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Embrioni umani

Creato il 14 giugno 2012 da Cultura Salentina

Embrioni umani
Embrioni umani
Ci sono stati  momenti nella storia relativamente recente dell’uomo, che sono delle vere e proprie svolte, delle vere conquiste sociali e culturali ma è raccapricciante dover constatare  che tali eventi debbano essere collocati sempre in un contesto di violenza, di scontro, di spargimento di sangue. E non mi riferisco alle guerre fra popoli e nazioni di diversa etnia o diversa estrazione culturale. Io mi riferisco  anche e soprattutto alle guerre intestine, alle guerre di religione, agli scontri sociali, spesso necessari per acquisire uno stile di vita tale da correggere  sperequazioni, abusi, sfruttamenti, speculazioni. Così, anche nell’ambito della Chiesa, la riforma luterana  arrivò a correggere il malcostume ed i privilegi di alcuni papi  rinascimentali che sperperavano nel lusso le risorse che le grandi potenze europee loro elargivano, ma fu anche una ribellione dell’uomo schiavo, ignorante ed analfabeta contro chi gestiva la cultura dall’alto di una ristretta cerchia di iniziati. Fu anche un anelito di libertà da parte dell’uomo che voleva finalmente dialogare con Dio senza intermediari che lo derubassero  del libero arbitrio, della libera interpretazione delle leggi del mondo. E che dire del momento più alto di questa ascesi, quando il sangue della ghigliottina colorò di rosso le strade francesi percorse da un anelito di eguaglianza, fraternità,  libertà  che avrebbero finalmente trasformato, pur fra le efferatezze che la rivolta comportò, il suddito in cittadino, lo schiavo in uomo libero? Eppure eguaglianza e libertà non sempre vanno d’accordo. A parte le utopiche visioni del mondo teorizzate dalla notte dei tempi come la Città stato di Platone,la Cittàdi Dio di Agostino, l’Utopia di Tommaso Moro,la Cittàdel Sole di Campanella o il Capitale di Marx, un liberismo pragmatico, per quanto attinga   all’illuminismo di Voltaire, Montesquieu, Diderot, D’Alembert o al liberalismo filosofico di Locke, comporterà sempre un momento di crisi  quando la meritocrazia e la crescita individuale sfoceranno  immancabilmente in una sperequazione economica e sociale.

Ma la democrazia, laddove sia attuata correttamente attraverso un dibattito parlamentare, dovrebbe essere l’espressione vera del volere di tutto il  popolo attraverso i suoi rappresentanti,  e quindi  anche di tutte le classi sociali che lo costituiscono. E dovrebbe riuscire a sanare, con oculati interventi legislativi, quelle ingiustizie  che un liberismo sfrenato comporterebbe, pur lasciando spazio al libero mercato ed alla libera concorrenza. Certo non è cosa facile  coniugare i due assiomi “ad ognuno secondo i propri meriti” con “a ciascuno secondo i propri bisogni” ma trovare un’intersezione tra queste due “verità”, dovrebbe essere lo scopo  precipuo di ogni statista degno di questo nome. Quando si legifera però, oltre ad imbattersi in problemi di natura economica,   spesso s’incappa in  questioni  etiche che devono tener conto anche delle opinioni della Chiesa, del cui alto valore morale nessuno dubita quando lo si interpreti dall’alto del messaggio evangelico e non dal suo discutibile dominio temporale. In democrazia ogni opinione deve essere vagliata, soppesata, interpretata alla luce delle moderne conoscenze scientifiche se non si vuole regredire ai tempi medioevali laddove il dogma, l’assioma, l’atto di fede, bocciavano il libero pensiero come nel caso dei Vanini, dei Campanella, dei Bruno, dei Galilei.

