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“Due mostri” di David McKee, Lapis

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

duemostricopDavid McKee è celebre per essere il papà letterario del variopinto elefantino Elmer, personaggio che con giocosità e lievità, ma con estrema efficacia, racconta ai bambini la bellezza e la ricchezza racchiuse nella diversità.

La casa editrice Lapis ha riportato recentemente sugli scaffali delle librerie un altro bell’albo dell’autore americano, “Due mostri”, pubblicazione che, appena uscita, ha già ricevuto una menzione d’onore essendo stata inserita, in quattro e quattr’otto, nella terna dei finalisti al Premio Andersen 2014 come Miglior Albo mai Premiato.
La collocazione è giustificata dal fatto che il libro è in realtà vecchio di quasi trent’anni (1985, la data della prima edizione) ma solo oggi edito in Italia. Le sue doti di freschezza e spassosità, esaltate anche dal lavoro attento di traduzione e revisione, sono comunque innegabili e lo rendono un’opera attuale e godibilissima.

La grafica proposta è semplice ed essenziale, pulite le linee e classica l’impostazione, la quale vede la narrazione iconica correre parallela a quella testuale in pagine costruite in maniera uniforme con le illustrazioni racchiuse in una cornice ad occupare quasi l’intera facciata ed il testo, in stampato maiuscolo, relegato in poche righe sul fondo.
Non per questo c’è poi una reale sproporzione di ruolo tra i due registri: parole e immagini vanno armoniosamente di pari passo nella conduzione della storia, senza contrastarsi a vicenda, ma accompagnandosi.
Le illustrazioni servono il testo con ligia attenzione, fedeli nel rendere passaggi, movimento e interazioni; le parole arricchiscono con la loro coloritura il racconto, rendendolo molto gradevole e divertente da leggere ad alta voce.

Due mostri, uno rosso fiammante e l’altro azzurro intenso, vivono sereni ai piedi di una montagna, l’uno sul versante opposto all’altro, senza mai vedersi e potendo comunicare solo grazie ad un foro che, trapassando la roccia da parte a parte, funge da telefono senza fili.

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Una sera al tramonto, il mostro che si trova sul lato ovest nota ad alta voce quando sia suggestivo mirare il giorno che se ne va. Subito, seccato, lo redarguisce l’altro bestione, situato a est: non si tratta affatto della scomparsa del giorno ma dell’arrivo della notte!
Stesso copione al mattino: il primo esalta con parole ammirate la bellezza della notte che abbandona il cielo, il secondo, dettegliene quattro, evidenzia che le cose non stanno affatto così: è il giorno che arriva!

Visto che ciascuno è ben convinto della propria osservazione, i due cominciano un litigio a colpi di parolacce – niente di volgare, sia chiaro! Si tratta di simpaticissimi e fantasiosi epiteti, che i bambini lettori adoreranno – e di pietre.
Tira un masso, tirane un altro, va da sé che la montagna, che li aveva tenuti ben separati, inizia a sgretolarsi. Prima la vetta, poi il resto, tutto vien giù come un castello di sabbia sotto i colpi violenti dei grossi mostri.

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Quando l’intero monte è stato raso al suolo e tante parole poco accoglienti sono volate, ecco che i due si vedono per la prima volta.
E ciò, voglia il caso, avviene esattamente in occasione di un nuovo tramonto.
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Senza la montagna a fare da sipario, il primo, quello che stava ad ovest, si rende conto che, dalla prospettiva del compagno, in effetti pare proprio che la notte stia arrivando.
Parimenti il mostro dell’est, osservando verso la direzione prima celata, si accorge che il giorno li sta esattamente abbandonando.

Non resta che dimenticare ogni diverbio, metter da parte grida e parolacce – da lanciare, d’altra parte non è rimasto proprio un bel nulla – e stringersi vicini ad ammirare i colori del crepuscolo.
In fondo, al ricordo, la scaramuccia non è stata poi male…Peccato solo per quella vecchia montagna…

Con un finale allegramente sbeffeggiante che muove al sorriso, si chiude la vicenda dei due mostri colorati che, rispetto all’apertura, si scambiano simbolicamente posto e prospettiva.
Buttato giù il monte che li separava, sono ora schiena contro schiena e ridacchiano allegri. Che infondo non tutti i litigi vengano per nuocere?

Questo buffo albo, giocoso eppure ammiccante, come se ci fosse uno spessore celato dietro le sue vivaci pagine, una profondità lasciata lì, a libera interpretazione e sicura suggestione, ad occhieggiare dietro le risate mosse dal testo movimentato e dal gustoso finale, mi ha suggerito due riflessioni, quasi speculari e opposte tra loro.

Da un lato la facilità con cui si può accendere il conflitto, spesso dovuto all’incapacità, tutta umana anziché mostruosa, di riconoscere nel punto di vista altrui lati di verità, sottraendone un poca ai nostri convincimenti. Basterebbe a volte avere l’umiltà di accettare la non assolutezza dei nostri lati di osservazione, sapendo che è la relatività piuttosto che la certezza a governare molte questioni.
Cambiare la prospettiva per conferire valore all’altro è una saggia lezione da passare ai bambini – perfino a parecchi adulti – perché guardare il mondo da tanti e sfaccettati punti di vista è una ricchezza e non un difetto di vedute.

D’altro canto però talvolta può servire un po’ di baruffa per incontrarsi. Lo scontro, se non ci si fa male, può essere anche vitale, spumeggiante, l’importante è sapere, nel momento opportuno, riconoscere i propri errori e saperli ammettere. Tante amicizie nascono da un po’ di fuoco e fiamme.

E, già, peccato un poco per la montagna. Ma d’altra parte se stava lì per separare sarà poi un male averla abbattuta?

(età consigliata: dai 4 anni)

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