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E se vi dicessimo che esiste un'associazione di poliziotti gay? Intervista con Polis Aperta, LGBT nelle Forze dell'Ordine

Creato il 27 febbraio 2016 da Redatagli
E se vi dicessimo che esiste un'associazione di poliziotti gay? Intervista con Polis Aperta, LGBT nelle Forze dell'Ordine

Qualche giorno fa abbiamo incontrato a Firenze Michela e Matteo, due volontari dell'associazione Polis Aperta. Tutti e due lavorano per la Polizia di Stato, Michela come operatrice informatica e Matteo come infermiere: un'associazione di poliziotti come tutte le altre, dunque?
Più o meno.
Perché Polis Aperta si rivolge a una categoria di Forze dell'Ordine che non verrebbe subito in mente: agenti con un orientamento affettivo omosessuale. È ovvio che questo aspetto si scontra con una serie di assunti sociali - da cui tutti prendiamo le mosse - non da poco: la caserma resta uno dei luoghi machi  per eccellenza, e già è stato un cambiamento significativo abituarci alla presenza di fanciulle in divisa; che qualcuno osasse professarsi gay sembrava ancora più distante.
Per questo ci siamo incuriositi, e abbiamo pensato valesse la pena raccontarvi, attraverso le loro parole, la loro attività e il loro impegno. 

RACCONTATECI COME NASCE POLIS APERTA.
Siamo nati nel 2004 ad Amsterdam in occasione del primo congresso europeo dell'EGPA (European GLBT Police Association), una rete europea di associazioni di polizia LGBT: il primo gruppo italiano di persone LGBT in divisa ha partecipato a questo congresso insieme al presidente dell'OSCAD.
Polis Aperta è nata più su una richiesta europea che non del movimento LGBT italiano.

MOMENTO: AVETE PARLATO DELL'OSCAD. CHE COS'È?
È l'osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, un organo interforze fortemente voluto da Manganelli, un vero e proprio precursore da questo punto di vista: lo ha progettato, ha messo a disposizione le risorse, ci ha creduto, ha insistito sulla sua necessità.
L'OSCAD è incardinato nel Ministero degli Interni e dunque è in diretto contatto col capo delle forze armate; l'osservatorio fornisce al Parlamento dati, statistiche e informazioni circa gli atti di discriminazione più diffusi. Quindi la sua attività è fondamentale affinché le Camere possano eventualmente pensare di legiferare per tutelare i cittadini da qualsiasi forma di discriminazione, non solo dell'orientamento sessuale.

QUANTO È ATTIVO L'OSCAD DA QUESTO PUNTO DI VISTA?
L'OSCAD è ancora poco utilizzato soprattutto per due motivi: il suo personale conta pochi elementi (meno di una decina) e chi lavora nelle Forze dell'Ordine non sempre sa che esiste, che bisogna segnalargli ogni caso di discriminazione denunciato e che l'Osservatorio dispone dei mezzi e delle capacità per occuparsene.

POLIS APERTA NASCE DUNQUE A SUPPORTO DELL’ATTIVITÀ DELL’OSCAD.
È QUESTO CHE LA DIFFERENZIA RISPETTO AD ALTRE REALTÀ LGBT?
QUALI SONO I VOSTRI SCOPI SPECIFICI?
Per prima cosa non siamo un... "gruppo di aiuto", o di auto-aiuto, ma neanche un’alternativa alle altre realtà LGBT o ad altre associazioni delle Forze dell'Ordine (ad esempio i sindacati di polizia).
Come in altre realtà LGBT, collaborano con noi omosessuali e transessuali, ma vi sono anche non omosessuali.
I volontari fanno parte delle Forze dell'Ordine, ma possono partecipare anche persone esterne ai corpi di Polizia, Carabinieri, Finanzieri...
I nostri obiettivi principali sono:

  • fornire supporto e incoraggiare le persone LGBT in divisa attraverso esempi di coming out positivi nell'ambiente di lavoro;
  • rendere visibili le persone omosessuali in divisa per sradicare i pregiudizi legati all'immaginario comune o a stereotipi di genere, per favorire un progresso sociale;
  • offrire la professionalità dei nostri aderenti e fornire indicazioni utili alla comunità LGBT per la lotta contro i crimini omotransfobici.

