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Dracula

Creato il 08 dicembre 2012 da Af68 @AntonioFalcone1

sangue, sanguePresentato, fuori concorso, alla Sezione di Mezzanotte del 65mo Festival di Cannes, Dracula di Dario Argento è un film che palesa una sola utilità, da un punto di vista strettamente cinematografico, dare triste conferma del costante immobilismo creativo del regista, l’incapacità d’armonizzare il suo estro al mutare dei tempi, cullandosi nel ricordo di quell’inventiva geniale che un tempo gli era propria.
Comprendo le ragioni filologiche che lo hanno condotto all’ennesima trasposizione dell’omonimo romanzo di Bram Stoker, riportare la figura del vampiro al mito originario (sensualità, ferocia e maledizione eterna), ma non mi sembra abbia molto senso ricalcare precedenti realizzazioni in modo pedissequo, vedi l’ atmosfera gotica solo di facciata e strettamente di maniera, le musiche di Claudio Simonetti o, infine, i benvenuti effetti grand guignol, sbattuti però in faccia senza un minimo di visionarietà, preferendole il grottesco e l’assurdo.

Cristopher Lee

Cristopher Lee

I riferimenti ai classici, recenti o meno, sono infatti numerosi, dal capolavoro di F. W. Murnau, Nosferatu il vampiro, all’operazione fedeltà di Francis Ford Coppola, passando per l’archetipo Universal del ’31 con l’indimenticabile Bela Lugosi e i canini sanguinanti di Cristopher Lee nelle riproposizioni Hammer degli anni ’50 o pellicole come Andy Warhol’s Blood for Dracula (Paul Morrisey).
La sceneggiatura (Argento, Antonio Tentori, Stefano Piani, Erinque Cerezo) attinge dal romanzo originario apportandovi consistenti modifiche, tra le quali la più evidente è restringere il campo degli eventi in un piccolo villaggio, dove Argento innesta le linee madri del proprio percorso horror: notti da tregenda, bosco lupesco e il castello che si staglia minaccioso sulla collina (paura!).
Marta Gastini e Asia Argento

Marta Gastini e Asia Argento

Il bibliotecario Jonathan Harker (Unax Ugalde) giunge a Passo Borgo, in vista di un lavoro presso il conte Dracula (Thomas Kretschmann ), persona estremamente cortese ed ospitale, per quanto vagamente inquietante, temuta e rispettata in eguale misura dai valligiani. La moglie di Harker, Mina (Marta Gastini), lo raggiungerà da lì a poco, ospite dell’amica Lucy (Asia Argento) e ben presto verremo a sapere come tutto sia un piano ordito dal conte, in realtà il nosferatu delle antiche leggende, che vede in Mina la reincarnazione della sempre amata consorte, Dolingen De Gratz, morta secoli prima.
Intanto, per porre fine ad una linea di sangue che ha compreso anche Lucy tra le vittime, viene chiamato l’esperto Dr. Van Helsing (Rutger Hauer)…
Rutger Hauer

Rutger Hauer

Una scrittura sin troppo piatta ed anodina, oltre che caratterizzata da vuoti ed incongruenze, si rende degna compagna di una regia, ahimè, sguazzante nella pozza di una fantasia ormai spenta, abile solo a far “risaltare” una recitazione a dir poco pessima, per cui ogni singolo attore non è altro che una labile figurina, teatralmente mobile sullo sfondo di una comunque curata scenografia (Claudio Cosentino). Tra i ruoli improbabili spicca Lucy interpretata da Asia Argento, che esibisce, oltre alle sue grazie, come da prassi consolidata, la solita espressione malamente corrucciata (corsi e ricorsi storici, dall’ “occhio della madre” al “broncio della figlia”), palesando un sentore erotico del tutto simile a quello proprio delle inquadrature dal buco della serratura nelle commediacce sexy d’antan.
Thomas Kretschmann

Thomas Kretschmann

La sensualità propriamente detta resta affidata ai languidi mugolii al momento della fatidica suzione, tanto per esplicare l’argenteo simbolismo, mentre il fascino sempre eterno di Mina/Marta Gastini, valido a ridestare i non morti, è così sconvolgente da essere pari a quello espresso, con più efficacia, da qualsiasi oggetto inanimato le si voglia accostare.
Il migliore in campo, ma tra lo spaesamento generale non era poi così difficile, mi è apparso Hauer, fiero cipiglio e mobile sopracciglio, motivato dall’adeguato guiderdone previsto ad integrazione del piano pensionistico.
Dracula è creatura dolente, non nel senso inteso dal regista, con Kretschmann veramente espressivo solo quando si trasforma in gufo, lupo, aracnide o insetto (mosca, scarafone, mantide, quest’ultima vero coup de theatre e definitivo suggello kitsch). Avvolto ed irrigidito in una nera palandrana, il conte appare più impalato che Impalatore, dando la netta sensazione che il famoso paletto di frassino sia stato assunto anzitempo e non per la via suggerita dalla tradizione. Rammentando la mia visione nella consueta dimensione (il film è distribuito anche in 3D), concludo con questa riflessione: nel valutare un autore di lungo corso, appare più proficuo il buon ricordo di ciò che è stato, ove se ne ravvedano le ragioni, in luogo del constatare quel che adesso è.

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