Magazine Viaggi

Due giorni a Dubai

Creato il 27 ottobre 2015 da Patrickc

Di passaggio negli Emirati Arabi, in viaggio verso la Nuova Zelanda. Perché  prima o poi a Dubai ci si ferma.

Osservo dall’alto la distesa di luci nel deserto che si spegne nel buio del mare. Migliaia di puntini luminosi, migliaia di impianti di aria condizionata che rendono vivibili gli appartamenti dove altrimenti si soffocherebbe come qui, ora, all’aperto. Non posso fare a meno di pensare alla smodata quantità di energia e di soldi che mantengono artificialmente in vita questa città, sorta dove non dovrebbe, in modo disordinato e sgraziato. Dubai è la città del futuro, dicono. Ma io il futuro lo immagino, lo spero, differente: se questo flusso di denaro dovesse interrompersi, fra vent’anni qua potrebbe esserci di nuovo il deserto, penso.

È mezzanotte e ci sono 39 gradi, l’umidità è altissima e si incolla sui vestiti, sulle superfici degli oggetti. Ci siamo seduti all’aperto in un rooftop bar per vedere il panorama, ma sembra di essere in un bagno turco, la fine di agosto qui è così: i tavoli vicini al nostro sulla cima di un grande hotel dalla forma triangolare sono fradici come se avesse piovuto da poco. E invece non piove da mesi e questa è l’unica acqua dolce che si possa trovare da queste parti senza aprire un rubinetto. “Che città è questa? —si chiedeva un tassista pachistano con il quale avevamo scambiato qualche chiacchera durante un tragitto —. Dubai va bene per lavorare, il lavoro è buono, mando a casa soldi per la mia famiglia. Ma non va bene per nient’altro, con questo caldo non puoi startene in un parco, non puoi far niente. È una città per i ricchi, per chi ha soldi e può starsene tutto il giorno in un centro commerciale”. O, a giudicare dal conto astronomico che ci viene presentato, sul tetto di un albergo, a sorseggiare un cocktail.

Le foto scattate dall'Uptown bar di Dubai

Le foto scattate dall’Uptown bar di Dubai. Si inteavede sulla destra la sagoma illuminata del Burj Khalifa, a 830 metri il grattacialo più alto del mondo. (foto di Patrick Colgan, 2015)

I centri commerciali di Dubai

Puoi sciare, o fare un’immersione sub in mezzo agli squali in un enorme acquario su tre piani, a Dubai. I centri commerciali principali sono Dubai Mall ed Emirates Mall, luoghi della possibilità, dei divertimenti un po’ infantili e assurdi. “Sembra che che a Dubai facciano qualcosa solo per far vedere che possono farlo: si dicono ‘vediamo come possiamo buttare i soldi oggi’, e lo fanno”, mi aveva detto un conoscente. E l’impressione al Dubai Mall è proprio questa. Aria condizionata spinta, l’enorme acquario e cascate d’acqua che non si sa bene da dove arrivi. E poi un grande vuoto. Gli spazi sono enormi e non ho idea se ci siano in momenti in cui c’è più gente, ma sembra davvero tutto troppo grande: l’espressione ‘cattedrale nel deserto’, non è mai sembrata così perfetta. Come scrive la guida, non sono esattamente  “posti in cui si va per comprare uno spazzolino”, ma abbondano invece cover e accessori per smartphone, vestiti, gioielli, ed elettronica.
Ci si arriva solo in auto, andare a piedi è praticamente vietato (e sarebbe comunque impossibile). E quando proviamo a uscire per affrontare i 46 gradi dell’esterno ci ricacciano indietro: dobbiamo assolutamente avere un’auto o prendere un taxi. Non è nemmeno semplicissimo prendere un taxi: dobbiamo dribblare un abusivo che pretende il doppio di quanto abbiamo calcolato con un taxi normale (e in effetti avremo ragione) e poi impegnarci per trovare la strada per la stazione dei taxi nei dedali sotterranei del centro commerciale. È un po’ come i casinò di Las Vegas: entrare non è difficile, uscire può essere un problema.