IL COMING OUT  PUÒ ESSERE POSITIVO NEL VOSTRO AMBITO LAVORATIVO?
Assolutamente sì!
Serve a far capire che gli omosessuali sono presenti anche nelle Forze dell'Ordine e, di conseguenza, a rendere consapevoli anche i propri colleghi: se poliziotti, carabinieri, finanzieri e via discorrendo mostrano che esistono anche al loro interno transessuali o omosessuali, si creano migliori relazioni all'interno delle Forze dell'Ordine e di conseguenza anche all'esterno, contrastando così le discriminazioni.
Se si lavora con maggiore armonia all'interno, si favoriscono diverse dinamiche, ad esempio l'accettazione della difformità del documento di identità delle persone transessuali.

E se vi dicessimo che esiste un'associazione di poliziotti gay? Intervista con Polis Aperta, LGBT nelle Forze dell'Ordine

I colleghi spesso non sono consapevoli, non hanno gli strumenti adeguati per trattare il problema della discriminazione omotransfobica. Polis Aperta serve anche a questo, a indicare le modalità attraverso cui rapportarsi col cittadino o cittadina transessuale o omosessuale vittima di discriminazioni.
Questo “filo conduttore” ci accomuna alle realtà similari esistenti in Europa (Portogallo, Spagna, Inghilterra, Olanda).

L'OSCAD stesso ha una parte importante nei corsi di formazione delle classi dei nuovi membri delle Forze dell'Ordine, specialmente dal punto di vista del linguaggio; in quest'ultimo caso è molto importante il contatto con altre associazioni di Forze dell'Ordine presenti negli altri Stati: Polis Aperta ha ad esempio fatto propri alcuni protocolli inglesi per la formazione e l'aggiornamento professionale, molto più avanzati di quelli italiani.

TUTTO QUESTO AIUTA NELLA LOTTA CONTRO I CRIMINI OMOTRANSFOBICI?
Noi pensiamo di sì!
La nostra idea è che la conoscenza diretta del fenomeno “dall'interno” delle istituzioni possa aiutare a stabilire anche un migliore rapporto tra Forze dell'Ordine e cittadinanza, un'esigenza sentita soprattutto da noi.
Polis Aperta cerca di crescere in numero e in peso anche perché, intensificando la propria presenza sul territorio, si mette a disposizione delle vittime di discriminazione, che sanno così subito a chi rivolgersi.

Il coming out è dunque essenziale soprattutto per quanto riguarda le denunce, che sono necessarie e importanti: più denunce ci sono, più dati statistici in merito ai reati omotransfobici avrà a disposizione l'OSCAD.
Il reato di omofobia infatti non esiste ancora e senza le statistiche dell'OSCAD nessuno si preoccuperà di legiferare, contribuendo a far pensare che lo stesso problema della discriminazione non esista; si finisce così per non accettare l'omosessualità.
Il nostro operato “dall'interno” diventerebbe così importantissimo per contribuire ad arrivare alla definizione di un reato specifico delle discriminazioni omotransfobiche, eventualmente anche per punire i colleghi colpevoli di atti discriminatori con alcune aggravanti di reato.

QUINDI, A QUANTO CAPIAMO, CI SONO POCHE DENUNCE? E COME VENITE INCONTRO A CHI VI CHIEDE SUPPORTO?
Le denunce di discriminazione sono poche. Sono poche per vari motivi:

  • c'è il forte timore di non essere presi sul serio o di una reazione negativa da parte della polizia;
  • si ha paura di rivelare il proprio orientamento sessuale in pubblico e ai propri familiari;
  • nel peggiore dei casi c’è rassegnazione alla violenza cui si è esposti per via del proprio orientamento sessuale “non conforme”, complice anche l'assenza di un reato specifico di odio verso l'orientamento omosessuale o l'identità di genere.

