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...e il Monti partorì il topolino...

Creato il 06 marzo 2013 da Tafanus

Monti-Fini-Casini
Massimo Cacciari: Monti, non metterti a giocare nel Palazzo

Il trionfo grillino rende superfluo discettare su ciò che Monti avrebbe potuto fare se avesse raggiunto i traguardi sperati alla vigilia e previsti dai nostri fantastici sondaggisti. Anche col 15 per cento, poco o nulla: lo stallo, almeno al Senato, era inevitabile.

Ma perché un esito tanto modesto? E ora? La ragione del flop mi pare chiarissima; Monti aveva un solo, vero asso da giocare: quello della netta discontinuità rispetto a tutte le coalizioni, destra e sinistra. Doveva rappresentare, in qualche modo, la protesta seria, costruttiva, europeista nei confronti della palese impotenza e decrepitezza degli schemi ideali e programmatici di tutte le forze politiche della seconda Repubblica.

La popolarità di cui godeva all'inizio della sua Presidenza del Consiglio dipendeva da questo. È finito col caratterizzare la sua immagine in senso opposto, fin dal primo istante, presentandosi (dopo defatiganti incertezze, che certo non lo hanno aiutato) come leader di una mini-coalizione in perfetta continuità con i disastri del non più recente passato, zavorrata dai Casini e dai Fini. Alleati che ha finito col vampirizzare, senza probabilmente sottrarre un voto alla destra. Chi lo abbia consigliato in questa mossa suicida non saprei - forse la paura di non farcela organizzativamente da solo, forse la sopravvalutazione del peso reale di certe componenti della storia politica italiana.

Ma più probabilmente sono emersi tutti i limiti del Monti politico, tutta la fragilità della sua "vocazione" politica. Vi può essere in lui etica della responsabilità, coscienza anche drammatica della crisi ormai culturale-antropologica del Paese, ma vi manca del tutto la necessaria forza retorico-persuasiva, la capacità di "incarnare" i programmi, di trasformarli in parole-chiave, di accordarli al vissuto della crisi, alle sue figure concrete. Le gaffe in questo senso sui giovani e sul precariato sono emblematiche. Manca in lui il territorio della politica - così come manca al Pd, con la solita eccezione dell'Appennino tosco-emiliano.

E il territorio, non rappresentato più neppure dalla Lega (esempio clamoroso: nella sua patria trevigiana la Lega crolla dal 48 per cento delle Regionali al 13) si rovescia col più classico dei voti di opinione su Grillo. Sarebbe forse servito al centro-sinistra un centauro virtuoso fatto di Monti e Renzi - forse bastava un Renzi (e faccio auto-critica per non averlo capito). Ma ora? Se la crisi precipita e la situazione economico-finanziaria diviene ingovernabile, il ritorno rapido alle urne ("alla greca") sarà inevitabile.

Monti potrebbe certo puntare a un risultato migliore. Molti concittadini, a quel punto, comprenderebbero che non è salubre giocare col voto di pura protesta. Ma dovrà cambiare radicalmente immagine, consiglieri, referenti sul territorio. Insomma, "convertirsi" in capo politico. Molto arduo, per le ragioni suddette. Altrimenti? Nessuna possibilità di nuovi governi "tecnici", né di mega-compromessi storici. Un ruolo di Monti come ministro in un governo di minoranza presieduto da Bersani (o chi per lui del Pd)? Potrebbe risultare utile come segnale al mondo che l'Italia non è ormai la nave dei folli, ma allontanerebbe anche le già remotissime possibilità di un'intesa su qualche punto con Grillo, almeno al fine di non rendere traumatica la fase che si apre.

Grillo potrebbe essere disposto a una soluzione a termine "more siculo", ma non certo con un Monti nel governo. Forse l'unica mediazione praticabile tra Pd e Grillo (e che altro tentare, ammesso sia evitabile la morte immediata della legislatura?) resta Vendola - il quale ritiene addirittura che sia Monti la causa delle sventure elettorali della sinistra.

Ma proprio il non avere al momento alcun futuro politico è l'unica chance di Monti: quella di rappresentare la condizione di estraneità, di "esiliati" in patria di tutti coloro che hanno compreso le ragioni della nostra crisi di sistema, lo spappolamento delle vecchie geografie politiche e non vogliono arrendersi alle derive delle retoriche e delle demagogie. Che una simile posizione possa assumere rilievo elettorale e politico in un Paese allo sbando, non so. Che Monti ne sia capace, meno ancora. Ma so che se si metterà ora a giocare nel Palazzo, il suo mezzo fallimento odierno diventerà una bancarotta patetica.

(Massimo Cacciari - l'Espresso)

Espresso


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