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Due pianeti, una sola orbita

Creato il 03 marzo 2011 da Stukhtra

Con qualche problema di convivenza

di Mattia Luca Mazzucchelli

ResearchBlogging.org
Nel Sistema Solare i pianeti ruotano attorno al Sole. Ciascuno di loro occupa un’orbita ben precisa, più o meno come un trenino su una ferrovia ellittica tutta sua. Quelli più lontani dal Sole sono più lenti nel percorrerla, quelli più vicini più rapidi. Ma nessuno condivide lo stesso percorso con altri. Eppure, almeno in teoria, due pianeti possono condividere la stessa orbita. Purché vadano alla stessa velocità, beninteso: è ovvio che a velocità diverse prima o poi si tamponerebbero. Ebbene, questa convivenza si verifica davvero. E ci spiega come nacque la Luna.

Due pianeti, una sola orbita

Per ogni orbita c'è un solo pianeta. Ma non è così dappertutto... (Ovviamente distanze e dimensioni non sono in scala.) (Cortesia: NASA)

Già nel Settecento il matematico Joseph Louis Lagrange aveva calcolato le condizioni perché una condivisione orbitale di questo genere possa avvenire senza tamponamenti. Se un corpo ruota attorno a un altro (come la Terra attorno al Sole), allora può esistere un terzo corpo, con massa trascurabile rispetto ai primi due, che si muove lungo la stessa orbita del secondo (della Terra, nel nostro esempio). In pratica avremo un pianeta e un pianetino in rotazione attorno alla stella con un’unica orbita. Perché questo accada, il pianeta più piccolo ha soltanto due possibilità, due sole posizioni occupabili rispetto all’altro: 60 gradi avanti lungo l’orbita oppure 60 gradi indietro. Si sono ricavati così due punti di Lagrange, chiamati L4 e L5. Qui le forze gravitazionali esercitate sul terzo corpo dai due più grandi garantiscono un periodo di rivoluzione uguale a quello dell’altro pianeta. Perciò i due pianeti, quello grande e quello piccolo, non si scontreranno. Nel Sistema Solare si ha una situazione del genere solo nel caso degli asteroidi cosiddetti “Troiani” lungo l’orbita di Giove: due gruppi di piccoli corpi celesti che occupano i due punti L4 e L5 del sistema Giove-Sole.

Nondimeno trovare due pianeti veri e propri che condividono la stessa orbita è raro. Così raro che non si conoscevano esempi fino a poco tempo fa. La scoperta è avvenuta per caso grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Kepler, lanciato dalla NASA nel 2009 per cercare pianeti simili alla Terra al di fuori del Sistema Solare. Kepler sta svolgendo egregiamente il compito affidatogli, visto che ci procura in continuazione nuove scoperte di esopianeti terrestri. In più ogni tanto si concede anche delle divagazioni. Così, nella moltitudine di dati ottenuti, Jack J. Lissauer, dell’Ames Research Center della NASA, e il suo team di ricerca hanno riconosciuto le caratteristiche di due pianeti co-orbitanti in un sistema extrasolare formato da quattro pianeti, chiamato KOI-730. La scoperta è contenuta in un articolo presentato a “The Astrophysical Journal”.

Trovare la verifica sperimentale di un’elucubrazione teorica è sempre piacevole. E questa scoperta ci dice che non solo è matematicamente possibile che esistano due pianeti con la stessa orbita, ma addirittura è reale. Infatti forse nel passato esisteva un caso simile a questo molto vicino a noi.

Secondo la teoria più accreditata sulla formazione della Luna, il nostro satellite si è formato a seguito dello scontro di un grosso corpo celeste con la Terra. Molti scienziati sono convinti che quel corpo, battezzato Theia (perché gli scienziati riescono a trovare nomi anche per cose che non esistono più), occupasse il punto L5 del sistema Terra-Sole, dove aveva iniziato a formarsi contemporaneamente agli altri pianeti del Sistema Solare. La Terra e Theia ruotarono placidi e sincroni attorno al Sole finché, dopo circa 50 milioni di anni, Theia diventò troppo grande perché la sua massa fosse trascurabile rispetto alla Terra e al Sole. L’equilibrio si ruppe e i due pianeti si scontrarono. La Terra, più grande, prevalse, e le polveri liberate nello spazio dall’impatto si aggregarono per formare la Luna.

La recente scoperta di Kepler mostra che “le teorie che abbiamo immaginato possono essere reali”, afferma Richard Gott, della Princeton University. Dunque abbiamo un nuovo punto a favore dell’ipotesi dell’impatto per la formazione della Luna. E le simulazioni ci dicono che anche i due pianeti trovati da Kepler probabilmente collideranno fra un paio di milioni di anni. Sarà un bello spettacolo.

Jack J. Lissauer, Darin Ragozzine, Daniel C. Fabrycky, Jason H. Steffen, Eric B. Ford, Jon M. Jenkins, Avi Shporer, Matthew J. Holman, Jason F. Rowe, Elisa V. Quintana, Natalie M. Batalha, William J. Borucki, Stephen T. Bryson, Douglas A. Caldwell, Joshua A. Carter, David Ciardi, Edward W. Dunham, Jonathan J. Fortney, Thomas N. Gautier III, Steve Howell, David G. Koch, David W. Latham, Geoffrey W. Marcy, Robert C. Morehead, & Dimitar Sasselov (2011). Architecture and Dynamics of Kepler’s Candidate Multiple Transiting
Planet Systems arXiv arXiv: 1102.0543v3


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