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Emissioni Germania: impegno per il clima con un occhio ai costi

Creato il 07 luglio 2015 da Valtercirillo

Emissioni Germania: impegno per il clima con un occhio ai costi

La Germania ha deciso di fermare e mettere in riserva 5 grandi centrali a carbone. Si tratta di centrali a lignite per complessivi 2.700 MW che dal 2017 verranno messe in stand by come "potenza di riserva". In pratica non vengono chiuse, ma solo fermate, con i gestori che vengono retribuiti per tenerle in piena efficienza in modo da essere immediatamente utilizzabili in caso di carenza di potenza sulla rete. Dovrebbero poi essere definitivamente chiuse nel 2021.

La decisione annunciata l'1 luglio, fa seguito al pacchetto clima approvato dal Governo tedesco nel dicembre scorso, che tra l'altro prevedeva la chiusura di 8 centrali a carbone (lignite), con l'obiettivo di ridurre le emissioni del settore termoelettrico di 22 milioni di tonnellate di CO2 l'anno entro il 2020.
Le pressioni dei sindacati hanno poi convinto l'esecutivo a "salvare" 3 centrali riducendo l'obiettivo a 16 milioni di tonnellate, cosa appunto realizzata fermando 5 centrali e sostituendone la generazione con elettricità proveniente da più efficienti e meno inquinanti impianti a ciclo combinato a gas.

Nonostante l'Energiewende, ovvero l'ambiziosa politica di transizione energetica basata anche su un forte sviluppo delle tecnologie rinnovabili, il Paese resta quello con le maggiori emissioni di CO2 dell'Unione Europea. In particolare le emissioni Germania sono aumentate del 5% tra il 2011 e il 2013, soprattutto a causa della minore produzione di energia nucleare successiva all'incidente di Fukushima. Sono poi tornate a scendere nel 2014 (-6%), ma il trend non garantisce che venga raggiunto l'obiettivo assunto di ridurre le emissioni di CO2 del 40% entro il 2020 rispetto a quelle del 1990.

Emissioni Germania e difficoltà a raggiungere gli obiettivi di riduzione

Gli obiettivi di riduzione delle emissioni sono stati presi dai vari Paesi sulla base di esigenze diverse. In particolare contavano il livello di efficienza del sistema energetico ed industriale, l'efficienza del sistema trasporti e degli edifici, il mix energetico ed elettrico eccetera, ma il tutto in modo che gli obiettivi fossero significativi e richiedessero molto impegno, senza però prevedere obblighi e costi inaccettabili.

L'obiettivo dell'Italia, per esempio, prevede una riduzione delle emissioni del 17% rispetto al 1990, e verrà quasi certamente raggiunto con largo anticipo sul 2020, purtroppo anche grazie al calo dei consumi e alla minore produzione industriale conseguente alla recessione degli anni scorsi.
In ogni caso non è che l'obiettivo italiano (-17%) fosse molto più facile di quello tedesco (-40%), poiché noi partivamo da un livello di efficienza energetica più elevato, disponendo anche di un sistema di generazione molto più moderno ed efficiente.
È chiaro che per noi aumentare l'efficienza del sistema elettrico (stiamo parlando di elettricità: ben altro discorso è quello dei trasporti e dell'edilizia) voleva dire raschiare il fondo del barile, mentre per le emissioni Germania i margini di manovra erano ben più ampi, perché da attivare su un sistema largamente basato su vecchi impianti a carbone e a lignite.

Stringi stringi, per far scendere le emissioni Germania è sufficiente chiudere qualche centrale a lignite: cosa che, tra l'altro, l'esecutivo tedesco avrebbe dovuto fare in ogni caso, per venire incontro alle giuste esigenze ambientali delle popolazioni, anche se non ci fossero gli impegni climatici.

Perché dunque la Germania ha difficoltà a raggiungere gli obiettivi di riduzione che si è assunta?

Per il banale motivo che le sue decisioni non sono vincolate da posizioni ideologiche, e quindi si è posta il problema delle emissioni contestualmente a quello dei costi.

Nel 2014 la Germania ha generato circa il 60% dell'elettricità dalle fonti meno costose (16% nucleare e 44% carbone, prevalentemente costituito da lignite) e il 24% da quelle più costose (9,6% gas, 8,6% eolico e 5,8% fotovoltaico, quest'ultima la più costosa in assoluto).

L' Italia, invece, nel 2014 ha generato elettricità per il 51% dalle fonti più costose (37,6% gas, 5,6% eolico e 8,7% fotovoltaico) e solo il 15,6% dal carbone, che è la fonte meno costosa ( dati provvisori Terna 2014).

Il divario è tale che i costi medi del kWh elettrico prodotto in Italia superano di circa il 30% quelli medi del kWh prodotto in Germania, con tutto che l'Italia può disporre di una gran quantità di energia senza emissioni e a basso costo proveniente dall'idroelettrico (21,7% nel 2014), fonte che invece in Germania gioca un ruolo minimo (3,3%).

I grafici seguenti riportano la potenza elettrica installata in Germania e l'elettricità generata dalle singole fonti nel 2014. I dati sono tratti da Agora Energiewende.

[ Valter Cirillo]

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