Per chi ha bisogno, nel sito della Polizia dello Stato c'è un link che rimanda alla pagina dell'OSCAD, ove si può trovare un indirizzo mail cui inviare una denuncia per discriminazione, anche in forma anonima.
L'OSCAD risponde dando informazioni, linee guida e mettendo in contatto con gli organi competenti e consapevoli della necessità della denuncia per discriminazione, dove magari siamo presenti anche noi. Inoltre l'OSCAD tutela chi fa la denuncia e lo segue nell'iter della stessa.
Vi sono infatti forme di reato non specifiche con cui omosessuali e transessuali possono “difendersi” (ad esempio violenza, violenza privata, minacce) e attraverso queste è possibile riconoscere un'aggravante legata alla natura dell'orientamento sessuale.

Una volta siamo intervenuti in modo diretto a Trieste, quando un ragazzo omosessuale venne picchiato presso la discoteca del Molo Quarto perché stava mano nella mano col suo ragazzo. In quel caso siamo giunti subito sul posto, abbiamo indicato le guide online per fare la denuncia tutelando la persona e la propria riservatezza.
Altre volte siamo anche intervenuti nei confronti delle Forze dell'Ordine stesse: se veniamo a sapere di comportamenti omotransfobici da parte di pubblici ufficiali, ci informiamo su di loro (chi sono, dove lavorano, in quale sezione, in quale caserma) e facciamo rapporto all'OSCAD per fare in modo che vengano presi i provvedimenti del caso.

CI SONO TRANSESSUALI ALL’INTERNO DELLE FORZE DELL’ORDINE? COSA COMPORTA IL LORO PERCORSO DI TRANSIZIONE?
Matteo: I transessuali sono presenti soprattutto nella Polizia Municipale, che è un corpo a parte, per problemi di «idoneità alla mansione». Il percorso di transizione di solito avviene dopo aver vinto il concorso, ma nel caso della Municipale ciò non porta al rischio di perdere il lavoro, al massimo per un certo periodo si era prevista la possibilità di cambiare la mansione dei soggetti interessati, cosa che non è stata poi messa in atto: il fatto di aver cambiato sesso non interferisce in alcun modo con l'idoneità al servizio, dunque sarebbe stato un atto ingiustificato.
Nel corpo di polizia, dei finanzieri o dei carabinieri il discorso è diverso poiché vengono da un altro sistema, in cui il rischio di perdere il lavoro, l'idoneità alla mansione, è più forte, più alto, per via di una serie di stereotipi ancora presenti.
Il problema si pone anche in ambito sanitario per via di un protocollo che è rimasto alla formulazione degli anni '80 e non più aggiornato.

La paura è forte da parte di chi compie un percorso di transizione: c'è uno standard fisico e mentale ben preciso che viene richiesto al momento dell'assunzione, un transessuale porta ad esempio delle cicatrici estese sul corpo e ciò costituisce motivo di esclusione in quanto sono segni particolari riconoscibili e conferiscono una maggiore vulnerabilità al corpo durante azioni pericolose; ciò è inadatto, ad esempio, per lavorare nella DIGOS.
Inoltre nel DSM la transessualità è ancora presente come disturbo mentale, ciò esclude quindi la possibilità di essere assunti poiché si dovranno portare armi.
Anche lo psicologo che deve certificare la stabilità del candidato deve fare i conti con questa cosa: dopo le analisi potrebbe anche non segnalarlo, ma sarebbe una responsabilità troppo grande; se lo segnala però impedisce categoricamente alla persona di essere assunta.
La specificità del ruolo rende quindi complicata l'accettazione e l'inclusione di transessuali, ma non è da escludere che si possano fare dei passi in avanti anche in questo caso.

E se vi dicessimo che esiste un'associazione di poliziotti gay? Intervista con Polis Aperta, LGBT nelle Forze dell'Ordine

COSA CI DITE DEL RAPPORTO COI VOSTRI COLLEGHI?
SANNO DI VOI E DELLA VOSTRA ASSOCIAZIONE?
La maggior parte dei nostri colleghi non conosce Polis ed è difficile anche parlarne: quando si lavora ovviamente non se ne può parlare perché si è in servizio, ma fuori dal lavoro è ancora più difficile, c’è molto imbarazzo.

