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Economia, lavoro che manca ed italia: da trent'anni la poesia non e' cambiata

Creato il 04 settembre 2010 da Alessandro @AleTrasforini
ECONOMIA, LAVORO CHE MANCA ED ITALIA: DA TRENT'ANNI LA POESIA NON E' CAMBIATA La crisi economica sarà anche finita, a detta di qualche Ministro. Passato il picco critico, nulla toglie che rimangano strascichi enormi da rattoppare. Le soluzioni rincorse dalla politica hanno visto iniezioni di incentivi al mercato dell'automobile, capaci di produrre solamente incrementi a singhiozzo sulla domanda di mercato. Ad incentivi dismessi ci sono state paurose decrescite, fino a raggiungere minimi storicamente mai toccati. Chi si ricorda più di quella, tanto pubblicizzata, social card? Avrebbe dovuto essere panacea nel welfare dei meno abbienti, soprattutto anziani. Avrebbe dovuto ricostruire, con iniezioni periodiche, il potere d'acquisto minimo di italiani altrimenti alla canna del gas. La drammaticità della situazione era stata, a propaganda, tappata con il tanto conclamato piano per investimenti sulle case. Chiunque avesse voluto, avrebbe potuto ampliare casa, con pochi problemi di condono ed abusivismo edilizio. Crisi economica che ha fatto tacere, poi, il governo, su contratti capestro per i diritti dei lavoratori. Ad oggi, a picco critico finito, ci ritroviamo con futuri pugni di mosche nelle mani. Con un Ministero allo Sviluppo Economico affidato ad interim ad un corruttore, ci si ritrova in una situazione drammatica. Si contano 400mila lavoratori in cerca di un futuro, 200 tavoli di concertazione per la crisi messi in piedi. Si annoverano,senza alcuna enfasi, più di un milione di lavoratori finiti a casa. E' triste non poterne fare nomi e cognomi; tutto ciò testimonia ancora di più la visione moderna per la quale l'operaio è solo cartellino o matricola. E' triste vedere la base della piramide produttiva funzionale solo a catene di montaggio o statistiche. Si contano 300mila giovani senza lavoro, su percentuali prossimo al 30% del totale. Giovani disoccupati senza alcun finanziamento minimo, senza alcuna indennità di disoccupazione. Tutto ciò, ovviamente, all'insegna della più assoluta flessibilità. La testimonianza di un Paese senza futuro alcuno prende voce, purtroppo, dal trattamento subito dalle basi produttive. Leggendo il bimestrale MicroMega n°5, ho trovato una poesia scritta da un operaio FIAT. E' corta, dedicata a tutti coloro i quali già trent'anni fa dovevano sottostare ad equilibri già allora ritenuti critici e precari. E' un componimento ad opera di tale Raffaele Scali, che riporto nel seguito: "Addio compagni di lavoro e di lotta in tanti anni abbiamo imparato che l'unità di classe è indispensabile Dobbiamo sempre lottare contro i padroni ma la fabbrica comunque noi l'amiamo La vogliamo pù bella e come la casa per 8 ore al giorno ci viviamo E nessuno può demolirla Anzi la vogliamo più bella più accogliente più pulita è il luogo dove si passano i migliori anni della nostra VITA." Stando all'attuale modernità, pare che agli uomini divenuti matricole sia stata tolta la vita. Stando all'attuale modernità, che cosa potrebbe dedicarci il poeta operaio Raffaele Scali?

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