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Ecco perché 12 anni schiavo è il film dell’anno

Creato il 17 febbraio 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

commento di Rosa Maiuccaro

Summary:    

Dopo aver impressionato i giurati e gli spettatori dei festival di mezzo mondo e collezionato nomination per i premi più prestigiosi, anche il pubblico italiano si prepara a gustare il film dell’anno, 12 anni schiavo (12 Years a Slave). Dopo Hunger e Shame, il regista britannico Steve McQueen fa il salto di qualità e racconta la schiavitù come nessuno aveva mai osato fare. Ogni singola inquadratura è girata così bene da far provare allo stesso tempo una sensazione di meraviglia da un lato e orrore e sgomento, dall’altro. Alla regia impeccabile si deve poi sommare la mirabile sceneggiatura di John Ridley, tratta dall’omonimo libro autobiografico di Solomon Northup, e soprattutto le interpretazioni di un cast di primo livello. Le performance di attori del calibro di Michael Fassbender, Brad Pitt (anche produttore della pellicola), Paul Giamatti, Paul Dano (Little Miss Sunshine) e Benedict Cumberbatch (Lo Hobbit) parlano da sé ma sono Chiwetel Ejiofor e Lupita Nyong’o a fare la differenza. Siamo sicuri che dimenticherete i loro nomi all’istante ma siamo altrettanto sicuri che i loro visi rimarranno un ricordo indelebile dopo la visione di 12 anni schiavo. La loro corsa agli Oscar sarà sicuramente ostacolata da nomi del calibro di Tom Hanks, Robert Redford o Julia Roberts ma non vi è dubbio che i due attori sapranno farsi valere.
12 anni schiavo
La storia è basata sulla tragica esperienza del violinista Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor), che nel 1841, nonostante fosse un uomo libero, venne rapito con l’inganno e trapiantato in una piantagione di cotone in Louisiana, ove rimase prigioniero per dodici anni (ovvero fino al 1853). L’uomo, che era solito vivere serenamente a New York con la moglie e le figlie, non potette ribellarsi una volta giunto a Washington, laddove la schiavitù era legale. Durante la prigionia, Solomon tentò di sopravvivere conservando la propria dignità barcamenandosi tra padroni apparentemente “comprensivi” come William Ford (Benedict Cumberbatch) e perfidi schiavisti come Edwin Epps (Michael Fassbender) e John Tibeats (Paul Dano). L’incontro casuale con un abolizionista canadese Samuel Bass (Brad Pitt) potrebbe finalmente restituirgli il suo diritto alla vita, non prima di aver assistito alle terribili angherie che dovrà subire la sua compagna di sventura Patsey (Lupita Nyong’o) di cui si è malauguratamente invaghito il sadico Epps.

A sottolineare la delicatezza della tematica trattata e quanto sia ancora fortemente sentita in America è lo spiacevole episodio che ha visto coinvolta la Bim, che si occupa della distribuzione italiana del film. La Bim è stata tacciata di razzismo dai media americani poiché rea di aver utilizzato il volto di Brad Pitt invece di quello del protagonista (nero) Chiwetel Ejiofor per i manifesti della pre-campagna di lancio di 12 anni schiavo. Per dovere di cronaca, la Bim si è prontamente scusata e ha precisato che per la campagna definitiva di lancio utilizzerà esclusivamente il manifesto conforme all’originale. Un’esagerazione, almeno secondo chi scrive, non perché la Bim non abbia sbagliato ad usare l’immagine dell’attore protagonista ma poiché più che di razzismo, i distributori hanno agito secondo logiche di mercato. Di fatto, Michael Fassbender e Brad Pitt sono di gran lunga più popolari di Chiwetel Ejiofor e avrebbero dunque potuto iniziare il pigro pubblico italiano a questo capolavoro.

Se Django ha aperto la porta, 12 anni schiavo c’è entrato dentro prepotentemente” scrive Variety. Pertanto se Tarantino aveva cominciato lo sdoganamento della tematica razziale con un’irriverente ed esilarante parodia del Ku Klux Klan in Django Unchained, Steve McQueen è andato oltre. Il Time lo ha definito addirittura “l’anti-Via Col Vento”poiché racconta la vita degli schiavi neri d’America prima della guerra di secessione in modo diametralmente opposto a quanto mostrato finora dalla classica narrativa hollywoodiana. Secondo David Denby del New Yorker, 12 anni schiavo non solo è “di gran lunga il più bel film che sia mai stato realizzato sulla schiavitù Americana”, ma ha rappresentato una rivoluzione unica nel panorama cinematografico americano. Northup è un uomo con cui è facile identificarsi, almeno per coloro che hanno temuto almeno una volta nella vita di perdere tutto. Eppure il regista non si ferma al racconto del suo dramma ma va oltre, rendendo la sua storia universale. 12 anni schiavo non ha pietà per lo spettatore, nessun finale consolatorio. Ad attenderci soltanto il pianto per le migliaia di schiavi che non hanno mai conosciuto la libertà, che non hanno avuto la possibilità di raccontare le loro storie alle generazioni future.

Merita una menzione speciale, la presenza di Michael Fassbender che, come si evince dalle sue straordinarie performance in Hunger, Shame e ora qui, sembra in perfetta sintonia con il regista. L’attore irlandese – quasi irriconoscibile negli ultimi film (disastri?) di Ridley Scott come Prometheus e The Counsellor – dà il meglio si sé al cospetto di Steve McQueen con cui sembra aver un innegabile feeling. Fassbender sembra finalmente pronto per aggiudicarsi il tanto ambito Oscar che gli era stato negato solo qualche anno fa con Shame. Nessun dubbio che questo film meriti ciascuna delle singole candidature ai Golden Globe e agli Oscar e che farà certamente incetta di premi. Per saperne di più date un’occhiata al nostro incontro stampa al London Film Festival con il regista Steve McQueen clikkando qui.

12 anni schiavo uscirà nelle sale italiane a partire dal 20 febbraio 2014.

di Rosa Maiuccaro per Oggialcinema.net


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