Michela: Nemmeno io ne conoscevo l'esistenza fino a due anni fa! Nonostante buona parte dei colleghi ignori noi di Polis e le problematiche di cui ci occupiamo, quando queste emergono molti di loro prendono coscienza in maniera positiva e cambiano.
Abbattere gli stereotipi di linguaggio, soprattutto nel lavoro, è uno degli aspetti più importanti.

PANE AL PANE E VINO AL VINO: SUBITE DISCRIMINAZIONI?
COME REAGISCONO I COLLEGHI QUANDO VENGONO A SAPERE DI POLIS?
Visto che pochi colleghi sanno della nostra esistenza, non proprio.
Questo problema ha anche ripercussioni sul servizio: se un collega discrimina qualcuno svolgendo il proprio servizio, l'agente omosessuale in squadra con lui ha difficoltà a riprenderlo circa la scorrettezza del suo atteggiamento perché teme a sua volta la discriminazione.

Michela: Mi ricordo di un arresto di una transessuale per traffico di stupefacenti.
Dal momento che in questi casi non possiamo lasciarli andare in bagno da soli, questa persona domandava espressamente di esserci accompagnata da me.
Il mio collega assunse un atteggiamento omotransfobico non riuscendo a comprendere il perché della richiesta, convinto che l’arrestata fosse un uomo: «Questo no, ha il pene, che ci vai a fare te?».
Le reazioni di fronte alla scoperta di Polis variano, ovviamente, con le diverse persone che si trovano a vestire la divisa. Le Forze dell'Ordine sono uno specchio della società: vi è chi discrimina e tiene le distanze, temendo di essere tacciato di omosessualità a sua volta; vi è però anche chi accoglie e si dimostra aperto.

Matteo: Persino troppo, a volte si tende a identificare qualunque volontario di Polis Aperta, anche gli eterosessuali come me, come omosessuali per il semplice fatto di appartenere all'associazione.
Tuttavia il contatto coi volontari di Polis Aperta può anche essere utile per raggiungere consapevolezza del proprio orientamento sessuale e a favorire così il coming out.
In generale, gran parte dei colleghi tende per lo più a discriminare gli omosessuali che non si dichiarano rispetto a quelli che si dichiarano, dal momento che si sentono “presi in giro”, soprattutto quando la cosa appare evidente.

Michela: Nel mio caso, la conclusione della mia precedente relazione eterosessuale e l’inizio di quella omosessuale credo sia stato di fatto il mio primo coming out “ufficioso”, anche perché la mia compagna è anch'essa parte delle Forze dell'Ordine.
La cosa è però emersa ufficialmente durante un corso di aggiornamento professionale tenuto dalla sigla sindacale SILP, di cui faccio parte, in collaborazione con l'OSCAD e col sostegno di Polis Aperta: qui ho portato la mia esperienza come esempio di omosessualità all'interno della Polizia di Stato.
Ciò dimostra anche, in generale, i buoni rapporti che intercorrono tra Polis e altre organizzazioni delle forze dell'ordine, come i sindacati.

E CON I SUPERIORI?
FUNZIONA ALLO STESSO MODO?
Sì, il discorso vale anche con i superiori: c’è chi discrimina e “alza un muro”, come c’è chi si mostra aperto e non ha problemi.
Si tratta, ancora una volta, di un problema di soggettività: come esiste il barista scortese, così può esistere il poliziotto omofobo, ma generalizzare sarebbe un errore. 

Non ci risulta comunque che ci siano resistenze particolari, anche perché il Ministero dell'Interno e i questori sono a conoscenza delle relazioni sentimentali che abbiamo attraverso i rapporti informativi, in cui dobbiamo dichiarare dove abitiamo, con chi, se abbiamo una relazione, etc.
Al contrario, sapere della nostra esistenza può essere d’aiuto per un superiore: per esempio, nel rilascio dei permessi per una manifestazione LGBT e nella gestione dell'ordine della stessa.

Michela: Io ho partecipato alla manifestazione del 23 gennaio con la bandiera di Polis Aperta.
Sono andata a salutare la mia funzionaria che era nel servizio d’ordine e lei mi ha fatto sentire la sua solidarietà. Un superiore ha più fiducia in me se comprende la sensibilità per il rispetto totale che ho verso le persone, capisce che in servizio non tenderò a comportarmi come altri colleghi, spesso tutt'altro che rispettosi.

