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EL GRECO #pittura #manierismo #arte

Creato il 09 maggio 2014 da Albertomax @albertomassazza

el greco toledoDoménikos Theotokòpulos dovette sentirsi straniero fin dalla nascita, avvenuta a Creta nel 1541, in una famiglia di mercanti entrata nell’appalto della riscossione dei tributi per conto della Serenissima, al tempo dominatrice sull’isola greca. Taluni critici, ad acuire questo senso di estraneità della famiglia del futuro pittore rispetto alla realtà sociale di Creta, vorrebbero i Theotokòpulos di fervente osservanza cattolica, in una terra a netta predominanza ortodossa e in tempi in cui non si andava tanto per il sottile nelle questioni religiose. Il suo apprendistato lo compì nell’isola, fiorente di botteghe specializzate nella produzione di icone, di derivazione bizantina, ma reinterpretate alla luce del Rinascimento italiano importato dai dominatori veneziani. A ventidue anni, dovette già essere maestro iscritto alla corporazione dei pittori, costituitasi sui modelli italiani, e titolare di una propria bottega, per quanto si evince da una delle poche notizie pervenuteci. Convinto del proprio talento e desideroso di ottenere il riconoscimento più pieno, intorno al 1567 decise di trasferirsi a Venezia. Stando a una lettera di Tiziano Vecellio a Filippo II, in cui il genio cadorino faceva riferimento a un talentuoso suo discepolo di provenienza greca, il futuro El Greco dovette trovare occupazione nella bottega dell’instancabile ottuagenario, trovandosi a contatto diretto con il processo di dissoluzione della forma che Tiziano affrontò nei suoi ultimi anni d’attività. Durante il soggiorno veneziano ebbe comunque modo di approfondire la conoscenza dei maestri della Maniera veneziana, Jacop Bassano, Paolo Veronese e soprattutto Tintoretto, dal quale apprese il senso antinaturalistico ed espressivo del colore, l’arditezza degli scorci e la fluidità delle forme.

Vuoi per la difficoltà di trovare committenze prestigiose, in una scena dominata dai suddetti maestri, vuoi per la volontà di confrontarsi con altri ambienti della Maniera italiana, il cretese si mise in viaggio, soggiornando inizialmente a Parma, dov’ebbe modo di studiare i capolavori del Correggio; successivamente fu a Firenze, culla del Rinascimento e della Maniera; infine, a Roma, venne introdotto dal miniaturista Giorgio Giulio Clovio a Palazzo Farnese, divenendo ritrattista alla corte del cardinale Alessandro. Nel 1572, dopo essersi iscritto all’Accademia di San Luca, la corporazione degli artisti di Roma, aprì bottega. Ma evidentemente le grandi commissioni continuarono a mancare e, dopo un nuovo deludente tentativo a Venezia, il pittore decise di recarsi a Madrid, dove Filippo II faticava a trovare artisti all’altezza per i grandi lavori dell’Escorial. Del periodo italiano restano poche opere, tra cui il Polittico di Modena eseguito presumibilmente prima o durante il soggiorno parmense, la Cacciata dei mercanti dal tempio e il Ritratto di Giorgio Giulio Clovio. In questi lavori, El Greco dimostra di essere sulla buona strada per un’originale e autonoma Maniera, pur evidenziando la forte influenza esercitata dalla pittura italiana del secondo Rinascimento.

Stabilitosi a Madrid, trovò lavoro all’Escorial, ma le poche commissioni importanti ottenute (Allegoria della Lega Santa, Martirio di San Maurizio) non soddisfecero del tutto il Re e, approfittando dell’apertura del cantiere della Cattedrale di Toledo, vi si trasferì, accompagnato dalla nobildonna Jeronima de las Cuevas, dalla quale ebbe il figlio Jorge Manuel, senza peraltro mai sposarla, nonostante la sua ostentata fede cattolica. Nella città castigliana, tra i centri culturalmente più dinamici del regno, El Greco passò il resto della sua vita, legando ad essa i suoi capolavori più maturi, dall’Espolio al Seppellimento del Conte di Orgaz, dall’Orazione nell’orto al Ritratto del Cardinale Guevara e alla nuova versione della Cacciata dei mercanti dal tempio, evolvendo in maniera sempre più compiuta il suo stile verso una resa espressionistica e antinaturalistica del colore e una liquefazione del disegno, fino agli esiti simbolisti, metafisici ed espressionisti del suo ultimo periodo di attività (Veduta di Toledo, Laocoonte, Il quinto sigillo dell’Apocalisse) che l’hanno definitivamente consacrato come padre nobile della pittura del tardo ottocento e del novecento.

Enigmatica e contradditoria, la pittura di El Greco rispecchia fedelmente la complessa psicologia dell’artista, capace di assorbire la lezione dei maestri italiani, ma senza atteggiamenti di subalternità, come dimostrerebbero le feroci critiche a Michelangelo, che pure influenzò profondamente il suo primo periodo d’attività, fino all’irriverente proposta fatta a Pio V di tirar giù il Giudizio Universale, in odor di censura controriformista, per ridipingerlo di sua mano secondo i dettami tridentini. Colto e raffinato intellettuale, capace di tener testa ai dottori di Toledo nelle dispute sui riferimenti iconografici della sua opera, di volta in volta visto come un campione della controriforma spagnola o come un eretico, pervaso da un profondo senso mistico, ma sensibile alle raffinatezze della mondanità. Spregiudicato fino all’opportunismo nel garantirsi le committenze e pure non disposto a retrocedere di nulla sulle sue originali scelte stilistiche, la sua opera cadde nell’oblio con l’avvento del barocco, per poi essere rivalutata a partire dal romanticismo, fino ad essere considerata precorritrice dell’arte contemporanea, dall’Impressionismo al Simbolismo, dall’Espressionismo al Surrealismo.

EL GRECO opere quadri

 



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