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Ecologia fascista (7): L’ecologia fascista in contesto

Creato il 02 marzo 2013 da Davide

Per rendere questa deprimente e sconfortante analisi più appetibile, vi è la tentazione di tirare proprio la conclusione sbagliata – cioè, che anche la politica più riprensibile talvolta produce risultati lodevoli. Ma la vera lezione è proprio l’opposto.: anche la più meritevole delle cause può essere pervertita e strumentalizzata al servizio della barbarie criminale. Questa ala “verde” della NSDAP non era un gruppo di innocenti, idealisti confusi e manipolati o riformatori dall’interno; erano coscienti promotori ed esecutori di un vile programma dedicato alla violenza razzista inumana, alla repressione politica di massa e al dominio militare mondiale. Il loro coinvolgimento ecologico, lungi dal compensare questi impegni fondamentali, li approfondivano e li radicalizzavano. Alla fine, la loro configurazione di politica ambientalista fu direttamente e sostanzialmente responsabile dell’omicidio organizzato di massa.
Nessun aspetto del progetto nazista può essere capito in modo appropriato senza esaminare le sue implicazioni nell’olocausto. Anche qui gli argomenti ecologici giocarono un ruolo malefico cruciale. Non solo l’ala “verde” mise a nuovo il sanguigno antisemitismo dell’ecologia reazionaria tradizionale, ma catalizzò un nuovo scoppio di luride fantasie razziste di inviolabilità organica e vendetta politica. La confluenza del dogma anti-umanista con la feticizzazione della “purezza” naturale fornì non semplicemente una ragione ma un incentivo al crimine più terribile del Terzo Reich. Il suo fascino insidioso liberò energie assassine prima rinchiuse. Infine, la sostituzione di qualsiasi analisi sociale di distruzione ambientale a favore di un’ecologia mistica servì da componente integrale nella preparazione della soluzione finale: «Per spiegare la distruzione della campagna e i danno ambientale, senza mettere in dubbio il legame del popolo tedesco con la natura, si può fare solo non analizzando il danno ambientale in un contesto sociale e rifiutandosi di capirlo come espressione di interessi sociali in conflitto. Se questo fosse stato fatto, avrebbe portato alla critica del nazismo stesso dato che non era immune da tali forze. Una soluzione era associare tali problemi ambientali alla distruttiva influenza di altre razze. Il nazismo poteva allora essere visto come sforzo per eliminare altre razze per permettere alla comprensione e al sentimento per la natura innati del popolo tedesco di affermarsi, assicurando così una vita armoniosa vicina alla natura per il futuro» (64).
Questa è la vera eredità dell’ecofascismo al potere: «genocidio sviluppato in una necessità sotto un manto di protezione ambientale» (65).
L’esperienza dell’ala “verde” del fascismo tedesco è un solido calmante che ci ricorda la volatilità politica dell’ecologia. Non indica certamente una qualsiasi inevitabile connessione tra temi ecologici e politica di estrema destra; oltre alla tradizione reazionaria che abbiamo esaminato qui, esiste sempre un’eredità egualmente vitale di ecologia libertaria di sinistra, in Germania come altrove (66). Ma certi schemi possono essere distinti: «Mentre le preoccupazioni per i problemi posti dalla crescente padronanza da parte dell’umanità della natura sono state condivise da un numero sempre maggiore di gruppi di persone abbraccianti una pletora di ideologie, la risposta più coerente “pro-ordine naturale” trovò corpo politico nella destra radicale» (67). Questo è il filo comune che unisce manifestazioni di ambientalismo semplicemente conservatrici o anche supposte apolitiche con la varietà dichiaratamente fascista.
La storia, di sicuro, smentisce la vacua pretesa che «quelli che vogliono riformare la società secondo natura non sono di destra né di sinistra, ma dalla mente ecologica» (68). I temi ambientalisti possono essere mobilitati sia da destra che da sinistra, in effetti essi richiedono un esplicito contesto sociale se devono avere una qualche valenza politica. “Ecologia” da sola non prescrive una politica, deve essere interpretata, mediata attraverso qualche teoria della società allo scopo di acquistare significato politico. Non riuscire a badare a questa interrelazione mediata tra il sociale e l’ecologico è il segno dell’ecologia reazionaria.
Come si è detto, questo fallimento più comunemente prende la forma di un richiamo a “riformare la società secondo la natura”, cioè, formulare qualche versione dell’ordine “naturale” o “legge naturale” e sottoporre i bisogni e le azioni umane ad essa. Di conseguenza, i processi sociali che vi soggiacciono e le strutture che costituiscono e formano le relazioni della gente con l’ambiente restano prive di esame. Tale ignoranza ostinata, a sua volta, oscura i modi in cui tutte le concezioni della natura sono esse stesse prodotte socialmente e lascia le strutture di potere indiscusse, mentre contemporaneamente fornisce loro uno status apparentemente “ordinato per natura”. Così la sostituzione dell’ecomistica alla lucida ricerca socio-ecologica ha ripercussioni politiche catastrofiche, mentre la complessità della dialettica società-natura collassa in una Unicità purificata. Un “ordine naturale” ideologicamente carico non lascia spazio al compromesso; le sue pretese sono assolute.
Per tutte queste ragioni, lo slogan avanzato da molti verdi contemporanei “Non siamo né di destra né di sinistra, ma di fronte”, è storicamente ingenuo e politicamente fatale. Il necessario progetto di creare una politica ecologicamente emancipatoria richiede un’acuta coscienza e una comprensione dell’eredità dell’ecofascismo classico e la sua continuità concettuale con l’attuale discorso ambientalista. Un orientamento “ecologico” da solo, al di fuori di una struttura critica sociale, è pericolosamente instabile. La storia dell’ecologia fascista mostra che nelle giuste condizioni un tale orientamento può velocemente portare alla barbarie. (fine)

Note

64. Gröning and Wolschke-Bulmahn, “Politics, planning and the protection of nature”, p. 137.
65. ibid., p. 138.
66. Linse’s Ökopax und Anarchie, tra gli altri, offer una dettagliata analisi della storia dell’eco-anarchismo in Germania.
67. Pois, National Socialism and the Religion of Nature, p. 27.
68. Bramwell, Ecology in the 20th Century, p. 48.


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