E se vi dicessimo che esiste un'associazione di poliziotti gay? Intervista con Polis Aperta, LGBT nelle Forze dell'Ordine

COME VI RAPPORTATE INVECE CON I CITTADINI?
VI DICHIARATE A LORO OPPURE NO?
Michela:
Ti dirò che ho più paura a dichiarare di essere parte del corpo di polizia che non a dichiararmi omosessuale. Il cittadino preferisce stereotipare le Forze dell'Ordine, anche se appare ovvio che le “pecore nere” tra di noi non siano ovunque e che la maggioranza cerchi di operare nell'interesse della cittadinanza. 
A una manifestazione del novembre 2014 a cui ho partecipato sono andata a salutare i miei colleghi in servizio e loro non si capacitavano di vedere me ed altre persone delle Forze dell'Ordine aderenti a Polis Aperta in piazza con «froci e comunisti».
D’altra parte anche i manifestanti LGBT hanno visto male il fatto che ci fossimo fermati a chiacchierare coi nostri colleghi, per via dei forti pregiudizi che esistono contro le forze di polizia e dell'ordine in generale.
Bell'affare, ho subito una “doppia discriminazione”!

Coi cittadini può essere utile far notare che ci sono omosessuali anche tra le forze dell'ordine, dipende dai casi: se bisogna intervenire contro discriminazioni LGBT e la cosa sembra indispensabile, possiamo dirlo; qualora non serva, tendiamo a darlo per scontato, è superfluo sottolinearlo, soprattutto se non vi sono atteggiamenti discriminatori.
Anche in caso di fermo di un ragazzo o di una ragazza che magari appartengono a una famiglia omogenitoriale, è importante che ci sia sensibilità, in modo da non escludere il nucleo familiare da decisioni che possono essere molto importanti, se non cruciali, specialmente quando si tratta di minori.

INUTILE CHIEDERE, A QUESTO PROPOSITO, QUALE SIA LA VOSTRA POSIZIONE RIGUARDO AL DDL CIRINNÀ E ALLE POLEMICHE CHE STA SOLLEVANDO… 
Noi siamo assolutamente favorevoli, anzi sarebbe necessario che la legge passasse il più presto possibile.
In realtà per come è stato formulato lo vediamo già come un passo indietro, vogliamo andare ancora più indietro? [L'intervista è avvenuta quando la discussione sul DDL era ancora in corso, NdR
Ne sentiamo l’esigenza sotto vari aspetti, come quello sanitario: una coppia omosessuale può incontrare difficoltà, in particolare per la trasmissione dei dati, per le informazioni sullo stato di salute, per prendere decisioni importanti in caso di incapacità di intendere e volere di uno dei due. 

Ne sentiamo l'esigenza anche come operatori di diritto, mettiamo caso per quanto può riguardare l'esigenza di tutele legali per un arrestato omosessuale o transessuale che è stato abbandonato o rinnegato dalla famiglia: in quel caso l'eventuale partner non conterebbe niente, potrebbe non essere coinvolto in decisioni importanti, e noi ci troveremmo costretti a relazionarci con una famiglia che magari non sostiene in alcun modo la persona arrestata.
Ci troviamo così a dover “discriminare” anche noi questi soggetti semplicemente perché la legge stessa li discrimina, pur sapendo perfettamente cosa stiano vivendo visto che la cosa ha toccato anche noi: rivedere quella sofferenza e non poter far niente ferisce anche noi, è come se venisse meno la motivazione che ci ha spinto a fare questo mestiere.

Michela: Spero veramente che qualcosa cambi, vorrei poter finalmente sposate la mia compagna Benedetta che, di fatto, ha cresciuto i miei figli più del loro padre ed è riconosciuta figura genitoriale anche da loro.
Sarebbe una tutela anche e soprattutto nei loro confronti, loro non riescono ad esempio a capire perché per un'uscita anticipata da scuola debba sempre essere io a firmare e non possa farlo anche Benedetta.
Spero in questi diritti non solo per la generazione dei miei figli, ma anche per me e la mia compagna, per tutti noi.

doc. NEMO e Daniela Brunelli

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