Alla luce di questa necessaria e breve e certamente non esaustiva premessa io, biologo, mi permetto, se non di esprimere un’opinione, almeno di riassumere l’iter evolutivo di un embrione affinché  si faccia chiarezza su quanto la televisione, spesso attraverso giornalisti male informati, ci propina:

L’embrione nasce da un atto d’amore. L’incontro dello spermatozoo con la cellula uovo avviene solitamente nella tuba uterina. Qui una grande quantità di spermatozoi corre verso l’uovo in una gara affascinate che li vede proprio competere in velocità  per raggiungere l’ambita preda. Quando il primo  di essi riesce ad entrare nell’ovulo scatta una specie di saracinesca, quella che si chiama membrana di fecondazione che impedisce a tutti gli altri  contendenti di entrare. Infatti tutti gli altri(e sono milioni) ci sbattono il muso e sono destinati a morire. Già in questo stadio,cioè di uovo appena fecondato, il processo  vitale è avviato e, in condizioni fisiologiche, se questo viaggio affascinante non incontrerà ostacoli, esso   andrà avanti fino al parto, attraverso una ricapitolazione ed un susseguirsi  di tante forme vitali che paiono ricostruire in vivo tutta la storia evolutiva dell’Umanità.

Ci vorranno una trentina di ore perché questa cellula diventi zigote, cioè una cellula dove si siano coniugati i caratteri ereditari  del padre e della madre, i cromosomi, 23 di origine paterna,23 di origine materna. Tutte le nostre cellule infatti, tranne quelle sessuali ridotte per meiosi , posseggono, nel loro corredo,46 cromosomi.

Lo zigote  comincia così  a moltiplicarsi con una  prima mitosi (divisione cellulare in due metà, ognuna delle quali   ricostruirà esattamente la parte mancante). A questo punto  l’organismo in formazione si chiamerà  blastula e ci vorranno 3 giorni di divisioni (prima 2 poi 4 poi 8 poi 16 e così via)perché la blastula diventi morula cioè una piccola sfera formata da tante cellule derivate dal primo zigote  e tutte totipotenti cioè indifferenziate. Solo ora, solo a questo stadio questo micro organismo guadagnerà l’utero dove vagherà  libero per altri tre giorni fino a trasformarsi in blastocisti. Ma se vagasse nell’utero senza cibo morirebbe per cui le sue cellule cominceranno ad andare verso diverse direzioni: una parte darà luogo al futuro “corpo” dell’embrione , l’altra parte formerà il trofoblasto, una struttura cioè capace di fissarsi alla pareti dell’utero, all’endometrio (la parte mucoide dell’interno dell’utero) dando  luogo ai villi coriali ed alla placenta, a quelle strutture cioè capaci di fornirgli cibo, ossigeno, anticorpi e tutto ciò che ancora non possiede ma che la madre gentilmente gli elargisce  e che si evolveranno nel  cordone ombelicale. Vi risparmio il resto, che naturalmente è materia specialistica ma vorrei rimarcare come l’embrione non sia vita autonoma ma dipenda da condizioni esterne a lui, prima tra tutte il contatto con la madre.

L’embrione si chiamerà così fin verso il terzo mese di vita intraurterina quando assurgerà alla dignità di feto e tale resterà finché non emetterà il primo vagito.

E’ chiaro  che io sono un evoluzionista come quasi tutti i biologi del mondo e tutti i ricercatori, credo cioè in Darwin, nelle sue leggi, nelle sue considerazioni. Io non ho nessun dubbio che l’uomo derivi  da progenitori comuni ai primati ed indietro nei tempi attraverso i secoli, da mammiferi inferiori e  quindi dai rettili e poi a ritroso dagli anfibi, dai pesci e cosi via ancora  indietro fino agli esseri unicellulari(4 miliardi di anni fa). Ora c’è una legge in biologia, la legge di Haechel, dal biologo che la formulò per primo e che è diventata un celebre aforisma e che recita così: “l’ontogenesi ricapitola la filogenesi”che significa, in parole povere, che durante tutto il suo sviluppo della vita intrauterina, l’uomo ripercorre tutte le tappe della sua evoluzione, della sua filogenesi . Insomma prima è un essere unicellulare come abbiamo visto (lo zigote), per diventare simile ad un celenterato ci vorranno 3-4 settimane, per somigliare ad un’ascidia 7-9 settimane, per somigliare ad un anfibio 4 mesi (filogeneticamente 340 milioni d’anni fa).Per somigliare ad un rettile come eravamo nel permiano(270 milioni di anni fa )dovrà avere 5 mesi dal concepimento e per sviluppare l’omeotermia, l’olfatto, la pressione palmare, somigliare cioè ad un mammifero, dovrà aspettare 7 mesi del concepimento(filogeneticamente 230 milioni di anni fa) e così via.

