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Draquila: sospetti sull’Abruzzo

Da Lalternativa

Pochi mesi fa è uscito nelle sale cinematografiche il film “Draquila, L’Italia che trema” di Sabina Guzzanti che parla del terremoto dell’Aquila. E’ un inchiesta-reportage sullo stile Michael Moore, di una donna acuta e indagatrice che vuol dare una visione completa della situazione abruzzese che ha radici profonde  nella politica italiana, così troppo corrotta. Un film da vedere a mio parere.

Draquila si rivela la maschera tragica del nostro Paese. La Guzzanti non sta a guardare e così solleva la voce. Una voce che non ha paura di raccontare e cerca di dare una scossa al cambiamento, con il suo messaggio: il diritto di espressione è il cemento della democrazia.

Sotto le macerie non ci sono soltanto i corpi esanimi degli abruzzesi, ma c’è molto di più. Innanzitutto una riunione tra Protezione civile e sismologi – alla quale partecipa anche Bertolaso – al termine della quale si decide che le scosse, registrate in tutto l’Abruzzo nei 4 mesi precedenti al terremoto, non destano alcuna preoccupazione. Sotto le macerie ci sono le risate degli imprenditori che si telefonano per raccomandarsi a vicenda un rapido inserimento nell’affare terremoto. Poi ci sono i milioni di euro per tenere i sopravvissuti in alberghi costosi, mentre basterebbe spendere poche migliaia di euro ad abitazione per rendere di nuovo agibili quelle rimaste quasi del tutto in piedi. E soprattutto c’è la rabbia di quelli che le case della new town, promesse dal governo, non le hanno ancora avute. Queste persone vivono ancora nei campi militarizzati, dove è proibito dare da bere caffè e coca cola per non eccitare gli sfollati.

Fra le tante interviste e storie, dove emergono dettagli inquietanti, c’è anche spazio alla tenerezza. Come quella che suscita il racconto di una dolce e arzilla nonnina.

Tra le righe della sua storia si cela la sua forza. E, nonostante la catastrofe sismica sia ancora legata alla sua terra, non vuole arrendersi e dice no. Qualcuno le fa una proposta: “Signora, allora lei ha dei problemi di salute e l’unica cosa che possiamo fare è quella di metterla in qualche ospizio dove lei può fare le cure adeguate”. E lei, per tutta risposta chiede: “Ma lei la mamma c’è l’ha?”. La risposta che le viene data è un sì. E la signora allora dice: “Bene, portaci tua mamma perché io non ci vado!”

Davanti allo schermo si prova un senso di incapacità, ci si sente telespettatori inetti e ci si chiede: come si fa a cambiare questo sistema sbagliato? Che sia di destra o di sinistra non importa, ma importa che chi è al “potere” agisca per il bene di tutti. Ma il potere purtroppo viene usato per scopi assolutamente diversi da quelli solitamente dichiarati e i risultati, ahimè, sono quelli che vediamo in Italia e nel resto del mondo.

Il potere causa la distribuzione dei valori sociali e maschera le disuguaglianze sociali. I poveri sono poveri perché non hanno il potere e quindi non riescono a procurarsi ciò di cui hanno bisogno. I ricchi sanno servirsi della politica per conquistare il potere, che porta ad un tunnel sempre più buio e sporco, perché avendo già molto più del necessario, vivono nello stralusso diventando sempre più avidi, arrivando a fare patti anche col diavolo.

Così la frase pronunciata in Draquila dal magistrato Antonio Ingroia è quella che sintetizza meglio il film: “La criminalità organizzata ha sempre avuto bisogno di un referente politico”.

C’è chi scappa per venire fuori da questa condizione ineluttabile: codardi o intraprendenti?

C’è chi resta sperando che le cose migliorino: sognatori o stupidi?

Io non riesco a dare delle risposte, ma vorrei tanto averle.

Anna Cramarossa


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