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E Silvio prese il fucile

Creato il 09 maggio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
E Silvio prese il fucileAll’Accademia militare dell’esercito degli Stati Uniti di West Point inculcano il concetto di onore tanto che, nel corso degli anni, lo hanno addirittura codificato nel Cadet Honor Comitee. In quella di Lejeune, base dei marines, si insegna invece quello di “famiglia”, che si traduce nella storica frase “mai nessun soldato americano morto sarà sepolto lontano da casa”. A Little Creek e Coronado, basi dei Navy Seals, si insegna ad uccidere e basta, perché lì i concetti di onore, patria e famiglia sono un tutt’uno con lo studio estremo delle armi e delle tecniche di eliminazione fisica. In tutte e tre l’addestramento psicologico assume un’importanza fondamentale, perché senza si correrebbe il rischio di mandare sul campo l’armata Brancaleone e non l’esercito più forte, potente, invincibile e incazzato del mondo. Una parte dell’addestramento psicologico è la cosiddetta “creazione del nemico”, quella pratica che consente di provare un odio viscerale nei confronti di chi si va a combattere. Del nemico si studiano la storia, le tradizioni, i punti deboli, gli errori commessi, il potenziale di fuoco, la lingua e la religione perché è fondamentale, per batterlo, conoscerlo alla perfezione. Mutuando dalle esperienze militari americane soprattutto il concetto di “guerra psicologica”, Silvio nostro che è nei cieli ad ogni tornata elettorale “crea” un nemico da abbattere. Lo crea proprio, dal nulla, e, non accontentandosi di indicarlo con un dito come di solito si fa con la luna, del nemico racconta e spiega tutto: la storia, le tradizioni, i punti deboli, gli errori commessi, il potenziale di fuoco, il codice linguistico e la religione. Dopo la fine miserrima del comunismo, e la tenuta in vita forzata dei comunisti, Silvio indica nella sinistra tout-court uno dei nemici potenziali da battere ma attenzione, non il numero uno, anche perché considerate le condizioni oggettive in cui versa, più che un nemico la sinistra italiana sembra una slavina caduta sulla strada provinciale che impedisce il traffico dei Cater Pillar della Massey-Ferguson. Il nemico numero uno di Berlusconi è la magistratura o meglio, come tende a specificare “dopo” averla attaccata mai “prima”, i pm che indagano su di lui e sui suoi presunti reati. E come un addestratore di West Point, Silvio pur di dare la stura alle sue armate per colpirla senza ritegno, non esita a inventare, drammatizzare, sceneggiare, affabulare 15 milioni di coglioni che ancora pendono dalle sue labbra. Non servono i richiami a più miti comportamenti che gli arrivano da tutte le cariche istituzionali di questo paese martoriato dall’ignoranza, lui va dritto per la sua strada a costo di nebulizzare quel poco di “onore” che è rimasto nella valle di Giosafat di una nazione nella quale la presidente di Confindustria da la sua solidarietà ai dirigenti omicidi della Thyssen e non dice mezza parola sulle vittime. Non è solo Berlusconi che cerca di rimuovere la storia e il diritto inteso come jus, perché prendendo esempio dal capo lo stanno facendo un po’ tutti, con il risultato che il disorientamento regna sovrano e nel caos, si sa, vince l’uomo forte. Ma Silvio, che è fondamentalmente un buono, non ce l’ha con tutta la magistratura. Salva, ad esempio, quella che lo ha assolto da dieci precedenti processi o “per non aver commesso il fatto o perché è subentrata la prescrizione. Ma la prescrizione – ha detto Berlusconi – mica è una condanna”. Sarà anche come dice lui, ma resta il fatto che non si può neppure definire una assoluzione. Ma il Nano² si sa, ama fantasticare e ridurre come sempre la verità alla “sua” verità che spesso non coincide con quella reale. Preoccupato del giro di valzer del suo socio azionista di minoranza Umberto Bossi, che prima randella il Quirinale e poi chiede scusa e si adegua alle parole di Napolitano, Berlusconi sa di vivere un momento estremamente delicato. Da una parte c’è il processo Mills che teme come la peste nera, dall’altra le amministrative di Milano dove non è detto che Letizia Moratti passi al primo turno, anzi, c’è il rischio che non passi proprio. Silvio si sente politicamente debole, e l’unica possibilità di vincere che ha è quella di indicare nemici verso cui indirizzare la campagna elettorale, perché è incapace di parlare di politica, e di raccontare alla gente un mondo che non esiste. Sa perfettamente, perché lo ha chiesto lui, che questo sarà l’ennesimo referendum pro o contro il suo ruolo politico e la sua persona e teme di essersi esposto troppo dopo che i sondaggi lo danno in caduta libera. Delle parole di Napolitano, delle famiglie dei giudici assassinati dalla mafia e dai terroristi, di quelle di Casini e di Fini a Silvio non frega una mazza, ma quando parla Bossi drizza le orecchie perché se Umberto si ritira per lui è finita. Il rischio c’è, l’ipotesi che la Lega possa divincolarsi dall’abbraccio mortale con il Pdl, e stringere un tacito accordo con la presidenza della Repubblica, è più che mai praticabile se Bossi si lascia andare a una dichiarazione come:"Se non difendi la legalità, poi ti impantani. Senza legalità non si capisce più dove vai. La legalità è fondamentale". E siccome per Berlusconi l’unica legalità che riconosce è quella che lo assolve, il futuro non si preannuncia dei più rosei (se perde a Milano c’è sullo sfondo un governo Tremonti o Maroni). E proprio per proseguire nella prassi di spandere ottimismo a piene mani tra i suoi che cominciano a sentire puzza di trombata, Silvio continua a stravolgere la storia e i fatti che la compongono partendo dalle inezie, da quelle cose sulle quali non occorrerebbe neppure mentire perché sono il nulla. Parlando con i giornalisti a Olbia dopo l’ennesimo j’accuse ai pm milanesi, Berlusconi ha detto: “A Milano vinceremo con la forza dei nostri elettori, non c'è bisogno dello scudetto, è ininfluente. Semmai è la società a gioire visto che la vittoria all'Olimpico ci porta 75 milioni di euro di premio”. Silvio, il Milan all’Olimpico non ha vinto, ha solo pareggiato.

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