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El Salvador: lo Stato dovrà pagare, al Mozote fu strage premeditata

Creato il 17 dicembre 2012 da Eldorado

La Corte Interamericana per i diritti umani ha emesso ad inizio settimana una sentenza storica condannando El Salvador come responsabile del massacro del Mozote, compiuto dall’esercito salvadoregno nel dicembre 1981 nell’ambito della guerra civile che a quel tempo stava dilaniando il paese centroamericano.
Si compie così giustizia per il più cruento misfatto della storia recente dell’America latina, considerato il peggior eccidio compiuto nell’intero continente americano contro la popolazione civile. ¨Lo Stato è responsabile per la violazione del diritto alla vita, dell’integrità delle persone e della proprietà privata¨ recita la sentenza che accusa le più alte sfere dell’allora governo di essere state a conoscenza della terribile repressione e di aver dato direttive perché quella strage venissa portata a termine.
A macchiarsi dell’infamia fu il famigerato Battaglione Atlacatl, che per tre giorni passò per le armi uomini, donne, anziani e bambini dei villaggi della zona di El Mozote, una regione contadina situata nel nord del Paese. L’ordine ricevuto dai soldati era quello di fare piazza pulita in una zona di influenza del Frente Farabundo Martí. L’intera offensiva, denominata Operación Rescate, si tramutò da un’azione di guerra nella sistematica soppressione della popolazione inerme che abitava nella regione del Mozote. Alla fine, più di mille persone furono giustiziate, molte delle quali dopo essere state torturate e, nel caso delle donne, violentate. Nemmeno i bambini si salvarono: separati dai genitori vennero fucilati a gruppi. Uno sterminio del quale si trattò di cancellare ogni traccia, complice la controinformazione generata dalla Giunta militare e dal compiacente aiuto della Casa Bianca, coinvolta a tutti gli effetti con l’esercito salvadoregno.
El Salvador: lo Stato dovrà pagare, al Mozote fu strage premeditataPer anni lo Stato salvadoregno negò che al Mozote fosse stata compiuta una strage. Le circostanziate denunce pubblicate dal ¨Washington Post¨ e dal ¨New York Times¨ dagli inviati che avevano raccolto le testimonianze degli scampati al massacro vennero rigettate non solo dalle autorità del paese centroamericano, ma dal governo di Ronald Reagan le cui responsabilità nella guerra sporca nel Salvador cominciavano ad essere evidenti. È stato solo a partire dal 1992 che, grazie ai pochi testimoni e agli scavi forensi compiuti da un equipe di esperti argentini, si è potuto stabilire con chiarezza l’entità della tragedia.
La Corte ha ora ingiunto a El Salvador di dare avvio ad una investigazione esaustiva attraverso la quale si possa risalire ai responsabili dell’eccidio, perché siano quindi consegnati alla giustizia. Si tratta di un compito difficilissimo, se non impossibile. Gli alti ranghi delle Forze Armate hanno sempre fatto quadrato sull’episodio difendendo ad oltranza l’istituzione militare. Il Ministero della difesa ha sempre sostenuto che non si possiedono archivi che permettano di stabilire chi fosse al comando del battaglione e, quindi, chi abbia dato l’ordine effettivo di compiere la mattanza.
Una spiegazione debole ma che, assieme alla Legge d’Amnistia del 1993, protegge i responsabili di quegli atti atroci.
L’attuale presidente salvadoregno, Mauricio Funes, in rappresentanza dello Stato e in qualità di Capo delle Forze Armate, ha chiesto perdono ai sopravvissuti ed ai famigliari degli uccisi al Mozote in una cerimonia tenutasi alcuni mesi fa. La celebrazione diede vita ad una polemica feroce: Funes, esponente del Frente Farabundo Martí, fece i nomi dei presunti responsabili dell’eccidio, mettendo allo scoperto la frammentazione dei poteri di uno Stato il cui reale pentimento di quegli atti è tutto da verificare. Il Ministro della Difesa di quei tempi, l’ex generale José Guillermo García –su cui pesa anche la partecipazione nell’assassinio di monsignor Romero-, è ancora vivo e risiede negli Stati Uniti, paese che lo ha ospitato per venti anni sotto lo status di rifugiato politico. Con lui, gli autori materiali, una sfilza di colonnelli, tra cui spicca il nome di Domingo Monterrosa, perito nel conflitto nel 1984 e trattato tuttora e a tutti gli effetti, come un eroe dai circoli della destra salvadoregna. 
I giudici hanno anche stabilito il valore delle indennità che lo Stato deve pagare ai superstiti ed alle famiglie degli scomparsi: 35.000 dollari per ogni vittima e 20.000 dollari per ogni sopravvissuto. Seicentoquarantacinque dollari per ogni anno trascorso nel dolore e nell’impossibilità di riavere indietro il diritto di una vita spezzata.  
L’articolo esclusivo è apparso sull’edizione di giovedì 13 dicembre dell’appzine L’Indro: http://www.lindro.it/.


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