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E il corpo bianco che amava

Creato il 27 maggio 2011 da Dalezaccaria
E il corpo bianco che amava
La relazione tra Dino Campana e Sibilla Aleramo viene raccontata anche attraverso le lettere di amici, da Leonetta Cecchi a Filippo e Matilde Marfori Savini indirizzate a Sibilla o al contrario in quelle scritte da Campana ad esempio a Giacinta Papini.
Dal 19 al 21 Dicembre 1916 Sibilla e Campana sono ospiti a Settignano nella Villa Linda di Astrid Anhfelt, giornalista svedese, amica dell'Aleramo. Qui si riporta la lettera che la Anhfelt indirizza a Leonetta Cecchi sulla situazione drammatica e tormentata che stavano vivendo i due scrittori durante il soggiorno nella sua Villa.
( Dale Zaccaria)
Astrid Anhfelt a Leonetta Cecchi Pieraccini
Settignano, 22 Dicembre 1916
Egregia Signora,
La Sibilla mi prega d'impostare, cioè mandare per espresso l'acclusa.
Se Ella ha qualche influenza sulla S(ibilla) la prego di venirmi (a me!) in aiuto.
Tutta la notte si sono battutti e graffiati.
Si ammazzano senz'altro, se qualcuno non interviene.
Egli ha detto che non tornerà più, ma chi mi assicura, ch'ella non gli vada in cerca.
La mia pace è distrutta. Non avevo mai cercato la Sibilla. Ha voluto venire per forza.
Certo che non sarò crudele con lei. Sebbene il nostro Natale sarà rovinato, non le dirò di andare via. Ma voglio sperare che qualcuno dei suoi connazionali, cercherà di farla tornare in sé.
Sarà meglio che vada a stare a Firenze. Io non ne posso più!
Tutta la notte a temere qualche gravo fatto. Tutto quanto è così disgustevole.
Mi venga in aiuto.
(in Sibilla Aleramo e il suo tempo vita raccontata e illustrata a cura di Bruna Conti e Alba Morino edizione Feltrinelli fuori commercio)
Poesia di Sibilla Aleramo presente nel Carteggio edito da Feltrinelli "Un viaggio chiamato amore" a cura di Bruna Conti.
Rose calpestava nel suo delirio
e il corpo bianco che amava.
Ad ogni lividura più mi prostravo,
oh singhiozzo invano di creatura.
Rose calpestava,
s'abbatteva il pugno
e folle lo sputo
sulla fronte che adorava.
Feroce il suo male
più di tutto il mio martirio.
Ma, or che son fuggita,
ch'io muoia,
muoia del suo male.
Sibilla Aleramo

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