Due giorni a Dubai, i grattacieli non mancheranno

Un po’ di grattacieli a Dubai (foto di Patrick Colgan, 2015)

La sobria cascata del Dubai mall (foto di Patrick Colgan, 2015)

La sobria cascata del Dubai mall (foto di Patrick Colgan, 2015)

La città vecchia: Bur Dubai e Deira

C’è anche una Dubai a me un po’ più congeniale. La città vecchia, per esempio, avvinghiata al Creek, un’insenatura di acqua salata che taglia la città in due, separando Bur Dubai e Deira, vicino all’aeroporto. Ci arriviamo infilandoci sull’enorme autostrada che qui si prende anche per fare pochi chilometri, passiamo a fianco dell’Emirates Mall con la strana appendice a zig zag della pista di sci artificiale che dall’esterno sembra l’involucro di un grande acquascivolo e ho tempo di chiedermi a cosa serva la metro che è praticamente irraggiungibile a piedi (un mistero che forse con qualche giorno di più avrei risolto). E poi veniamo lasciati in mezzo alla strada sotto una luce abbacinante.

Deira non è nulla di speciale, assomiglia a una cittadina mediorientale qualsiasi, anonima. Ci sono i soliti edifici senza carattere né forma, che portano male i loro pochi decenni di storia, e poi i souk, delle spezie, dei profumi e dell’oro (con una scintillante via di gioiellieri): fra i profumi delle spezie e qualche prodotto artigianale interessante c’è molta paccottiglia e commercianti così insistenti da far impallidire Marrakech, non me ne vogliano i loro colleghi marocchini. Così finiamo per fermarci a prendere delle belle babbucce dall’unico, simpatico, commerciante che proprio non ci fila nemmeno di striscio fino a quando non ci facciamo notare. Poi torniamo lungo il Creek, dove sono ormeggiate tante barche in fila. Prendiamo una delle imbarcazioni che fanno la spola sul Creek (tenetevi degli spiccioli, 1 dirham a tratta) per andare a Bur Dubai. Vorremmo pure vedere il museo di Dubai, ma lo troviamo chiuso per motivi poco chiari. E così, sudati e un po’ disorientati cerchiamo di arrivare fino al vecchio quartiere di Al Bastakiya, ma dopo aver sbagliato strada un paio di volte — qui si può camminare — le gambe si piegano molto prima di arrivare a destinazione, sotto le martellate del caldo rovente. Riusciamo a malapena a trascinarci in un ristorante indiano vegetariano (Puranmal) dove l’aria condizionata gelida per una volta significa salvezza. Qui, per pochi dhiram, facciamo un pranzo indimenticabile seguendo i suggerimenti del cameriere: Paneer Labadar, ancora posso sentirne il sapore.

Al Bastakiya, foto di Diego Delso, da Wikimedia commons licenza creative commons cc-by-sa 3.0

Al Bastakiya, dove non siamo arrivati. Foto di Diego Delso, da Wikimedia commons
licenza creative commons cc-by-sa 3.0

La Dubai che mi piace

Ma più che la città vecchia c’è un’altra Dubai che mi piace e mi lascia con una sensazione positiva un po’ imprevista, e forse un po’ superficiale. È una città, vero, dove c’è manovalanza proveniente da mezza Asia che lavora in condizioni difficili, anche ambientali (basta pensare all’edilizia). Ma è un posto che ha una strana atmosfera cosmopolita: del resto l’80 per cento della popolazione è straniero. A parte i lavori più umili e i tassisti, moltissimi sono pachistani, c’è gente da tutto il mondo (Estremo Oriente ed Europa in particolare) che fa i lavori di fascia media: cuochi, camerieri, baristi, commessi. La presenza di così tanti giovani di Paesi diversi in città per fare un’esperienza di lavoro emana una positività, un ottimismo difficili da descrivere, ma che però posso percepire. Forse, se avessi vent’anni, immagino, sarebbe un posto dove andare per sei mesi.

Fuori Dubai: il deserto

Il deserto di sabbia, l’Erg, è sempre bellissimo. E per me vale la pena partire con un gruppo per vederlo, quando è possibile, anche se è tutto ‘turistico’, nel senso più negativo del termine. L’escursione organizzata (proposta da molte agenzie) si fa in fuoristrada e la destinazione è un accampamento dove si cenerà nel deserto. I fuoristrada delle varie agenzie passano un checkpoint, l’area è recintata, e si radunano in un parcheggio. Possono diventare diverse decine. E poi partono in fila indiana. Del pacchetto fa sempre parte la guida sportiva sulle dune, piena di bruschi saliscendi e derapate sulla sabbia, in stile Parigi-Dakar. Chi soffre di mal d’auto prenda precauzioni. Quindi, dopo uno spettacolo di falconeria, si va a cena. E, sorpresa, l’umidità qui è molto più bassa che in città ed è decisamente meno caldo.

I fuoristrada nel deserto di Dubai

I fuoristrada nel deserto di Dubai (foto di Patrick Colgan, 2015)

Il deserto di Dubai

Il deserto di Dubai

Informazioni utili e orientamento a Dubai (in pillole)


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine