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E’ più difficile partire o restare?

Creato il 04 maggio 2015 da Elisa Pasqualetto @LizAu87

partire o restareA dire la verità, è una domanda che mi pongo da più di qualche mese ormai, ed è stato l’articolo di Erika Francola a mettermi di nuovo di fronte a questo quesito, che piano piano avevo messo a riposare in un cassetto: è più difficile partire o restare?

Ho passato tutto il 2014 a tormentarmi con questa domanda, senza riuscire a trovare una risposta. Ero già partita una volta per l’estero, l’Australia per me è stata una sorta di test, un modo per vedere se ce la potevo fare, per mettermi in gioco, e ripartire non sarebbe stato difficile, per lo meno avevo la parziale consapevolezza di cosa mi sarei dovuta aspettare. 

A settembre 2014 scrivo “Mollare tutto e partire: moda o necessità?“, perchè nonostante la mia voglia di ripartire, mi trovavo ad essere circondata da persone che prendevano l’idea di andare via come “una cosa che tanto fan tutti”, qualcosa di dovuto, e non come una decisione presa in seguito ad un percorso, anche solo mentale, che portasse ad una crescita o a un miglioramento di sé stessi. Sono del parere che come andare in Australia con il Working Holiday Visa non sia per tutti, nemmeno partire per qualsiasi destinazione lo sia. Non sto puntando il dito, anche se la mia vena polemica è sempre molto presente nei miei testi, anzi, sto solo apprezzando la varietà di un mondo che non sarebbe così se ognuno di noi fosse destinato a vivere le stesse esperienze.

A Dicembre 2014, in un pomeriggio poco proficuo, ho aperto almeno una ventina di volte la pagina di Skyscanner, digitando “Venezi-Dublino” e poi cliccando su “cerca”. Ero sola, senza un lavoro, con il desiderio di fare della scrittura il mio lavoro e la consapevolezza che la strada da seguire sarebbe stata dura ed infinita e che, forse, in una città come Dublino avrei avuto più chance di realizzare il mio sogno, seppur in più tempo. A farvela breve, alla fine della giornata avevo in mano un biglietto di sola andata per l’Irlanda. 

Mi sentivo sconfitta, abbattuta, il paese in cui sono nata non era in grado di offrirmi le opportunità che mi avrebbero aiutato a diventare quello che effettivamente volevo essere, non vedevo via d’uscita se non quella di scappare, di tentare la fortuna altrove. Ero disperata, non nego di aver pianto qualche notte pensando al da farsi, ma la soluzione più semplice e più immediata, sembrava proprio quella di salire su quell’aereo e iniziare la mia vita da un’altra parte.

Non ho mai preso quell’aereo. Non pensate che non ne abbia avuto il coraggio, semplicemente mi si è presentata un’opportunità in Italia, a qualche giorno dalla partenza, e ci ho voluto credere. Anzi, continuo a crederci.

Allora la domanda da porsi è proprio questa: è più difficile partire o restare? Non credo ci sia una risposta giusta, penso che come Erika ha scritto nel suo articolo, l’importante sia non rimanere fermi. Parlando a livello personale, la decisione di restare non è stata semplice, anzi, mi è costata fatica rinunciare a un piano che ormai stava prendendo corpo da mesi, se penso che stavo già cercando casa e mandando curriculum, ma alla fine ho deciso di provarci. “Dublino non si sposta” mi son detta, “se va male qui posso sempre pensare di andarci più avanti”. Dublino era la mia via di fuga, la via più semplice da prendere, eppure io ho deciso di restare.

sceltaAl giorno d’oggi non so ancora se ho fatto la scelta giusta, solo il tempo me lo dirà, ma credo che spesso tra il partire e il restare sia più difficile decidere di dare una chance al proprio paese d’origine, nonostante i numerosi problemi che lo affliggono.

Quindi, è più difficile partire o restare? Sinceramente non lo so, ma per quanto riguarda me, credo  sia semplicemente una scelta diversa, che deve venire da dentro, ci si deve veramente sentire cosa è giusto per noi in quel momento, che non è detto lo sia anche tra qualche anno. Ho firmato un contratto a tempo indeterminato, un sogno per molti, ho quasi pianto quando me l’hanno proposto, ma ciò non significa che debba essere definitivo.

Vedo la mia decisione di restare come una sfida con me stessa, vediamo cosa riesco a fare, se riesco a realizzarmi in un paese che non sta vivendo uno dei suoi momenti migliori, mi mancherà l’inglese, questo è certo, lingua di cui sono perdutamente innamorata, ma non si può avere tutto nella vita, io fortunatamente lo continuo a usare moltissimo anche a lavoro.

Niente è per sempre, diamanti a parte, per cui questa è solo un’altra avventura, un periodo della mia vita in cui mettermi in gioco, di nuovo, un’opportunità che potrebbe darmi tanto come no. Io ho deciso di restare, chiamatelo culo, chiamatela incoscienza, ha veramente poca importanza, bisogna imparare a buttarsi, a provare, perchè altrimenti non si vive.


Rischiare, alle volte, significa tornare sui propri passi
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E per voi, è più difficile partire o restare?


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