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Edifici a energia quasi zero, l’intervista a Elisa Di Giuseppe

Creato il 15 settembre 2014 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT
TASI 2014 e IMU 2012: il confronto

Gli aspetti principali, e anche quelli rivoluzionari, della Direttiva Europea sugli edifici a energia quasi zero. Parte da qui l’intervista a Elisa Di Giuseppe. Il dibattito sulla prestazione energetica degli edifici è sempre aperto, a tal punto che in Italia continuiamo a chiederci quale sia la definizione corretta di NZEB. C’è anche grande discussione a proposito del fabbisogno energetico degli edifici, del recupero dell’esistente e della sua demolizione. La trama, neanche troppo sottile, che sottende a tutti i discorsi sull’efficientamento energetico è quella dei costi economici degli interventi. Insomma, le risposte di Elisa pongono questioni interessanti su tutti gli argomenti che si assiepano intorno al tema “edifici a energia quasi zero verso il 2020″. Temi trattati sempre sulle pagine di Ediltecnico così come nei convegni Edifici a energia quasi zero verso il 2020 organizzati da Maggioli e Andil nel 2014, la cui prossima tappa (a Bari, il 19 settembre) ha registrato un boom di iscritti: 1100! Segno che l’argomento interessa molto i professionisti e che la discussione è viva.

Ecco l’intervista a Elisa Di Giuseppe (PhD, Building Engineer and Architect, expert on Building Physics presso l’Università Politecnica delle Marche).

Edi. Partiamo dall’aspetto normativo. Alla base di tutto il discorso edifici a energia quasi zero c’è la Direttiva europea 2010/31/CE. Quali sono i passaggi chiave di tale normativa?
EDG. La Direttiva EPBD recast 2010/31/EU sull’efficienza energetica negli edifici prevede l’obbligo del raggiungimento di standard energetici elevatissimi per gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici a partire dal 31 dicembre 2018 e per tutti i nuovi edifici a partire dal 31 dicembre 2020.

Tale obbligo si declina nell’introduzione del concetto di “edifici a energia quasi zero” (Nearly Zero-Energy Building, NZEB), definito come un edificio ad altissima prestazione energetica, il cui fabbisogno, molto basso o quasi nullo, dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili. La Direttiva delinea quindi i passi che ogni Stato membro dovrà compiere per definire un NZEB e per raggiungere tale obiettivo, sia da un punto di vista tecnico che finanziario.

Inoltre l’aspetto forse più innovativo della Direttiva è il fatto che essa richieda agli Stati Membri di definire i propri requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici in un’ottica di raggiungimento del “livello ottimale di costo” durante il ciclo di vita economico stimato dell’edificio.
Le soluzioni di efficienza energetica “ottimali” in quest’ottica non sono quelle che consentono di raggiungere la migliore prestazione energetica in assoluto, poiché questo potrebbe comportare un elevato costo dell’investimento iniziale, non ammortizzabile nel ciclo di vita utile dell’edificio. Le soluzioni “ottimali” rappresentano piuttosto il punto di equilibrio tra investimento e ammortamento, stimato considerando tutte le componenti di costo che entrano in gioco durante l’intero ciclo di vita di un edificio. Un aspetto rivoluzionario, se si considera che negli ultimi anni la ricerca dell’efficienza energetica in edilizia ha spinto verso scelte progettuali e tecnologiche sofisticatissime ma anche molto costose in termini di investimento iniziale, e non sempre ammortizzabili durante la vita utile degli edifici.

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Edi. Anche l’Italia ha una sua normativa che mira a raggiungere gli obiettivi europei. Ci sono però una serie di problematiche che rimangono ancora aperte che rallentano il nostro percorso. Di cosa si tratta?
EDG. In Italia il D.L. 63/2013, successivamente convertito in Legge 90/2013, recepisce la Direttiva europea 2010/31/CE, per la maggior parte integrando il D.lgs. 192/2005, fino a oggi riferimento per il calcolo della prestazione energetica di edifici nuovi ed esistenti.
Il decreto di recepimento prevede l’attuazione entro il 31 dicembre 2014 di un Piano nazionale che comprenda indicazioni sulla definizione di NZEB, gli obiettivi intermedi di miglioramento della prestazione energetica degli edifici di nuova costruzione entro il 2015, informazioni sulle politiche e sulle misure finanziarie o di altro tipo adottate per promuovere il miglioramento della prestazione energetica degli edifici.

Il dibattito intellettuale, scientifico e legislativo a tal proposito è ancora in via di definizione.

Resta in primo luogo l’annosa questione di stabilire una definizione chiara di NZEB. Attualmente il termine viene interpretato diversamente nei vari Paesi europei. Nel nostro contesto, caratterizzato da una grande varietà climatica, in cui il problema del surriscaldamento estivo degli edifici risulta ormai preponderante, non è possibile mutuare una definizione di origine “nordica” e la conseguente metodologia operativa che ne deriva.

La valutazione del fabbisogno energetico per il raffrescamento dei nostri edifici è un’altra problematica aperta di grande importanza. La Direttiva europea prevede che la metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici adottata dagli Stati Membri debba valutare la prestazione annuale e non essere basata unicamente sul periodo di riscaldamento. Come fare è ancora non chiaro.

