prospettiva non è più la stessa, non può più essere la stessa.
E quella frase, come una piccola incrinatura su un vinile, risuona in loop nel mio cervello, ininterrottamente ormai, e non accenna a smettere. Un dettaglio che ha la rilevanza di una cerniera in un pomposo abito con strascico; di un fotogramma in un film di 180 minuti; di una macchia in un dipinto di Monet. Nessuno la nota, nel complesso. Ma se non ci fosse, la differenza sarebbe sostanziale.
E mi dispiace, mi dispiace davvero tanto; perchè lo so come ci si sente, e vorrei poter fare qualcosa, vorrei dirgli " Lo so. Non ti preoccupare, usami per dire tutto quello che ti sei tenuto dentro fino adesso, usami per fare a metà con qualcuno delle tue pene, usami anche se sono l'ultima persona al mondo con cui vorresti parlarne, perchè non c'è nessun altro che puoi usare ed io lo so. Consegnerò tutto al vento e poi me ne dimenticherò". Ma non posso. Non posso proprio. E fa male. 
Non credo di aver mai sospettato in lui una sensibilità così spiccata da essere invisibile ad occhio umano. Non credo di aver mai percepito la stonatura tra ciò che è nella sua essenza e ciò che si vede , tra Jekyll e Hyde. Non credo nemmeno che sia ciò che Jekyll desidera, a questo punto. Probabilmente, il suo alter ego gli consente una gamma così vasta di opzioni da renderlo libero di fare ciò che vuole, nel bene e nel male, anche fregandosene di tutto il resto; l'irrimediabile malignità che è il mordente che tiene vivo Hyde, assurge a giustificazione di ogni cosa, di ogni aspettativa disillusa, di ogni passo falso, di ogni compito inadempiuto. Perchè è questo che ci si aspetta da lui in quanto Hyde. E se, qualche volta, nel mezzo, ne scappa una giusta, chi gli sta intorno, al massimo, potrà rimanerne piacevolmente sorpreso; per tutte quelle volte in cui il risultato non è altro se non la conferma del suo essere fallimentare sotto multipli punti di vista, la reazione di chi gli sta intorno sarà un "c'era da aspettarselo" amaro ma consapevole.Una tristezza inenarrabile mi sale dal petto nel sapere quest'uomo vittima dell'unica parte di se stesso che ha saputo, voluto, potuto mostrare, schiavo di quella sua incapacità di lasciarsi essere, di mettersi in gioco, ostentando disineresse come scudo per il mondo, come scusa per ogni mancanza, come paravento per non essere visto. I paraventi coprono alla vista, i tappi all'udito, la distanza al tatto, l'assenza al gusto, il profumo all'olfatto, ma non c'è niente, e dico niente, in grado di coprire gli strepiti di un animo in pena.
Non c'avevi pensato a questo, eh Jekyll? Nella furia giovanile che ti ha spinto a plagiarti per lasciarti libero di essere schiavo, negli anni passati a costruirti un'armatura di cartone con la parte peggiore di te, non hai messo in conto che c'è un senso senza nome, che non ha un organo di riferimento, il cui unico strumento è il sentire, in grado di smascherare la tua natura celatamente bifida, di scovare la parte migliore di te anche sotto tutti quegli strati di roba che ti sei messo addosso negli anni. La cosa positiva delle gabbie mentali, la cosa che solitamente sfugge, ma che non discrimina, sia che tu ti ci sia trovato dalla nascita, sia che tu te le sia costruito intorno, è che la chiave ce l'hai tu. Sempre. 
Perciò, nonostante la testardaggine che ti tiene incatenato in un mondo in cui sei solo con te stesso, nonostante sappia che non ti va affatto di toglierti la maschera e lasciare la tua comfort zone, nonostante abbia solo supposto tutto questo dalla cerniera della tua armatura, il mio augurio, caro Jekyll, è quello di lasciar cadere i paraventi, di non aver paura, di lasciarti uscire per come sei.  E te lo scrivo qui, dove non puoi leggerlo perchè non sai dell'esistenza di questo posto, te lo dico qui, nell'unico posto dove posso farlo per ora, lo dico a te, cui sono lontana nei fatti, vicina nel cuore. Troverò un modo per farmi strada attraverso la tua armatura, dirti tutto questo quando sarai pronto a sentirlo, senza che la cosa prenda i toni accesi di una caccia alle streghe, senza che i tuoi paraventi debbano cadere se tu non sei pronto a lasciarli andare, senza che nessuno sappia che io so, se tu non lo vorrai. Ricordati che ti voglio bene, Dottor Jekyll, nonostante tutto.


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