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E la Puppato mette i cerotti al mondo e al Pd

Creato il 15 settembre 2012 da Albertocapece

E la Puppato mette i cerotti al mondo e al PdAnna Lombroso per il Simplicissimus

Una edificante immaginetta circola nel web, appaga l’indole più boccalona e appassiona l’istinto più scafato di chi vuol persuaderci che una figurina gentile possa riscattare una formazione aggrappata a privilegi e rendite di posizione, tanto da lavorare contro i lavoratori e agire contro l’interesse generale.

Una che sorride ma dice cose di granito, secondo l’immaginifica De Gregorio che l’ha promossa   vedendo in lei la risposta – magari un po’ tardiva – al “se non ora quando”. E che la descrive come la più trita retorica – pre, durante e post veltroniana – vorrebbe la “bella politica”: attraente, buona forchetta e buone intenzioni, donna e giovane. Una che può piacere a tutti e, pare, cui piacciono tutti, in fondo perfino Grillo che “l’ha premiata come primo sindaco cinque stelle”.

Per carità in un Paese gerontocratico è stata giovane la Serracchiani, Renzi non ha l’età, Casini è appena un maturando e rispetto a Napolitano anche Mancino è un virgulto e bisogna perdonargli certe intemperanze. Ma insomma questa Laura Puppato ha 55 anni e, se non si può dire giovane d’età, non è una  novellina nemmeno della politica: consigliere regionale del Veneto, è stata sindaco  del comune di Montebelluna, e per un pelo non si è aggiudicata un posto in Europarlamento con le elezioni del 2009.

Ora, ci rivelano i suoi agiografi, scende in campo per le primarie del Pd. Una volta si chiamava “entrismo”: esponenti rappresentativi di movimenti aderivano a partiti mossi dall’auspicio di cambiare le cose dall’interno. E qualcuno magari un po’ meno nobilmente, da quello di appagare legittime ambizioni personali, con una carriera nella politica tradizionale.

Certamente la Puppato vorrà seguire  il primo orientamento: nell’intervista, temo un po’ incauta all’entusiasta cronista di Repubblica,  sciorina tutto il repertorio delle anime belle e anche quello delle candidate a miss Italia, dalla pace nel mondo, alle energie alternative, dalla difesa del territorio dal cemento, alla priorità da attribuire alla cultura.

Si candida, dice, per riparare il mondo, accreditandosi alla bisogna con una esperienza di nicchia, quella di sindaco di una piccola città virtuosa, che è già qualcosa rispetto all’altro sindaco in lizza.

Si, deve essere proprio un’anima candida se per riparare il mondo sceglie certe inquietanti compagnie: “Quello delle alleanze non può essere il tema della campagna elettorale” dice. “Noi dobbiamo essere noi. Dobbiamo crescere, essere credibili, guadagnare la fiducia degli elettori. Questo è un grande partito. Metta da parte i potentati. Abbia il coraggio di rischiare. Dica quello che vuole, e come lo vuole. Sul lavoro, sui diritti civili, sulla salute e sulla scuola, sullo sviluppo. Gli altri verranno da noi, dopo”.  Ed anche: “Non posso vedere il mio partito dilaniarsi in una battaglia fratricida per le primarie, diventa una carneficina così, quante energie stiamo perdendo? Abbiamo tutti la stessa tessera, no? Allora possiamo provare a fare una proposta che si rivolga agli elettori e dica: questi siamo noi”.

Magari intervistata da un cronista più incalzante Puppato avrebbe precisato cosa significhi quel “essere noi”. Le parole sono pietre e bisogna avvertire la signora Puppato che può essere rischioso per non dire spericolato che il Pd dica davvero cosa vuole e ancora di più cosa ha voluto e votato in Parlamento, la rapina della sovranità delle Stato e dei rappresentanti eletti in materia economica, l’espropriazione dei diritti dei lavoratori, l’istituzionalizzazione e la permanenza della precarietà, la svendita dei beni comuni.

E sarebbe forse  pericoloso che si pronunciasse in modo univoco anche  su altri temi, quelli eticamente sensibili e pure quelli moralmente e democraticamente sensibili, unioni civili, scelte di vita e morte oppure rappresentatività, prerogative e garanzie del voto, sistema elettorale e regole di trasparenza  nella scelta dei candidati.

Il fatto è che per riparare il mondo vanno bene certi aggiustamenti, ben vengano sperimentazioni, pannelli solari sugli asili nido, mobilità sostenibile. E ben vengano anche persone integre. Ma non basta, ci vuole un movimento che si ponga davvero l’obiettivo di pensare e praticare un’alternativa all’attuale e ahimè futuro modello economico e sociale, alla cupola che lo impone con implacabile crudeltà e tracotanza e ai suoi servitori. Lo schieramento che la Puppato si è scelta per mettere qualche cerotto non lo sa e non lo vuole fare. E ha dato le dimissioni perfino dall’ipotesi di temperarne le espressioni più estreme, di addolcirne la malvagità, assecondando invece il ricatto della necessità, prodigandosi per curare il male con il virus e fermare il contagio con la morte.

Si, non basta una brava persona nel posto sbagliato. E non basta che sia “nuova” come non basta che sia “onesta” perché ci vuole competenza al servizio di un progetto dirompente. E non basta che sia una donna, l’attuale compagine governativa così come figure più remote ma addirittura più presenti e invasive dimostrano che le caratteristiche di genere non rendono necessariamente virtuosa la strada e l’esercizio del potere, che non è il conflitto tra i sessi che condiziona e opprime le esistenze ma l’eterno conflitto di classe.

È che alla candida candidata i conflitti non piacciono: “Un giorno D’Alema mi ha detto: io non mi sento più un politico, mi considero un intellettuale. Benissimo, c’è posto per tutti. Gli intellettuali sono indispensabili”.  E ancora: “Servono l’energia di Renzi, la competenza di Bersani. Ciascuno faccia quello che sa fare e dica quali sono i suoi obiettivi”. C’è da temere che purtroppo le vada bene anche Monti, anche la Fornero: Freud lavora se si lascia sfuggire: “Tutti vogliono vendere la loro merce. Io vorrei partecipare a un mercato comune”, a conferma che è proprio inevitabile per una certa cerchia sottrarsi, perfino nei percorsi del proprio immaginario, all’egemonia del mercato e ai sogni che ci propone.

“Se serve un’anima bella, io ci sono” dice di sé. Per dir la verità alle belle senz’anima del precedente regime si dovrebbero preferire le anime belle. Ma quello che ci serve sono le teste.


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