Come vedete la materia è complessa e si complica ancora di più per chi crede nell’anima perché si dovrebbe decidere qual è il momento dell’immissione dell’anima nell’uomo, dovendosi a priori escludere, io penso, che sia per metà di origine paterna e per metà di origine materna. Naturalmente quest’ultimo è un problema che riguarda i credenti ma, anche in questo caso, le autorità religiose dovranno pronunziarsi sul momento magico che trasforma l’animale in uomo.

Un accenno a questo problema  c’è nell’enciclica “Humani generis”  del 1950 ma, al contrario delle discipline scientifiche, l’interpretazione dei testi giuridici e teleologici non è sempre un esercizio facile. E poi c’è il mondo laico, ci sono gli atei, ci sono gli agnostici, ci sono i fedeli di altri credo alcuni vicinissimi, altri lontanissimi dall’etica che ci deriva, volenti o meno, dal nostro bagaglio culturale, dall’imprinting che comunque abbiamo subito in età adolescenziale, dalle nostre letture, dalle nostre amicizie, dalle nostre scuole. Se l’uomo è la creatura che è, totalmente diversa da tutti gli altri esseri viventi, egli lo deve, da un punto di vista biologico, alla comparsa della corteccia che porta con sé il linguaggio, la capacità d’astrazione, l’auto -osservazione, la corsa verso l’autodeterminazione.

Ma l’errore enorme che si fa nel soppesare la vita umana è la credenza, inficiata dalle teorie creazionistiche, che la corteccia (l’anima,il nous,lo spirito), siano comparse all’improvviso, con un atto divino o comunque improvviso ed esterno a noi. Invece l’uomo, come tutti gli  altri esseri viventi, è evoluzione, dinamismo, trasformazione.  In questo preciso momento, mentre noi stiamo dialogando sulla definizione di embrione, dentro di noi c’è quel quid inesplicabile che ci sta trasformando.

Le radici dei nostri canini, generazione dopo generazione, affonderanno sempre di meno nei nostri alveoli, le nostre unghie somiglieranno sempre di meno agli artigli  dei nostri progenitori, il nostro coccige annullerà gradualmente i suoi residui di coda, la nostra scatola cranica  aumenterà la sua cavità per contenere sempre maggiore materia cerebrale.

Ma nessuno di noi se ne accorgerà se tenterà di osservare questi cambiamenti filogenetici  misurandoli in secoli  laddove occorrono milioni di anni, così come, nella nostra ontogenesi, nessuno si accorge d’invecchiare se si guarda allo specchio giorno dopo giorno laddove occorrono anni per notare delle differenze apprezzabili. Ed allora come si può pensare di equiparare un embrione, la cui sopravvivenza è legata a numerosi fattori a lui estranei, ad un uomo, senza peccare di presunzione ? Certo noi viviamo la nostra esistenza trasportati dai nostri innati bisogni di razionalità ed esoterismo, di illuminismo e romanticismo, di positivismo e spiritualismo. Ma  nella stesura di una legge che riguarda essenzialmente l’embriologia umana ed anche l’embriologia comparata non possiamo ignorare il parere della Scienza. Ela Scienza, bisogna ricordarlo, è per sua  natura  falsificabile e  cioè pronta a modificare le proprie leggi in parallelo all’evoluzione del pensiero. Noi uomini, esseri imperfetti, forse dobbiamo aspettare, come ipotizzava già Seneca, che le nostre strutture celebrali ci consentano di spiegarci domani quelle manifestazioni fenomeniche che, appartenendo alla metafisica, hanno tutto il sapore del noumeno kantiano e sono per loro natura inspiegabili. Nella filosofia del vecchio  precettore è racchiusa, a mio avviso, tutta la verità  del nostro dilemma. Nessuno, alla luce delle nostre  capacità odierne, può definire vita umana  la vita dell’embrione e nessuno può asserire il contrario. Chi lo fa si assuma la responsabilità di riportarci alle guerre  di religione, agli scontri ideologici che basano la loro sicurezza sugli assiomi, sui dogmi, sulle verità precostituite invece che sulla corretta, asettica, razionale osservazione del fenomeno nei limiti che i nostri recettori attualmente c’impongono.


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