Infine la Direttiva introduce il tema della valutazione costi-benefici di soluzioni tecnologiche per l’edilizia, aspetto di interesse anche per soggetti quali investitori privati, progettisti, imprese, interessati a compiere valutazioni e scelte puntuali tra diverse soluzioni di efficientamento. Tuttavia l’applicazione della metodologia di calcolo, già di per sé piuttosto laboriosa, richiede una precisa definizione di tutte le variabili in gioco: i costi di ogni componente edilizio e impiantistico che influenza la prestazione energetica, parametri finanziari quali tasso di inflazione, tasso di crescita dei costi di mano d’opera ed energia, tempi di manutenzione e di sostituzione dei componenti, vita utile dell’edificio, ecc.  Ne deriva il possibile rischio che l’incertezza nella valutazione di tali parametri sia così influente da rendere in molti casi difficile individuare la soluzione di efficienza energetica “ottimale” in termini di costi-benefici.

Rudere Edifici a energia quasi zero, lintervista a Elisa Di Giuseppe

Edi. Rimanendo in Italia, sicuramente il problema principale è quello di riqualificare l’esistente. Considerando tutte le prestazioni a cui un edificio deve assolvere (antisismica, energetica, comfort, acustica…), non è più conveniente sostituire, piuttosto che riqualificare, almeno nei casi più critici?
EDG. Viviamo in un paese in cui gran parte del patrimonio edilizio è vetusto e non adeguato agli attuali standard relativi alla sicurezza, al comfort, all’efficienza, all’accessibilità. Allo stesso tempo una porzione di esso è ricca di valori storici e culturali da preservare.

La sfida che si prospetta nei prossimi anni è dunque avvincente: da una parte lo sviluppo di progetti per il recupero e la conservazione di una parte del patrimonio esistente, che sappiano traguardare un effettivo miglioramento prestazionale; dall’altra l’opzione di demolire e ricostruire, senza peraltro favorire un consumo del suolo ulteriore. Un parametro importante di scelta è la convenienza economica dell’intervento, in accordo con la metodologia di valutazione costi-benefici introdotta dalla Direttiva Europea.

Privati e pubbliche amministrazioni dovrebbero sempre più essere sostenuti da una legislazione efficace e da incentivi economici nell’intraprendere l’una o l’altra strada. Nella scelta è fondamentale il ruolo dei progettisti, che devono essere formati ad operare nell’ambito della riqualificazione prestazionale e non solo in quello della nuova edificazione di elevata qualità.

Edi. Vorrei parlare con lei anche di Social Housing. Quale pensa sia il ruolo può rivestire oggi in Italia? Cioè: nel Social Housing, quali sono le principali difficoltà e quali gli obiettivi che ci si dovrebbe porre rispetto al tema del risparmio energetico, fattore che ha un impatto su una parte importante del reddito delle famiglie a cui l’edilizia sociale si rivolge?
EDG. Numerosi esempi di Social Housing di elevatissime qualità architettoniche e prestazionali si sono diffusi in Europa da qualche decennio e la progettazione in questo settore diventa occasione per sperimentare nuove forme dell’abitare e per raccogliere sul campo dati reali di prestazione (modi di utilizzo, consumi, parametri di comfort).

L’Italia è ancora indietro sotto questo punto di vista, ma l’attuale depressione economica, con il conseguente acuirsi dell’emergenza abitativa, dovrebbe essere lo sprone proprio per investire anche nel nostro paese in una architettura sociale di elevata qualità.

Anche qui entrano in gioco importanti aspetti legati alla valutazione costi-benefici di misure di efficientamento energetico sul patrimonio esistente o per la progettazione di nuove strutture. Nel contesto di Social Housing in particolare, diventa molto importante contenere i consumi energetici (e i relativi costi) durante la fase di “esercizio” dell’edificio, non solo per una valutazione della convenienza dell’intervento di efficientamento energetico, ma di fatto per “ridurre la bolletta” e le spese di gestione per gli utilizzatori.

y Sopraelevazione Hotel Corte Ongaro di Verona Edifici a energia quasi zero, lintervista a Elisa Di Giuseppe

Altro aspetto importantissimo in ambito di progettazione Social Housing è una particolare attenzione verso gli aspetti legati al comfort termoigrometrico e alla salute per gli abitanti. Gli edifici sociali sono spesso occupati dalle fasce di popolazione più “deboli” che trascorrono molta parte del loro tempo all’interno degli edifici.

Nel nostro contesto climatico mediterraneo diventa quindi fondamentale utilizzare strategie quali una elevata inerzia termica dell’involucro e sistemi di controllo dell’irraggiamento attraverso le superfici vetrate per il contenimento del surriscaldamento estivo, piuttosto che limitarsi al solo “superisolamento” dell’involucro; così come puntare sulla traspirabilità dell’involucro e l’impiego di materiali “moisture buffering” (materiali di finitura in grado di accumulare e rilasciare nel tempo i picchi di vapore acqueo in ambiente) per evitare fenomeni di condensazione e sviluppo di muffe e altri agenti patogeni.

Elisa Di Giuseppe è relatrice dei convegni sugli edifici a energia quasi zero, con interventi sulle Valutazioni costi/benefici delle scelte progettuali.


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