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Economia formale vs economia sostanziale

Creato il 11 novembre 2013 da Cultura Salentina

Economia formale vs economia sostanziale

11 novembre 2013 di Redazione

di Brizio Montinaro

La crisi attuale dimostra la rottura definitiva di un modello di sviluppo di cui ancora “viviamo” l’onda lunga… I valori, fino ad ora di nicchia, della sostenibilità ambientale determineranno necessariamente la “nuova etica” dei cicli virtuosi verso una “trasfigurazione” dell’individuo, dei suoi doveri e dei suoi diritti. Un soggetto nuovo a determinare la propria esistenza relazionata a quella degli altri attraverso ”consumi sostenibili”.

Il consumatore nel rivalutare qualità “tangibili”, che la finanza selvaggia ha svuotato di significato, riscoprirà il lungo termine, una logica che è stata risucchiata dalla visione di breve periodo che ha imperato nelle decisioni delle aziende nella valutazione degli obiettivi trasferendo poi, attraverso i bisogni indotti, i problemi all’uso patologico delle carte di credito (debito) o del credito (debito) al consumo.

L’economia e il consumo non sopravviveranno senza una visione sociale rinnovata!

Per “sfuggire” alla crisi è fondamentale intuire la nuova visione del mondo che si sta generando. Una critica cioè al valore di tutto ciò che si fa perché “poi si butterà” e non perché “deve durare”.

I parametri interpretativi del mondo proposti fino ad ora, sono parametri che devono convertirsi al localismo ed alla decrescita teorizzata da Serge Latouche, da Karl Polanyi e dalla bioeconomia che auspica un passaggio dall’economia formale alla economia sostanziale.

I parametri che hanno dominato fino a ieri cambieranno completamente, banalizzando: diventerà importante avere “la roba che dura” in opposizione alla effimera “ricchezza” con “marca” scintillante.

Tornerà elegantissima la giacca di tweed già ventenne e con la garanzia che durerà altri venti.

Torneranno attraenti tutti i materiali naturali: la lana, il lino, il cotone, la seta, il cuoio.

Tornerà, anche fra i giovani la scarpa di cuoio invece della Nike che si cambia ogni anno.

E nel design di prodotto e di processo questo avrà delle conseguenze enormi, si valorizzerà la “patina” in opposizione all’obsolescenza.

Questo vuol dire bronzo, pietra, legno, mattone, marmo invece del plastichino già da buttare dopo due anni salvo che non sia in Mater-Bi. Tornerà il grande artigianato, quello che è stato sempre parallelo alla buona architettura. Si tornerà a fare finestre suscettibili di durare due secoli e bagni straordinari in marmo o altro materiale utilizzando sanitari e accessori contemporanei e tecnologicamente avanzati insieme al lavoro di un artigiano capace di sagomare il piano del lavandino. Si valorizzerà la “personalizzazione” del prodotto anziché la “serialità” dei prodotti a catalogo e per fare ciò si avrà bisogno di eserciti di bravi artigiani che hanno bisogno di guardare in faccia il proprio cliente. Si produrranno sempre più materiali dai lunghi cicli di vita ad impatto finale zero e che saranno in scala con l’impronta ecologica.

Ma tali riflessioni emergono solo ora in periodo di forte crisi? No, c’è chi ha teorizzato comportamenti eticamente legati alla saggia dignità dell’essere e non del “necessario” apparire anche nel mondo del progetto (design) e del prodotto già da molto tempo.

Il mingei in Giappone ad esempio, all’inizio del XX secolo, illustra una concezione dell’artigianato popolare anonimo. Il movimento mingei, da minshù (popolo) e kogei (artigianato), fondato negli anni venti dal pensatore Soetsu Yanagi (1889-1961) e sostenuto da una generazione di artisti/artigiani, si votava alla rivelazione della “bellezza” degli oggetti quotidiani, rifiutando le esasperazioni del lusso fine a se stesso e del mero apparire. Soetsu Yanagi ed il figlio Sori, intellettuali attratti dalla letteratura e dall’arte occidentale interessati al movimento Art&Crafts, erano convinti assertori della bellezza del “design anonimo” quale risultante di un processo di lavoro collettivo che arriva ad essere prodotto attraverso la complessità delle lavorazioni meccaniche, manuali e dei materiali. Solo la conoscenza approfondita dei materiali e dei relativi processi di lavorazione determina il buon design. Approfondire lo spirito del mingei ci porta ancora una volta a riflettere sull’importanza dei “fondamentali” della produzione e del suo intreccio naturale delle competenze lontani da gerarchie generate da logiche prettamente commerciali e di marketing.

Viviamo esasperazioni del “soggettivo apparire” e delle “titolarità” egotiche, nel quotidiano come in ambito professionale, salvo poi ricorrere all’anonimo peer-to-peer (P2P) per appropriarsi degli altrui diritti. Copy-left, Freeware, Open-source, Creative Commons…. sono termini ai quali siamo abituati ma che forse necessiterebbero maggiore attenzione in quanto chi ha creduto a tali “etiche” ha contribuito notevolmente alla riflessione critica delle logiche economiche fino ad ora diffuse e che forse sono giunte al capolinea.

Tricase, 13 marzo 2009

Brizio MONTINARO


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