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Ecco come si verificano i terremoti … almeno in Sicilia!

Da Marcella

La storia di Colapesce

Parlando della Sicilia non si può tralasciare la leggenda di Colapesce (illustrata da Renato Guttuso nella volta del Teatro Vittorio Emanuele II a Messina), o Nicola il pesce, o ancora, Colapisci, in Lingua Siciliana.

Giovane, aitante, ma ancora di più, vera forza della natura e del mare, Colapesce viveva a Messina, vicino Capo Peloro.

Sul suo conto se ne sono dette di tutti i colori.

Le storie si accavallano e ne esistono circa venti versioni, alcune anche dal napoletano.

Gli elementi comuni di questi racconti sono che Colapesce aveva grandi abilità di nuotatore, riusciva a immergersi per lunghissimo tempo, quasi come un pesce.

In alcune storie si dice addirittura che il fisico del giovane era “particolare”, come quello di un mutante dei fumetti del XX secolo: dita palmate, una pelle squamosa e forse anche delle branchie.

Una trasformazione che viene spiegata secondo una precisa versione dei racconti su Colapesce.

Il ragazzo aveva il vizio di riportare al mare il pesce pescato, tanto che una volta mentre il padre ritornava dalla pesca, in una delle ceste vide una murena ancora viva. La prese e corse a gettarla in mare. La madre lo rimproverò: «Tuo padre e i tuoi fratelli faticano per prendere il pesce e tu lo ributti nel mare! Peccato mortale è questo, buttare via la roba del Signore. Se tu non ti ravvedi, possa anche tu diventare pesce».

Non l’avesse mai detto! Il ragazzo iniziò pian piano a cambiare e a restare sempre più a lungo nel mare, aiutando spesso i naviganti e i pescatori quando c’erano da disincagliare delle reti o recuperare attrezzi.

Il giovane divenne famoso per le sue imprese. Attraversando i fondali marini, aveva visto strani ed enormi pesci, città che in un lontano passato erano state sommerse e, infine, caverne piene di tesori.

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Poco alla volta portò l’intero carico di monete d’oro di un vascello affondato.

Riusciva a fare lunghi viaggi nel mare facendosi ingoiare da pesci giganteschi: quando pensava di essere arrivato o se ne stufava, tagliava la pancia all’animale e ne veniva fuori.

I tentativi voluti dalla madre insieme ad alcuni religiosi di far tornare terrestre quel figlio così trasformato, non riuscirono a nulla.

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Colapesce divenne così famoso che la sua storia venne alle orecchie dell’Imperatore Federico II (in altre versioni del racconto, invece, sarebbe Re Ruggero II di Sicilia). Il Sovrano si diresse verso Messina a bordo della sua galea. Giunto al largo di Capo Peloro, Colapesce fu ammesso alla sua presenza. «Voglio esperimentare quello che sai fare – disse l’Imperatore – Adesso getterò questa coppa d’oro nel mare e tu me la riporterai».«Una cosa da niente, maestà» rispose Cola che si gettò subito fra le onde.

Dopo poco il giovane tornò a galla con la coppa d’oro nella mano destra. L’Imperatore fu cosi contento che regalò l’oggetto a Cola invitandolo a restare sulla nave.

Il Monarca sottopose il ragazzo ad altre due prove. Nella seconda gettò una una corona in punto particolarmente profondo. Proprio durante questa prova, Colapesce stette via a lungo e quando tornò, informò l’Imperatore di ciò che aveva visto negli abissi.

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Maestà, – disse – tre sono le colonne su cui poggia la nostra isola: due sono intatte e forti, l’altra è vacillante, perché il fuoco la consuma, tra Catania e Messina.

Il sovrano volle sapere com’era fatto questo fuoco e pretese che il ragazzo gliene portasse un po’. Cola rispose che non poteva portar il fuoco nelle mani, ma il sovrano si sdegnò e minacciò di castigarlo ben bene.

«Confessalo, Cola, tu hai paura» disse Federico II.

«Io paura? – ribatté il giovane – Anche il fuoco vi porterò. Tanto, una volta o l’altra, bisogna ben morire. Se vedrete salire alla superficie delle acque una macchia di sangue, vuol dire che non tornerò più su».

colapesce

Colapesce si gettò a capofitto nel mare e tutti, baroni e gente del popolo rimasero in attesa con trepidazione. Dopo una lunga attesa, comparve una macchia di sangue.

Il giovane disceso fino al fondo più buio del mare, non riapparve più.

Qualcuno sostiene che non è morto e che è rimasto negli abissi per salvare la Sicilia. Infatti il giovane durante la sua ultima immersione si era accorto che la terza colonna su cui poggia la Sicilia stava per crollare e la volle sostenere, cosi come la sostiene tuttora.

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Certo, ogni tanto si stanca. Ci si accorge di ciò quando ci sono terremoti nella zona dello Stretto di Messina: Colapesce, stanco di sorreggere sempre sulla stessa spalla la colonna di Capo Pelòro, la passa sull’altra spalla e in quel momento la terra trema.

Altri dicono che Colapesce tornerà in superficie quando fra gli uomini non vi sarà nessuno che soffra per dolore o per castigo.

 


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